Il loro diffondersi, oltre un certo limite, comporterebbe un’inevitabile violenza sulla natura, e gli appassionati vogliono conservare la purezza dei loro rodei acquatici. Tuttavia la voglia di scoprire sempre nuovi itinerari, porta spesso ad affrontare percorsi senza avere delle informazioni sicure circa i pericoli e le difficoltà presenti sul percorso.
Una ottima preparazione di base si può ottenere soltanto frequentando corsi di discesa con maestri, affidandosi a imbarcazioni sempre più robuste e sicure, e ad attrezzature individuali tanto perfezionate quanto indispensabili; solo allora le “white water” possono diventare incentivi determinanti per i giovani amanti della natura a praticare un’attività che mette alla prova la loro efficienza fisica, sottostando al motto “Avventura, ma senza rischio”.
Acqua limpida e molto ricca di pesci, affascinante sia dal punto di vista tecnico che paesaggistico, in un letto per lunghi tratti completamente selvaggio. Si attraversa un ampio bosco vallivo, inframmezzato con macchie impenetrabili, ovunque ciclopici massi arrotondati con rapide di media difficoltà, difficili solo quel tanto da suscitare curiosità senza impensierire.
E poi ancora, ramificazioni, ripidi pendii sovrastati da superfici erbose, che invitano al campeggio libero. Inoltre, cosa assolutamente inusuale per un torrente alpino, la temperatura dell’acqua è decisamente alta.
Dopo essersi imbarcati subito dopo la pescaia di Zanolin, il letto di pietrisco si presenta qui molto ampio, e nonostante l’evidente pendenza, i molti massi si possono aggirare con relativa facilità. Ma è nei pressi di Panchià che s’incontra la prima vera difficoltà. Di fronte ad un bellissimo ponte di legno coperto, inizia un tratto di 500 metri tra grandi massi con discreta pendenza.
Qui, è consigliabile sbarcare e fare una ricognizione del percorso. Dopo questo tratto, i problemi tecnici diminuiscono in modo netto, il letto di pietrisco diventa più ampio, trovando sempre il passaggio migliore, nel suo letto selvaggio. Da Masi in poi il paesaggio si fa particolarmente bello, la valle si restringe, appaiono in lontananza le Dolomiti, mentre nel letto i massi arrotondati si fanno sempre più numerosi, rimanendo le difficoltà tecniche abbastanza contenute, fino al lago artificiale di Stramentizzo dove si sbarca.
Il seguito è una spettacolare gola di 30 chilometri che porta al fiume Adige, ma qui, le difficoltà sono decisamente superiori e raramente viene percorsa.
Note tecniche: discesa da fare tra aprile e settembre, con kajak monoposto, canadese oppure rafting. Aumento improvviso della portata a causa scarico delle centrali elettriche a monte.