Con i suoi 5.000 gli ettari, tra boschi e radure, il Parco del Corno alle Scale è nato nel 1988 per proteggere, salvaguardare e valorizzare l’ecosistema faunistico e forestale dell’omonimo massiccio.
Il Corno alle Scale è la cima più alta dell’Appennino bolognese con i suoi 1.945 metri di quota, ed è così denominato per la caratteristica forma a gradoni delle stratificazioni arenacee che lo compongono.
Ph.: Gettyimages / Francesco Bassanelli
Il massiccio possiede tre cime poste sulla linea di crinale che dalla sommità dei Balzi dell’Ora degrada lentamente verso il lago Scaffaiolo: punta Sofia (m 1939), sormontata da un’imponente croce metallica, la vetta Corno alle Scale (m 1945) e Punta Giorgina (m 1927).
Dalla località di Cavone parte un percorso suggestivo che attraversa prima i ricchi boschi del Parco Regionale del Corno alle Scale, per poi inoltrarsi tra le praterie di alta quota, dove le irte pareti rocciose la fanno da padrone.
Dall’ampio parcheggio in località Cavone (m 1.415), bisogna dirigersi verso la conca glaciale di Rio Piano, meglio nota come Valle del Silenzio (m 1.563), aggirando il lago artificiale ed imboccando il sentiero C.A.I. nr.337.
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Lambendo e attraversando su passerelle di legno il rumoreggiante Rio Piano, la faggeta lascia il posto gradatamente alla prateria d’altitudine, fino ad un’ampia radura circondata da pareti rocciose solcate dai cosiddetti cinque canalini del Corno alle Scale.
Attraversata longitudinalmente tutta la valle sormontata dalla croce di Punta Sofia, la vetta più settentrionale del Corno alle Scale, è necessario imboccare il sentiero che dopo una modesta pineta si fa ripido fino a guadagnare il Passo del Vallone (m 1.698), che divide il monte La Nuda dal monte Corno alle Scale.
Mantenendosi sulla destra, si inizia la più impegnativa risalita dei Balzi dell’Ora.
Il sentiero C.A.I. nr.129 solca l’esile filo di cresta del crinale che conduce alla croce metallica della panoramica Punta Sofia (m 1.939).
Nei tratti più esposti è necessario prestare attenzione.
Dalla vetta, seguendo la linea di crinale grazie ad un più agevole sentiero, si giunge in pochi minuti sul Corno alle Scale (m 1.945).
Il panorama è stupefacente: dall’arco alpino innevato verso nord, al Mar Tirreno con l’isola d’Elba, parte della Corsica e l’arcipelago toscano a sud-ovest, fino alle Alpi Apuane, l’arco appenninico e il Monte Gennaio ad est.
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Superata anche l’ultima cima, Punta Giorgina (m 1.927), il sentiero perde quota fino al Passo dello Strofinatoio (m 1.847), punto di confine tra le province di Bologna e Pistoia.
Seguendo ancora il crinale, a monte del rifugio C.A.I. del Sasseto (m 1.800), il sentiero assume la numerazione di G.E.A.
Oltrepassata la vetta del monte Cornaccio (m 1.881) e il Passo dei Tre Termini, così chiamato in quanto punto d’incontro dei confini tra Stato della Chiesa, Ducato di Modena e Granducato di Toscana, si trova il rifugio C.A.I. Duca degli Abruzzi.
Qui è possibile fermarsi per una pausa con la vista del Lago Scaffaiolo (m 1.775), di origine pluviale.
Costeggiando il lago sulla riva destra, il sentiero prosegue in quota lungo il crinale tra Emilia e Toscana in direzione del monte Spigolino (m 1.827), caratteristico promontorio che spezza l’andamento collinare del crinale.
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Da qui, occorre abbandonare la cresta di confine per seguire il sentiero in discesa C.A.I. nr.401, in direzione Passo del Lupo.
Abbassandosi di quota, ci si addentra nuovamente nella faggeta percorrendo il crinale dei Monti della Riva, che separa le province di Bologna e Modena.
Meta finale del nostro itinerario è il caratteristico Lago di Pratignano, nel comune di Fanano (Modena).
Questo bacino trae origine da uno sdoppiamento di cresta in seguito a un terremoto che fece scivolare una parte del Monte Serrasiccia creando una depressione profonda 4 – 5 metri, che oggi ospita il lago.
L’ampio specchio d’acqua, puntellato da vegetazione palustre, stagnale e di torbiera, ospita la rarissima pianta insettivora drosera, esemplari di rana temporaria, tritone crestato, tritone punteggiato, pesce tinca ed uccelli come l’airone cinerino e l’aquila reale.
È possibile visitare, con una deviazione che richiede un certo impegno, la Grotta delle Fate, originata da una spaccatura nell’arenaria lunga circa 24 metri, sul versante bolognese del lago.
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