Vulcani: Viaggio con vista sul centro della terra

18 marzo 2020 - 11:36

Piton de la Fournaise – Reunion, Oceano Indiano

L’ultima volta è successo a giugno, e come al solito la lava è scesa fino al mare, interrompendo la strada costiera in alcuni punti… però tutto sommato non è un vulcano pericoloso. Quando si infuria, e succede una, due volte l’anno, si sfoga sempre dalla stessa parte; si è costruito una specie di scivolo naturale verso l’oceano, e nessuno sull’isola si sognerebbe di invadere il territorio del Piton de la Fournaise. Il sud è suo! Del resto anche la costa lì è selvaggia e non offre altro che scogliere e foresta intricata. Però un giro ce lo devi fare, a sud. È uno spettacolo straordinario e la foresta tropicale è ancora quella di quando qui non c’era nessuno… se riesci a scendere fino alle rocce a picco sul mare, puoi scoprire cos’è la vera forza della natura. Onde di dieci metri si disintegrano sulle lave nere che sprofondano nel blu dell’Oceano Indiano. C’est magnifique!

Seduto sul bordo del cratere più alto di questo giovane e irruento vulcano, quasi tre chilometri sopra l’indistinguibile orizzonte del mare, ascolto Fernand raccontarmi la sua terra con l’entusiasmo e l’orgoglio di chi non ha visto molto altro del mondo. Affascinato da questo ambiente primordiale, selvaggio, violento e straordinariamente bello, io, che tanto del mondo ho visto, gli sto dando ragione. Vivo l’impressione di galleggiare nel cielo, in precario equilibrio su una roccia vagabonda di cristallo nero sospesa nel nulla. Nessuna traccia del mondo degli uomini. Di un qualsiasi orizzonte definito. Nascosto, poco sotto i miei piedi, da una pesante coperta di vapore compatto e spumoso.

Lo spettacolo delle colonne di lava che si sollevano dalla roccia fusa

La foresta primigena tropicale si confonde, intorno ai mille metri di quota, con boschi di conifere, e più in alto deserti di sabbia nera e lave contorte sono la porta di un altro mondo, affascinante, misterioso e precario: le terre dei vulcani. Dove tutto è provvisorio, e l’orizzonte può cambiare ad ogni nuova eruzione. Dove non c’è posto per l’uomo e per il suo bisogno inutile e illusorio di possedere gli elementi. Esserne padrone e arbitro.

Seduto sulla roccia nera e calda, ho la sensazione di toccare un corpo vivo. In movimento. Talmente grande e potente da non percepire in alcun modo la mia presenza. Osservo gli screziati giochi di colore e le contorsioni plastiche di pietre bambine, appena nate. Leggere. Cristalline. Impastate distrattamente come tempera sulla tavolozza di un pittore cosmico che ha scagliato a caso pennellate d’oro, viola e ruggine sui fondali neri di questo teatrale girone dantesco. In nessun luogo, diverso dal cuore di un vulcano, è così facile intuire la provvisorietà e l’eterno divenire del mondo. Indifferente al nostro bisogno di infinito.

 

La Soufriere – Guadalupa, Oceano Atlantico

Un’altra isola, un altro mare, un altro vulcano. Scorbutico e insofferente. Nulla, dentro la nebbia solida che nasconde i crateri sommitali, fa pensare di trovarsi nel cuore dei Caraibi.

Dopo averne conosciute molte, immagino sempre un’isola tropicale come un “paradiso artificiale” ben confezionato per turisti che cercano insieme il fascino esotico della natura e l’esaltazione di tutti gli stereotipi della nostra civiltà metropolitana. Ecco perché osservo, stupito, questo mondo inaspettato con la curiosità di chi scopre una realtà molto differente da come era stata immaginata.

Basse Terre, la parte più selvatica di quest’isola al centro del mare più rinomato dal turismo balneare, si offre come rivincita assoluta di una Natura incontenibile e incontrastabile. Dalla ripida fascia costiera, dove pochi centri urbani sono riusciti a strappare metri verticali alle rocce, come un gigante il vulcano si alza, sopra l’intricata foresta tropicale, fino a perdersi in un cielo sempre nascosto dalle nuvole.

La notte sul vulcano è illuminata dalla lava incandescente

Straordinaria la differenza di situazioni e climi, a pochi chilometri di distanza. Anche in piena estate, dall’afa a tratti soffocante di Pointe a Pitre, in poche ore ci si può ritrovare a tremare di freddo intirizziti da una pioggia battente sulla cima della Soufriere, a 1467 metri di quota, tra i vapori, i sibili e i gas del suo cratere sempre attivo.

Potente e incontenibile, come gigantesca bocca di un serpente senza nemici, La Soufriere diffida chiunque dall’affacciarsi oltre il bordo incrostato di sali di zolfo.

Puoi solo ascoltarlo, il respiro della Terra.

Troppo profondo per i nostri pensieri.

Reportage del Direttore:
Michele Dalla Palma

Se non l’hai ancora fatto, non perdere la prima parte del reportage “Vulcani”

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