Un patto di territorio per un Terminillo sostenibile
Il Terminillo negli ultimi tempi è salito alla ribalta nazionale per l’ormai eterno conflitto sul TSM2 ( Terminillo Stazione Montana 2), un mega progetto di pseudorilancio della montagna che dovrebbe essere sostenuto da ingenti risorse pubbliche.
Ai fautori del progetto, che prevede tagli boschivi nella magica Vallonina per far spazio a nuovi impianti di risalita, bacini per l’innevamento artificiale e altro ancora, sembra non interessare la crisi climatica che arriva a sciogliere i ghiacciai alpini.
Non interessano nemmeno le proposte per una fruizione sostenibile della montagna sul modello di esperienze virtuose come quella della Val Maira o di altri comprensori alpini.
Le parole d’ordine dell’ormai obsoleta economia dello sviluppo lineare ed insostenibile, hanno costruito un pensiero unico tra i politici regionali, le istituzioni locali ed un pezzo dell’imprenditoria reatina.
Al punto di non lasciare nessuno spazio ad un confronto costruttivo per dare un futuro di lungo respiro in un’area di crisi tra le più depresse della Regione.
Un territorio con un alto tasso di disoccupazione giovanile e con una scarsa offerta culturale che rende molto difficile la scelta di restare, favorendo lo spopolamento delle vallate.
Le abbondanti nevicate di quest’anno hanno alimentato ulteriormente l’illusione di un rilancio del turismo invernale legato a nuovi impianti di risalita, senza tener conto delle tante altre attività su neve che ormai sono diventate un fenomeno di massa: come le ciaspole, lo sci da fondo, lo sci alpinismo e che non hanno bisogno di nuovi impianti a fune.
Copiose nevicate e sbalzi di temperatura importanti, determinati dal cambiamento climatico, hanno provocato il distacco di valanghe proprio nei versanti in cui dovrebbero sorgere i nuovi impianti di risalita evidenziando la forte criticità in termini di sicurezza, come sottolinea il geologo ed alpinista Andrea Bollati.
Un progetto fuori tempo massimo
Sono passati troppi anni ad inseguire un progetto che arriva fuori tempo massimo e che, nonostante l’euforia del momento, potrebbe non essere mai realizzato.
L’illusione di poter utilizzare i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza o addirittura quelli per la ricostruzione post-sisma per un progetto su cui nessun investitore privato metterebbe un euro aggiuntivo rispetto alle risorse pubbliche, dovrebbe suggerire di guardare altri orizzonti contribuendo a svelenire un clima pesante che disorienta la popolazione locale.
Ci sono persone straordinarie che stanno investendo in proprio per vivere nell’area dei Monti Reatini guardando a progettualità che sposano pienamente la sostenibilità ambientale e sociale ma ad oggi non hanno voce.
A queste realtà frammentate ma virtuose guardano con molta attenzione le associazioni storiche del cartello che si oppone al TSM2 con l’innesto vitale ed appassionato dell’associazione Balia dal Collare, composta da giovani dell’area reatina cresciuti intorno alla battaglia storica in difesa del Terminillo e dell’attivissimo CAI di Leonessa.
E’ arrivato il momento di fare un salto di qualità e lavorare per costruire progetti territoriali dal basso che mettono al centro la difesa della natura ribaltando, una volta per tutte, la vecchia formula: infrastrutture uguale sviluppo.
Una nuova idea di sviluppo del territorio
Una strategia partecipata, deve partire dalla tutela del grande patrimonio di biodiversità e dalla bellezza del paesaggio.
In un recente articolo Stefano Mancuso, riportando uno studio dell’Università di Cambridge finanziato dal Regno Unito pubblicato con il titolo “L’economia della biodiversità “, ci ricorda che continuare a distruggere l’immenso patrimonio naturale di cui siamo parte integrante, può avere conseguenze catastrofiche per le nostre economie ed il nostro benessere.
I fondi regionali del P.N.R.R., come quelli della nuova programmazione Europea 2021 -2027, dovrebbero essere finalizzati a creare occupazione nella gestione equilibrata e razionale delle risorse naturali.
Per esempio puntando su una gestione cooperativistica dei demani collettivi invece di continuare a privatizzarne l’uso per progetti insostenibili dal punto di vista economico, ancor prima che ambientale.
Nell’area vasta del comprensorio reatino arriveranno, inoltre, risorse importanti per intensificare la promozione dei Cammini Francescani e del Cammino di San Benedetto mentre altre azioni saranno attivate con l’area della Strategia Aree Interne.
Queste importanti risorse vanno messe a sistema attraverso un “Patto di rilancio per l’area reatina” che faccia emergere le micro economie di chi investe nel turismo esperienziale, nel rilancio dell’agricoltura di montagna, nella cura del territorio, nella rete delle economie solidali, ecc.
Un Patto per una gestione trasparente delle risorse per stimolare economie circolari e nuova occupazione.
Un’occasione, forse l’ultima, per tornare a riabitare la montagna in modo sostenibile con lo sguardo lungo verso i giovani di oggi e le generazioni future.
_ Per i formazioni sul Cartello delle associazioni e la firma della petizione