Hiking boot covered with gaiter and nordic walking pole. Winter trekking in snow at mountain forest
Da secoli coloro che camminano per sentieri e mulattiere utilizzano le ghette.
Lo fanno per impedire ad acqua, neve e fango di penetrare dal bordo superiore delle scarpe.
In questo modo si mantengono le estremità inferiori dei pantaloni il più asciutte possibile.
Oggi la pelle e le fasce di tessuto grezzo hanno lasciato il posto a materiali ben più tecnologici e pratici, ma la funzione e l’utilità delle ghette restano sempre le stesse.
Vale sicuramente la pena spendere qualche parola per capire meglio quali siano, fra i tanti modelli disponibili, i più adatti alle esigenze dell’escursionista.
Chi fa escursioni in ambiente alpino è abituato a penare alle ghette come ad un capo che si usa solo in climi freddi, per ripararsi dalla neve.
In realtà il loro range di utilizzo è molto più ampio.
Chi ha fatto qualche trekking nei Paesi scandinavi, ad esempio, sa benissimo quanto siano indispensabili.
Si attraversano acquitrini che spesso contraddistinguono il paesaggio nordico, e proteggono dalla pioggia nelle non certo rare giornate di maltempo.
Vi sono poi luoghi contraddistinti da climi aridi.
In quel caso i sentieri sono una distesa di polvere e sabbia che, senza la protezione delle ghette, penetra inevitabilmente nelle scarpe.
Mescolandosi con il sudore trasformano le calze in una temibile armatura di carta vetrata.
Viste le premesse non si può che concludere che ogni sentiero ha la sua ghetta!
O meglio: che è opportuno scegliere le ghette in base alle caratteristiche prevalenti delle proprie escursioni.
Sulle Alpi e sugli Appennini possiamo dire che le ghette ci serviranno solo in caso di neve.
Quindi sarà importante che siano alte almeno fin sotto al ginocchio.
E che coprano bene il collo dello scarpone, contribuendo così all’impermeabilità generale della calzatura.
Dovranno sicuramente essere fatte con materiale idrorepellente, ma non sono indispensabili membrane particolarmente performanti (quindi costose).
Infatti la neve (fino a che le temperature sono basse) bagna meno della pioggia e con il freddo anche la condensa interna è minore, quindi non sono richieste particolari doti di traspirazione.
Anche per la forma vedete un po’ voi.
E se siete sicuri di non indossare mai i ramponi (ad esempio se andate sulla neve solo per fare ciaspolate tranquille di fondo valle)?
Allora vanno benissimo un paio di ghette larghe, che si possono allacciare senza dover prendere una laurea in chiusura delle lampo e dei velcri…
Se i ramponi vi capita di usarli è molto meglio che utilizziate ghette più aderenti.
Magari vi costeranno qualche “sacramento” in fase di allacciatura, ma sicuramente vi aiuteranno ad evitare imprevisti agganci ghetta-rampone con probabile tuffo carpiato in avanti…
Impermeabilità e traspirazione al top sono invece qualità che debbono appartenere alle ghette di chi cammina fra le grandi brughiere e gli acquitrini del grande nord.
In quei luoghi l’acqua e il fango abbondano all’esterno, e, almeno d’estate, le temperature miti stimolano la sudorazione e quindi la formazione di condensa interna.
Fra la polvere dell’Aïr o le sabbie del Ténéré, saranno invece l’ideale le ghette che si fermato poco sopra la caviglia.
Meglio ancora se leggerissime (=traspirantissime) come quelle di materiale elasticizzato che si utilizzano per il trail running.
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