È in discussione al Parlamento una proposta di legge, di cui è primo firmatario l’On. Orsi (PdL), che ha l’obiettivo di modificare la legge quadro sulla caccia n° 157/92 che rappresentò lo straordinario risultato di una miracolosa mediazione tra il mondo ambientalista, animalista e alcune importanti associazioni venatorie.
Mentre scriviamo questa proposta di legge è approdata nelle commissioni Ambiente e Agricoltura del Senato. Paolo Piacentini, nostro prezioso collaboratore per le tematiche ambientali, ha inviato una lettera aperta che sotto pubblichiamo integralmente all’attenzione del Presidente D’alì e delle associazioni ambientaliste che partecipano al tavolo nazionale che sta discutendo sulla possibile revisione della legge quadro.
Signor Presidente D’Alì, Le scrivo questa lettera nella convinzione di rappresentare le sensibilità e le preoccupazioni di molti miei colleghi Presidenti di Parco in merito alla proposta di Legge Orsi di riforma della legge 157 del 1992 e anche per aver più volte ascoltato, per ultimo al Congresso Federparchi, sue parole confortanti in merito all’importanza del sistema delle aree protette .
Ho deciso di mettere nero su bianco queste preoccupazioni perché, nonostante un sano pragmatismo che cerco di adottare nell’esercizio del mio ruolo istituzionale, mi rimane veramente incomprensibile quale spinta possa esserci dietro una proposta di legge che rompe un equilibrio raggiunto a fatica con la legge quadro del 1992. Pensare che sia una ricerca del consenso, cosa ovviamente inaccettabile su un argomento così delicato, mi sembra strano vista la cultura diffusa tra gli italiani e i sondaggi che danno percentuali schiaccianti, tra l’80 e il 90%, di italiani contrari alla proposta del senatore Orsi, equamente divisi tra i vari schieramenti politici.
Consideri, tra l’altro, che a parte alcuni problemi di carattere culturale e di disinformazione sui danni da fauna selvatica, per alcune specie bandiera come l’aquila, l’orso ed il lupo, l’affetto da parte delle stesse popolazioni residenti nei parchi è molto più forte che in passato. Allora quale può essere la motivazione di fondo che spinge a rivedere una legge “miracolo” per raggiunto consenso tra le parti, compreso un pezzo importante del mondo venatorio (consideri che chi scrive ha un fratello cacciatore) che non mi risulta abbia mai chiesto una modifica così radicale, che arriva a proporre la patente ai ragazzi di 16 anni? Ci sono ragioni scientifiche legate al controllo delle popolazioni di fauna selvatica? Purtroppo credo che le ragioni non sono queste e sicuramente le proposte di modifica sono in piena contraddizione con le norme internazionali di tutela della biodiversità sulle quali il sistema delle aree protette è chiamato a svolgere un ruolo di primo piano. Le dicevo, prima, del mio sano pragmatismo; sì, perché in questa fase storica di pericoloso arretramento culturale sul fronte delle politiche legate alla conservazione, sto cercando un dialogo serio con le popolazioni locali del mio territorio per affrontare, non dall’alto ma in una dialettica “orizzontale”, l’annoso problema del cinghiale. Nei miei incontri periodici mi confronto anche con i cacciatori, con i quali non mi chiudo a riccio ma anzi mi pongo in una forte condizione di ascolto rendendomi disponibile a trovare uno spazio di collaborazione. Ebbene in questi incontri viene sempre più alla luce la preoccupazione per un fenomeno che sta assumendo dimensioni molto preoccupanti e a legislazione vigente mette a disposizione strumenti operativi inefficaci sia sul fronte della prevenzione che della repressione. Mi riferisco al fenomeno del bracconaggio, che ormai viene esercitato quasi alla luce del sole con fenomeni di omertà molto preoccupanti. Un bracconaggio che viene esercitato non solo verso il cinghiale ma anche nei confronti del capriolo e del lupo con episodi gravissimi di vanto per il capo abbattuto. Il lupo, come Lei sa, è tornato a popolare buona parte dell’Appennino con grande gioia non solo dei naturalisti ma anche dei ragazzi che, per fortuna, nelle scuole o nei corsi di educazione ambientale gestiti dagli operatori delle aree protette, ricevono l’informazione corretta sull’importanza di un animale che, tra l’altro, è l’unico predatore del cinghiale. Le chiedo, approfittando della discussione che verrà avviata all’interno della Commissione Parlamentare, da Lei presieduta, di valutare la necessità di affrontare, contestualmente, anche e soprattutto il dramma del bracconaggio che, Le ripeto, è visto in modo odioso anche dal cacciatore onesto che vive nei piccoli borghi presenti nelle aree destinate a Parco. Per non rubarle tempo, e senza ripetere tutte quelle criticità che mi paiono già sottolineate con forza dalla quasi totalità delle organizzazioni sociali, vado a chiudere questa lettera mettendo l’accento sulla grave proposta che vorrebbe togliere il famoso limite del 30% di territorio regionale da destinare alla caccia. Se salta questo limite una Regione come l’Abruzzo andrebbe subito in tilt, con un danno immediato anche di tipo economico perché un possibile consequenziale arretramento dei confini delle aree protette può voler dire una perdita netta di potenziali finanziamenti europei e una perdita d’immagine a livello internazionale per una Regione che in passato aveva iniziato la sua fortuna con la fama di essere una delle Regioni Verdi d’Europa. Concludendo, la mia modesta proposta è quella di chiedere un ripensamento stoppando l’attuale iter parlamentare della proposta Orsi e soprattutto dei suoi contenuti, per aprire un confronto a 360° sulla gestione della fauna selvatica che ascolti di più la sensibilità diffusa nel Paese e che tenga conto delle concrete opportunità di sviluppo economico e sociale di molti territori montani che oggi possono essere rilanciati con la messa in rete di molte piccole attività imprenditoriali che a fatica stanno cercando di valorizzare i prodotti locali di qualità.
C’è un’Italia di qualità nascosta che si può scoprire con la valorizzazione di un turismo ambientale in cui anche la caccia, seppur praticata da pochi, può coesistere se però esercitata secondo le regole di una società moderna che da priorità assoluta alla tutela della biodiversità e del paesaggio. Nessuna legge possiamo pensarla come eternamente valida ma forse questa volta si è davvero partiti con il piede sbagliato, rischiando di fare una danno alle politiche virtuose della conservazione ma anche a quelle di promozione di una economia di qualità legata ai saperi e sapori dei nostri territori. La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che, sono sicuro, dedicherà a questa lettera.
Paolo Piacentini Presidente del Parco Regionale dei Monti Lucretili