Ricca di risorse naturali e appena sfiorata dalla presenza del progresso, la Maremma vanta una attività umana tradizionale, quella del mandriano, ormai entrata nel Dna del territorio ma minacciata di estinzione, al pari della razza maremmana. Quest’ultima vive su quella striscia di terra piana che dal fiume Cecina arriva fino a Roma e Latina: un paesaggio agrario dove la più grande opera è la natura. Qui il destino del cavallo maremmano e della vacca dalle grandi corna a lira è legato a quello dei butteri, uomini che amano ciò che hanno scelto di fare; figura mitica ormai spazzata via dall’incalzare del progresso, delle macchine, del consumismo. Tuttavia, ancora oggi nell’immaginario collettivo sono loro, i mandriani a cavallo, a simboleggiare nel mondo la Maremma, area geografica dove i grandi spazi aperti, impervi e paludosi, disegnavano la loro sfera d’azione. Ormai quest’antico mestiere, seppure meno duro di un tempo, sopravvive in pochissime aziende e solo grazie ad alcune associazioni culturali mantiene viva la memoria e le sue tradizioni.
Dure equazioni economiche hanno stravolto gli equilibri ambientali ed umani stabiliti da secoli: il buttero fino a non molto tempo fa era una figura insostituibile in Maremma, rappresentando, insieme alla razza maremmana, uno spaccato della cultura locale che purtroppo va estinguendosi. Il suo ridimensionamento, in seno all’economia rurale, è derivato in massima parte dalle mutate condizioni agro-zootecniche, che implicano la massiccia introduzione della meccanizzazione e della messa a coltura di vaste aree incolte, dove la vacca e il cavallo maremmano trovavano un ideale habitat. Erano aree pianeggianti, malagevoli e svantaggiose, almeno fino a quando, alla fine Ottocento, questi luoghi ideali per l’allevamento allo stato brado furono bonificati. Un’azione che migliorò l’ambiente dal punto di vista agronomico ma che al tempo stesso mise in crisi l’allevamento tradizionale della Maremmana, tanto che oggi la razza è numericamente assai ridotta e a rischio di estinzione. Nella provincia di Grosseto si contano solo 1600 capi (circa), tra adulti e giovane bestiame; inoltre gli allevamenti iscritti al Libro Genealogico sono 15, distribuiti soprattutto nelle zone di pianura e in zone della media collina Maremmana. Ad assestare un duro colpo all’allevamento tradizionale della mucca Maremmana ha contribuito anche il principio secondo il quale la sopravvivenza della razza è legato al successo dei prodotti che da essa ne derivano, sempre nella logica di massimizzare la produzione. Purtroppo nel caso dei bovini da carne (meno per quelli da latte), sono state progressivamente messe in disparte diverse nostre razze autoctone, per lasciare spazio a vitelli di importazione, capaci di crescita e rese superiori. In realtà le razze da carne nazionali, a fronte di una capacità produttiva a volte inferiore, garantiscono un elevatissimo livello di qualità. E se la Piemontese, la Chianina, la Marchigiana e la Romagnola (alcune tra le nostre razze migliori), hanno il pregio di dare una carne molto magra e succulenta (caratteristica che peraltro viene esaltata dal modo in cui vengono allevati gli animali), la Maremmana ha carni sapide, più consistenti, sane, indiscutibilmente buone, ma forse meno apprezzate al consumatore moderno, quindi con una risposta di mercato inferiore rispetto alle altre carni italiane e internazionali.
La razza bovina maremmana, il Bos Taurus Macrocerus (Uro dalle grandi corna), è originario della steppa asiatica. Certo, dai reperti archeologici rinvenuti a Cere e dalla testa taurina conservata nel museo di Vetulonia, è chiaro che la maremmana occupa gli attuali territori di allevamento, sin dai tempi degli etruschi. Questo tipo di bovino, rustico e frugale, ha potuto attecchire nelle zone (per secoli) paludose e disagievoli della Maremma, grazie alle sue qualità di resistenza alle malattie, alle difficoltà climatiche e al suo adattamento nei confronti di foraggio scadente. Le caratteristiche morfologiche, sono quelle di avere un mantello grigio, decisamente più scuro nei maschi. La particolarità più evidente è però quella delle corna, lunghe fino a un metro, che si presentano a semiluna nei maschi e a lira nelle femmine. L’animale possiede uno sviluppo scheletrico imponente che gli dona un aspetto robusto e maestoso, accentuato dall’ampio torace e da dorso e lombi rettilinei. Altra importante caratteristica è il sistema di allevamento che avviene completamente allo stato brado, anche durante i mesi invernali, quando gli animali sono tenuti alla macchia dentro a estesi appezzamenti recintati.