Gustose melodie marchigiane
L’appetito è per lo stomaco quello
che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la
grande orchestra delle nostre passioni. Mangiare eamare, cantare e
digerire sono i quattro atti dell’opera buffa che si chiama vita.
In
questa frase del grande compositore pesarese Gioacchino Rossini, è
racchiuso tutto il controverso legame che da secoli fonde saldamente
tra loro, i sapori e la musica delle Marche. Oltre che raffinato ed
esigente palato, è risaputo che il Maestro fu anche un estroso
manipolatore di cibi; un abile cuoco che si dilettava ad alternare le
armoniose pagine dei suoi spartiti, con succulenti ricette intrise
dell’aroma intenso dei tartufi raccolti nei boschi marchigiani: il
“tuber magnatum Pico”, il tartufo bianco più pregiato e maggiormente
presente nella sua cucina si trova, infatti, soprattutto a Sant’Angelo
in Vado e a Sant’Agata Feltria, nel Pesarese. Deliziose ricette da
assaporare, le sue composizioni culinari sono succulenti
interconnessioni tra il profano e il sacro, l’intelletto e la materia,
i desideri e i bisogni; intrecci che rivivono ogni anno tra le note che
impregnano i leggii del Rossini Opera Festival di Pesaro (Pesaro, 8-22
agosto 2005); una manifestazione lirica internazionale, giunta alla
XXVI edizione, e nata all’ombra del bellissimo Palazzo Ducale, con lo
scopo di recuperare lo studio del patrimonio musicale legato al nome
del Compositore.
Se il nobile e raffinato tartufo rappresenta il
contrappunto musicale dell’elaborata opera rossiniana, il selvaggio e
saporito “Mosciolo”, il mollusco che si riproduce naturalmente
soprattutto tra gli scogli sommersi della costa del Conero, si lega
perfettamente all’improvvisazione che scuote gli animi degli
appassionati dell’Ancona Jazz Summer Festival; trii e quartetti di
notevole qualità e ricerca, in grado di soddisfare i palati più
esigenti della critica e degli appassionati, tra il 18 e il 24 luglio
divideranno il palco con artisti affermati come i Peyroux, Peter
Cincotti e Gilberto Gil.
Una musica intensa che si lascia
“accompagnare” anche dal sapore intenso del “mezzafegato”, una sorta di
soppressata prodotta a Fabriano che si sposa bene con il sapore
asciutto offerto dal “Rosso Conero”, un vino vigoroso elogiato persino
da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia” laddove parlava dei
vini del versante Adriatico “tra i quali particolare fama godevano
quelli anconetani”.
Lasciata la costa, ci inoltriamo tra le verdi
colline dell’entroterra marchigiano e, a Macerata, davanti alla
imponente mole dello Sferisterio, un’importante costruzione neoclassica
costruita per la pratica di uno sport, la Palla a bracciale, molto di
moda nel XIX secolo, ci accorgiamo che, anche qui, la “musica” non
cambia. La suggestiva composizione architettonica dello Sferisterio, la
perfetta resa acustica dell’ambiente, fanno di questa struttura un
eccezionale teatro all’aperto capace di tener in vita la tradizione del
melodramma grazie al ricco cartellone estivo della “Stagione Lirica di
Macerata”. Un contenitore di miraboli suoni in grado di stimolare udito
e vista. A stimolare il gusto ci penserà un invitante “plateau” di
ciarnusco, un appetitoso salame la cui ricetta tradizionale prevede la
preparazione con carni delle parti meno nobili dell’animale, recuperate
dalla pancetta, dalla costata e dalla spalla con l’aggiunta del grasso.
Sempre a Macerata ecco i “Vincisgrassi”, gustosissimi timballi di
lasagne stratificate in tortiera con un ricco sugo di carne e
besciamella, passati in forno e profumati di tartufo. Secondo una
leggenda molto diffusa sarebbero opera di un ignoto cuoco venuto ad
Ancona al seguito del generale austriaco Windisch-Graetz. In realtà ben
vent’anni prima delle guerre napoleoniche la ricetta dei vincisgrassi
era stata pubblicata dal mitico cuoco maceratese Antonio Nebbia.
Annaffiamo il tutto con dell’ottimo “Bianco Colli maceratesi“, un vino
gradevole della famiglia del “Greco”, o con la rinomata qualità del
“Verdicchio“ della vicina Matelica. Con l’orecchio ancora rivolto alla
musica, “libiamo nei lieti di calici” colmi di Vernaccia di
Serrapetrona, il primo spumante rosso italiano, segnalato in
preoccupante regresso già a fine ‘800, e lasciamo i colli di Macerata.
A Giovanni Battista Pergolesi da Jesi, ed a Gaspare Spontini da
Maiolati è dedicato l’omonimo splendido Festival capace di rallegrare
con la sua musica tutta la valle dell’Esino intorno a Jesi dove,
intense melodie da abbinare a gustose pietanze, si sprigionano dal
Teatro Pergolesi al levar dello splendido sipario dipinto da Luigi
Mancini. Nel momento in cui questa valle si allarga verso il mare, ecco
le vigorose emozioni offerte dal “brodetto” una zuppa composta da 13
varietà di pesci, tutte tipiche dell’Adriatico. Nell’entroterra nella
zona dei Castelli di Jesi, c’è ancora tempo per tuffarsi tra gli aromi
del Verdicchio classico e della “Lacrima di Morro d’Alba” un rosso
elegante apprezzato, a quanto sembra, da Federico Barbarossa. Ma questa
è un’altra musica.