Tra le maglie dell’immobilismo parlamentare degli ultimi periodi rischia di rimanere imbrigliata, per l’ennesima volta, la ratifica finale della Convenzione delle Alpi che quest’anno compie 20 anni e verrà ricordata con specifiche iniziative. Nonostante il lavoro del gruppo interparlamentare sulla montagna, che vede rappresentati tutti i gruppi politici per cercare di sensibilizzare gli onorevoli colleghi sull’opportunità e necessità di arrivare a rendere definitivamente operativi tutti i protocolli previsti nella Convenzione, ancora una volta l’oggetto del contendere che sta bloccando tutto è il famoso Protocollo Trasporti.
Per rinfrescare la memoria bisogna ricordare che la Convenzione delle Alpi nasce tra i Paesi dell’arco alpino, in raccordo con la Comunità Europea, per cercare di avere una politica comune su i temi di maggiore rilievo che riguardano tale vasta e strategica area di montagna.
Per attuare la Convenzione vengono redatti alcuni Protocolli che per essere operativi devono essere approvati dai Parlamenti nazionali. I Protocolli in base all’art 2 della Convenzione quadro approvata nel 1995 sono 9, ossia: popolazione e cultura, pianificazione territoriale, difesa del suolo, protezione della natura e paesaggio, agricoltura di montagna, foreste montane, turismo, trasporti, energia. L’Italia, ormai ultima tra i Paesi più importanti che compongono l’accordo, non riesce ad approvare il Protocollo trasporti per l’opposizione di una lobby molto trasversale rappresentata soprattutto dagli autotrasportatori che in Italia hanno sempre avuto uno spazio di contrattazione, oserei dire esagerato.
In una lettera molto recente il Segretario Generale della Convenzione, Marco Onida, ricordava al Ministro Altero Matteoli l’importanza per l’Italia di arrivare all’approvazione del tanto contrastato protocollo per evitare che alcune decisioni in merito alla gestione dei trasporti negli Stati confinanti possano avvenire in modo unilaterale senza che un accordo internazionale possa regolare gli interessi dell’intera area. L’esempio da cui parte il Segretario Generale, nella sua circostanziata lettera, è il tentativo del Ministro dei Trasporti austriaco di far passare l’applicazione di un rincaro sul pedaggio nel tratto autostradale di competenza della Verona-Monaco di Baviera. Ad oggi la possibilità che il protocollo venga ratificato è molto scarsa nonostante dovrebbe essere chiaro a tutti che l’approvazione del Protocollo non incide assolutamente sulle infrastrutture di collegamento dell’Arco Alpino già progettate o in fase di realizzazione.
Insomma speriamo che il lavoro minuzioso e di continua sensibilizzazione del Gruppo Amici della Montagna riesca spezzare una lobby che sta determinando una situazione di sganciamento dell’Italia da una politica pianificatoria di aria vasta che potrebbe essere molto importante per l’ottenimento di specifici finanziamenti comunitari.
Per rimanere nell’alveo della stasi parlamentare, a questo punto dobbiamo ricordare che per le politiche a favore della montagna la situazione è abbastanza critica, dal momento che una legge specifica che doveva ridare qualche interessante risorsa su progetti specifici è bloccata al Senato, e la stessa cosa è per la famosa legge “Realacci” sui piccoli comuni, di cui avevamo parlato in modo molto positivo anche su queste pagine.
Siete al corrente tutti dell’attacco per i piccoli comuni che c’è stato nella rovente estate appena trascorsa, con il tentativo di sopprimere o accorpare sempre a causa dei famosi costi della politica (qualcuno ha fatto i conti esatti di quanto di potesse risparmiare e siamo alle briciole).
Decisioni in gran parte rientrate, ma che comunque appaiono in controtendenza rispetto ad una legge, che dopo un lunghissimo iter la Camera dei Deputati aveva approvato all’unanimità. In tutto questo scenario negativo sul fronte della legislazione pro territori montani dobbiamo riscontrare anche una certa debolezza dell’UNCEM che con la scelta di esser parte dell’ANCI forse potrebbe perdere la sua specifica capacità di contrattazione con le istituzioni, ma su quest’ultimo punto esprimo solo una preoccupazione magari non fondata. Insomma speriamo in tempi migliori per la montagna e noi faremo la nostra parte.