In qualsiasi discussione politica, di qualunque “colore”, dove sia protagonista la montagna coi suoi territori e le sue culture, le parole d’ordine sembrano essere: tutela, salvaguardia, valorizzazione, e tutta la sequela di termini roboanti che dovrebbero mettere al sicuro il futuro di questo delicatissimo e unico ecosistema che rappresenta la gran parte del nostro territorio nazionale. Ovunque tavole rotonde, convegni, dibattiti organizzati dalla politica locale e/o nazionale, parrebbero orientati a porre in primo piano i problemi della montagna che dagli anni ’50 del secolo scorso ha subito un duplice e paradossale fenomeno. Circa un 30% del territorio montano ha visto – determinato dal turismo invernale ed estivo che spesso ha ricreato in aree naturalistiche delicate e sensibili ai cambiamenti scompensi e degradi simili a quelli delle aree urbane – lo sviluppo spesso incontrollato e abnorme delle proprie attività economiche e commerciali; il 70% dei territori rurali di montagna, invece, ha subito uno spopolamento e un “degrado” territoriale determinato dall’abbandono di attività umane – agricoltura, allevamento, uso delle risorse boschive – tradizionalmente deputate alla conservazione e mantenimento di un delicato equilibrio ambientale. Nessun esperto di territorio e ambiente mette in dubbio l’importanza delle aree montane per lo sviluppo e la salvaguardia delle pianure, dove si concentra la quasi totalità delle attività produttive; basta pensare al sempre crescente bisogno di acqua ma, soprattutto, al pericolo del dissesto idrogeologico che, partendo dall’alto, coinvolgerebbe inevitabilmente e fatalmente i territori a valle. La storia degli ultimi anni è intrisa di catastrofi ambientali – alluvioni, smottamenti, crolli, siccità, e via dicendo – ampiamente prevedibili e previste, che hanno come prima responsabilità il colpevole abbandono dei territori di montagna e hanno determinato costi economici e sociali infinitamente superiori a quelli che una politica attenta e sensibile ai problemi avrebbe dovuto sostenere per garantirsi un duplice risultato: il mantenimento di un ecosistema umano e ambientale straordinario che potrebbe rappresentare un patrimonio turistico (e di conseguenza economico) in grado di produrre grande e diffusa ricchezza, e la salvaguardia da catastrofi naturali i cui danni spesso sono irreparabili. Nonostante questo, e in barba ai proclami “elettoralistici” che ciclicamente promettono di avere un occhio di riguardo per queste aree – da un lato impossibilitate a competere economicamente, per evidenti limiti geografici, con lo sviluppo industriale della pianura, dall’altro fondamentali per il mantenimento di un indispensabile equilibrio ambientale – il “problema montagna” viene sistematicamente ignorato da chi dovrebbe farsi carico di trovare soluzioni e strategie per la sua sopravvivenza. In primo luogo legata alla permanenza dell’uomo in quegli ambienti, che invece vengono depauperati anche delle risorse primarie – servizi e opportunità – finalizzate a garantire una vita dignitosa e simile a quella delle popolazioni di pianura.
Comunità Montane a costo zero?Per rendersi conto di questa volontà distruttiva basta leggere il piano finanziario elaborato dal governo per il biennio 2006-2008. La Comunità montana, per quanto inserita da tempo nella disciplina dei contributi erariali ordinari per gli enti locali Comuni e Province, è ancora a finanza completamente derivata e tuttavia assoggettata – per gli enti con popolazione superiore a 50.000 abitanti – al rispetto del Patto interno di stabilità. Per quanto attiene ai trasferimenti di natura ordinaria per le 356 Comunità montane, per il 2005 essi ammontano a 170.175.114,72 milioni di euro, secondo i dati pubblicati dal Ministero dell’Interno nella Relazione annuale sullo stato della montagna 2005, elaborata dal Ministero dell’Economia in sede CTIM (Comitato tecnico interministeriale per la montagna). Dal 1993 la Comunità Montana ha subito il sostanziale stallo dei trasferimenti correnti erogati dal Ministero dell’Interno, dal 2004 persino diminuzioni: la cifra stanziata per il 2004 era infatti di 178,827 milioni di euro. Lo scorso anno si è giunti alla formulazione del DPEF dopo aver assistito, con il varo del D.L. n. 168/2004, il decreto “tagliaspese”, al dimezzamento del Fondo Nazionale per la Montagna di cui alla legge n. 97/94, fissato per il 2004 nella misura di 61,481 milioni di Euro e ridotto in corso di esercizio di 30,740 milioni di euro. In più occasioni i rappresentanti del Governo si sono impegnati a recuperare lo strappo in sede di successiva legge Finanziaria. Nel Ddl della Finanziaria 2006, invece, non solo il Fondo per la Montagna non è stato incrementato, ma è addirittura scomparso! Il testo non contiene infatti alcuna previsione rispetto a questa voce.La dotazione del Fondo Montagna dalla sua istituzione è la seguente:Anno 1995: 50 miliardi di lireAnno 1996: 300 miliardi di lireAnno 1997: 150 miliardi di lireAnno 1998: 100 miliardi di lireAnno 1999: 129,610 miliardi di lireAnno 2000: 103 miliardi di lireAnno 2001: 110 miliardi di lireAnno 2002; 58,36 milioni di euroAnno 2003: 61,646 milioni di euroAnno 2004: 37,4905 milioni di euro (Fondo dimezzato dal dl “taglia-spese” + 6,750 ml di euro recuperati dal Ministro La Loggia su altra legge)Anno 2005: 31 milioni di euroPrevisione anno 2006: ZEROLa montagna è un costo su cui speculare?“Dichiarazioni gravissime che impongono un’immediata smentita!” Così il Presidente dell’Uncem – Unione Nazionale Comuni/Comunità/Enti montani – Enrico Borghi ha commentato le dichiarazioni secondo cui il maxiemendamento alla Finanziaria dovrebbe prevedere l’abolizione delle 356 Comunità Montane, che frutterebbe alle casse dello Stato “tra gli 800 e 1,6 miliardi di Euro”. “I dati del Ministero dell’Interno dicono che i finanziamenti di parte corrente alle Comunità montane sono pari a 170 milioni di euro. Quindi contano il 10% rispetto alla mole di investimenti che attivano, mentre in tutti gli altri enti locali la spesa corrente incide intorno al 50%. Chiediamo che il Governo smentisca immediatamente – ha aggiunto Borghi – la volontà di attuare un’azione di questo genere all’interno di un maxiemendamento alla Finanziaria, cioè all’interno di un provvedimento politicamente blindato. Se le Comunità montane sono un costo, allora tutti i soggetti pubblici che erogano servizi ai cittadini diventano centri di spesa inutili. E’ una grave demagogia e mancanza di rispetto istituzionale”.
Gli impegni non rispettatiA novembre il Consiglio Nazionale dell’Uncem, riunitosi a Vogogna in Val d’Ossola, ha chiesto in un documento ufficiale il rifinanziamento Fondo Montagna, contro la previsione del maxi emendamento governativo alla finanziaria che non tiene conto del reintegro del Fondo Nazionale per la Montagna. In un documento votato all’unanimità, il Consiglio Nazionale dell’Unione degli Enti Montani, ha stigmatizzato la mancata previsione di stanziamento del fondo che finanzia gli investimenti delle Comunità Montane, e ha richiamato le forze politiche al rispetto degli impegni assunti. Nel corso della grande manifestazione tenutasi al teatro Capranica a Roma, di fronte a oltre duemila sindaci e amministratori, numerosi esponenti delle forze di centro destra avevano annunciato l’impegno a modificare la Finanziaria varata dal Governo prevedendo uno stanziamento per il fondo previsto dalla legge 97/94. Il Consiglio Nazionale ha deciso di predisporre in tal senso uno specifico emendamento che sarà trasmesso a tutte le forze politiche, chiedendo di dar seguito alle enunciazioni di principio fatte in sede pubblica. “Non è accettabile che alle parole non seguano i gesti concreti, per questo stigmatizziamo la mancata previsione finanziaria da parte del Governo. In ogni caso, sappiamo che il passaggio parlamentare prevede un ulteriore emendamento governativo alla Camera: siamo in zona Cesarini, ma se si vuole si è ancora in tempo. Ognuno si assuma la responsabilità degli impegni che ha preso. Confidiamo soprattutto nelle forze politiche parlamentari, visto l’inspiegabile silenzio del ministro competente La Loggia”. L’emendamento Uncem sarà corredato da una scheda tecnica che illustrerà i benefici del Fondo Nazionale della Montagna sull’economia delle aree più fragili del Paese, smentendo i luoghi comuni della sua inefficacia o inutilità.Proposte UNCEM sul Dpef 2006– Ripristino del Fondo Nazionale Montagna per gli investimenti (perché non finanziarlo con la “tassa del tubo”, l’imposta che il Governo intende applicare per l’occupazione di spazi e aree pubbliche “con grandi reti di trasmissione dell’energia”?);– incremento trasferimenti natura ordinaria e/o ammissione delle Comunità Montane a una quota dei tributi. L’Uncem propone infatti di ammettere le Comunità Montane alla compartecipazione a un grande tributo erariale, che potrebbe essere costituita da una compartecipazione dinamica all’attuale gettito erariale IRPEF oppure ad altre imposte legate al territorio (immobili, mobilità, trasporti);– esclusione di tutte le Comunità Montane dai vincoli del Patto di stabilità interno;– previsione di incentivi finanziari aggiuntivi per lo svolgimento di funzioni e servizi in forma associata da parte delle Unioni di Comuni e delle Comunità Montane;– istituzione di un fondo perequativo in relazione alla copertura dei maggiori oneri presenti in montagna che determinano l’esigenza di sopperire ai sovracosti strutturali permanenti che qui si manifestano con evidenza. 356 Comunità montane con 4202 Comuni, rappresentano una popolazione di 10,6 milioni di italiani. Gran parte di queste comunità, senza l’intervento di riequilibrio dei trasferimenti da parte dello Stato, non è strutturalmente in grado di erogare servizi indispensabili.Un solo artigiano del legno in tutta la Comunità Montana Alta Val Tanaro – Il caso PerloCi sarà l’artigiano del legno Battista Ferrero tra le segnalazioni che il Comune di Perlo farà avere alla Comunità Montana Alta Val Tanaro per una pubblicazione sull’artigianato in Valle. “Una buona iniziativa per incentivare lo sviluppo dell’attività – ha commentato il sindaco Simona Rossotti – non deve però restare l’unico artigiano del legno del nostro paese. Lo spopolamento delle nostre valli si batte soltanto attuando progetti completi che coinvolgano le persone. I giovani vanno incentivati a restare. Bisogna smettere di fare assistenzialismo con progetti che, una volta terminati, lasciano il vuoto, lo scontento e magari anche la disoccupazione”. “Serve un’analisi più mirata – prosegue la Rossotti che è anche Assessore Provinciale alle politiche giovanili – in cui si smetta di pensare alle stragi del sabato, droga , alcool e assistenza sociale come unici problemi riguardanti le politiche giovanili. I giovani sono giovani e chi non lo è stato fra gli adulti di oggi? Proprio a loro va l’appello più forte perché chi ha qualcosa da comunicare e trasmettere alle nuove generazioni lo faccia con serenità, contribuendo a realizzare un percorso e aprendo nuovi spazi di dialogo. Gli enti locali devono fare la loro parte insieme alle famiglie e alle parrocchie in cui viene spesso fatto un lavoro di grande coesione tra i ragazzi – conclude la Rossotti – serve, quindi, un maggior impegno da parte di tutti per creare occupazione e sviluppo sul territorio, trovando spazio per nuove figure lavorative.”
Il ruolo della nostra rivistaCi occupiamo, fin dal nostro esordio, di promuovere il binomio Ambiente/Uomo, e non a caso lo slogan di TREKKING è “Camminare per conoscere l’Uomo e il suo Mondo”. Questo nostro impegno ci ha consentito di collaborare a contatto sempre più stretto con gli Enti locali che credono in uno sviluppo del turismo sostenibile ed ecocompatibile sul lungo periodo, basato sulla valorizzazione e promozione della natura e delle attività umane tradizionali, che possono realmente rappresentare, nell’epoca della globalizzazione e del “tutto uguale”, uno straordinario patrimonio di culture e opportunità di sviluppo che ormai solo la montagna, a livello planetario, possiede e conserva. Per quanto ancora, se la politica “di pianura” vede in questo solo dei costi su cui risparmiare e non un incommensurabile tesoro da far fruttare?