Agli occhi dei passanti che risalgono il Marecchia, si profila scuro (contro il cielo di levante), uno strano cucuzzolo dalla forma bizzarra, tra la piramide tronca e l’enorme pagliaio di pietra. Non legato ad alcuna catena di monti, pare un moncone senza senso. Ad una manciata di chilometri, ecco il centro dell’attuale comune di Maiolo. Quanti lo attraversino in maniera affrettata probabilmente non se ne renderanno conto. Un territorio comunale di piccole dimensioni ospita più di 50 forni, utilizzati soprattutto per la cottura del pane e tipicità ad esso collegate. Questi forni, sparsi in maniera uniforme sul territorio, sono da considerarsi testimonianza di civiltà e quindi “bene culturale”, visto e considerato che svolgono un ruolo di “collante” dell’intera borgata. La caratteristica dei piccoli agglomerati rurali, è quella di essere costituita da famiglie imparentate tra loro, che sfornano specialità da almeno quattro generazioni. Per conoscerlo a fondo il paese di Maiolo occorre considerare le importanti vicissitudini storiche accadute. Il cuore del comprensorio infatti, non era affatto l’attuale centro, bensì era rappresentato da una rocca, abbarbicata su di uno sperone, dolcemente servita da una comunità agricola.
Nel 1700, un’enorme frana distrusse parte della rocca (successivamente detta di Maioletto) e annientò il Paese, mai ricostruito. Incorniciata da una vegetazione ora definita “zona BioItaly” (per la valenza floristica) dall’Unione Europea, la rocca è una meta turistica, raggiungibile attraverso una passeggiata tra calanchi e storiche chiese, come quella di Sant’Apollinare e quella di San Rocco.
Le prime notizie su Maiolo risalgono agli inizi del passato millennio. Cercando nelle pieghe delle testimonianze storiche, ricordiamo un poeta, Ercolani de Sarti, che nel XVI secolo scriveva di un monte “Aorno”, che significa “senza uccelli”, tanto che la sua cima era alta. Nel XIII secolo invece, il Cardinal Anglico descrive un altissimo castello su un altissimo sasso con una rocca fortissima e grandi rupi attorno. Poi, nella notte tra il 29 e il 30 Maggio del 1700, una pioggia dirotissima causò una catastrofe apocalittica: la cima del sasso si staccò dal resto del monte e precipitò giù, con tutta la rocca, frantumandosi sopra le case e le mura del borgo sottostante. La leggenda vuole che la rocca fosse un ritrovo di peccatori, spazzati via per punizione divina. Sembra infatti che i castellani, in dispregio al mese Mariano, si abbandonassero ad uno scandaloso ballo “angelico”, mentre una civetta sulla terrazza del salone presagiva una tragedia imminente. Non curanti, i paesani continuarono i festeggiamenti sotto un orribile temporale.
Tante unità, come si è detto, rappresentate dalle Borgate (localmente chiamati anche “Ghetti”), costituite da costruzioni rurali ristrutturate, capaci di ospitare più di un nucleo famigliare. Il fatto che ogni nucleo sia costituito da persone in un modo o nell’altro imparentate tra loro, la dice lunga sulle vicissitudini dell’ultimo secolo. Infatti, le numerose famiglie sono state sempre dedite all’agricoltura, alla pastorizia e al taglio di legname, instaurando un intimo rapporto con il luogo, fino ad attribuirne il nome stesso: annoveriamo infatti località denominate “Ca’ di Migliori”, “Ca’ di Marinello”, “Ca’ Lombardi”, “Ca’ del Fattore”, ecc. La ristrutturazione dei fabbricati, ha rivalutato l’importanza dei forni esistenti, e ha portato alla luce splendide strutture quali l’Agriturismo “La Casa Vecchia”. Il bene turistico più importante delle Borgate, oltre ai forni e altri interessanti monumenti, è rappresentato dal paesaggio. Dai punti panoramici delle località di Antico, Ca’ Fattori, Maioletto, Boscara e il Poggio, si può godere di una visione incredibile: la possente San Leo, la misteriosa Rocca di Maioletto in primo piano, San Marino appena alle spalle, il Monte Aquilone, i boschi del Sasso Simone e Simoncello e la neve del Carpegna (disteso come un feretro) in lontananza. Se si ha la fortuna di visitare questo borgo, diverse sono le chiese e i monumenti meritevoli di particolare attenzione; la chiesa di Sant’Apollinare, costruita sul modello delle chiese leonine nella prima metà del XV secolo, sita in località Poggio, ne è un esempio lampante. Dopo la frana del 1700, il tempietto fu inserito in una chiesa più grande dedicata a San Biagio. Subì diversi cambiamenti, il che ne giustifica i diversi nomi attribuiti alla costruzione e alla località stessa: prima Poggio, poi Sant’Apollinare e infine San Biagio. Nell’anno 1910, furono rialzati i muri perimetrali della chiesa e furono aperte cinque nicchie per accogliere statue di nuovo acquisto. Nel 1970 furono effettuati gli ultimi restauri. Di grande interesse l’affresco dell’abside, (raffigurante una madonna con bambino tra angeli e santi), così come l’altare maggiore, un complesso in legno intarsiato e dorato in oro zecchino comprendente un paliotto, un bel ciborio barocco, due porte laterali e una bella gradinata. Il tutto completato da un crocefisso ligneo. Con ogni probabilità, tutto il complesso deriva dalla preesistente chiesa di San Rocco. Santa Maria di Antico, è invece un monumentale tempio, risalente al IX secolo e dedicato alla beata vergine delle Grazie, racchiude una preziosa statua di Luca della Robbia. Durante la seconda guerra mondiale, i fedeli di Santa Maria per salvare la loro Madonna dalla furia delle bombe, nascosero la statua nel sepolcro sotto l’altare. Si sottolinea inoltre la presenza di un dipinto a tempera del XVII secolo, che raffigura l’annunciazione, uno raffigurante la natività della vergine (commissionato per la chiesa del Conte Oliva) e una tela ad olio raffigurante la fuga dall’Egitto. Sempre ad Antico, è possibile ammirare l’omonimo castello. I successori del Conte Oliva quando parlavano del loro primo castello, lo definirono “Antico”, e quel nome rimase al castelluccio abbarbicato in un anfratto di una ripiegatura boscosa del Monte Carpegna. Un castello munito e forte, sempre tenuto caro dai padroni, perché sentinella avanzata sul Marecchia, sulla strada tra Rimini a Roma. Il castello conserva una grazia del tutto particolare, è infatti uno dei punti più romantici del Montefeltro. Fino a poco tempo fa non c’era acqua, né una strada percorribile, né energia elettrica. Grazie alla caparbietà dell’Amministrazione comunale si sta riportando alla luce questo prezioso bene architettonico. Infine, l’oratorio di San Rocco, importante soprattutto per il valore affettivo che gli abitanti della zona nutrono per esso; infatti, dopo la frana del 1700 i superstiti e i loro discendenti sentirono la necessità di ritornare alla Rocca ogni anno per venerare i luoghi sacri e i sepolcri delle vittime. Così, nel 1748, fu costruito un piccolo oratorio. E’ stata oggetto di restauro nel 1971, e da quell’anno, rappresenta il punto sacro per eccellenza della comunità maiolese, meta di pellegrinaggio nella giornata di Ferragosto.