Una fucina, che ricorda l’antro di Vulcano. L’atmosfera cupa e rovente, i bagliori rossastri che accendono l’oscurità esaltando le plastiche forme della campana grezza, appena liberata dal mantello. Negli occhi si sovrappongono i colori della terra, del fuoco e del bronzo e torni indietro, nella memoria, a quella grotta del mito “assordata dai rimbombanti colpi dei magli sulle incudini che echeggiano lontano, mentre stridon le masse di metallo dei Calibi e il fuoco nelle fornaci anela”; a quei versi potenti di Virgilio imparati sui banchi di scuola, ai quali da sempre cerchi di associare un quadro, un’immagine, un suono. Assistere alla nascita di una campana è un’esperienza emozionante. Il momento più toccante, quasi religioso, rimasto inalterato nel tempo, è quello della colata. Crepitio di fiamme, fumo, bronzo incandescente, invocazioni alla Madonna. Nascono, così, le campane della Fonderia Marinelli, campane che raccontano la storia, rievocano fatti, personaggi e momenti importanti della vita di ciascun uomo, ed è così da un millennio. Delle tante fonderie esistenti nei secoli passati ad Agnone, la cittadina molisana delle campane, sola la Pontificia Fonderia dei fratelli Marinelli è rimasta in attività. Unica sopravvissuta di tante dinastie di laboriosi campanari, dall’anno mille si tramanda di padre in figlio la meravigliosa tradizione dell’arte della fusione delle campane, che oggi viene portata avanti, con passione e dedizione da Armando e Pasquale Marinelli, aiutati da pochi maestri artigiani.
L’articolo completo è a pagina 88 del nuovo numero di Viaggia l’Italia