L’attuale disciplinare, che ha istituito la Dop, permette infatti una percentuale di latte vaccino pari all’85% e, cosa ancora più sorprendente, la percentuale residua può essere composta da latte caprino, oppure a scelta, ovino. I produttori storici non si sono arresi a questa normativa e, alcuni di loro continuano a fare robiole come si faceva duecento anni fa. Slow food ha inserito questa formaggetta tra i suoi presidi e – pare quasi superfluo aggiungerlo – valorizza e promuove esclusivamente la Robiola di Roccaverano classica, quella cioè totalmente composta da latte crudo di capra. Agli appassionati consigliamo comunque di tenere alto il livello d’attenzione sull’argomento.
Ma andiamo a ripercorrere la storia di questo formaggio: Ha origini antichissime, il caprino di Roccaverano, l’unico caprino storico italiano, il solo degno di confrontarsi con i chèvres d’oltralpe che come attestato da testimonianze che risalgono al periodo celtico-ligure, in seguito raccontato da Plinio e Pantaleone, che ne apprezzarono le qualità e ne illustrarono il ciclo produttivo. Il suo nome richiama sia il latino “robium”, con riferimento al colore rossiccio della parte esterna della pasta, sia il nome del paese di Roccaverano nell’astigiano da dove si è originato il prodotto. Attualmente, la Robiola di Roccaverano è l’unico formaggio Dop italiano che può essere prodotto con tre tipi diversi di latte: vaccino, caprino e/o ovino, anche se, come detto, una volta era prodotto solo con latte di pecora. Il latte proviene da due mungiture giornaliere, ed è leggermente scremato per affioramento. La Robiola di Roccaverano è un formaggio grasso a pasta fresca, la maturazione è breve e può durare al massimo 20 giorni a seconda della microflora lattea. L’alimentazione base degli animali deve essere costituita da foraggi verdi o conservati. Si produce in ogni periodo dell’anno.
Materia prima Latte intero vaccino e ovino, oppure vaccino e caprino, con un massimo dell’85% di latte vaccino. Eccelle quello da razza piemontese. Alimentazione: foraggio fresco o fieno della zona di produzione. Tecnologia di lavorazione Si porta il latte, previa pastorizzazione o crudo, a circa 18°C, aggiungendo caglio naturale liquido più fermenti lattici (nell’eventualità il latte fosse pastorizzato). Coagula in circa 24 ore. Successivamente, la massa viene sistemata negli appositi stampi dove rimane per una giornata. La salatura si effettua solo talvolta, tramite aspersione di sale fino.
Stagionatura Facoltativa, massimo 20 giorni. Caratteristiche Altezza: cm 3-4; diametro: cm 12-16; peso: Kg 0,2; forma: cilindrica; crosta: assente; pasta: tenera, friabile, compatta, bianca o colore paglierino che tende al giallo se il prodotto viene stagionato; sapore: intenso e piccante, se stagionato.
Area di produzione Comuni di Bubbio, Cessole, Loazzolo, Mombaldone, Olmo Gentile, San Giorgio Scarampi, Roccaverano, Monastero Bormida, Serole, Vesime (provincia di Asti), Ponzone, Montechiaro d’Acqui, Castelletto d’Erro, Denice, Malvicino, Merana, Pareto, Ponti, Spigno, Cartosio (provincia di Alessandria). Calendario di produzione Tutto l’anno. Note Formaggio già noto nel Medioevo, è riconosciuto Doc dal 14 marzo 1979 e Dop dal 2 luglio 1996.