Terra bene comune

18 marzo 2020 - 10:02

Quando si è fatta la battaglia sull’acqua bene comune, i movimenti sono stati talmente organizzati che sono riusciti ad arrivare al referendum e a vincerlo alla grande.È stato un momento importantissimo per la storia del nostro paese, anche se queste battaglie non sono mai vinte per sempre, come dimostrano alcune proposte legislative che tentano di annullare l’effetto del referendum stesso.

In questi ultimi mesi c’è l’altro bene comune fondamentale del nostro territorio, la terra, che è attaccata da ogni direzione e che si sta cercando di allontanare dall’uso collettivo in ampie aree del Paese, anche dove questa è tutelata da aree protette regionali o nazionali.

La norma principe che rischia di mettere in vendita terreni demaniali per fare cassa, promettendoli a giovani agricoltori, è l’art. 7 della Legge di Stabilità 2012, approvata come ultimo atto del Governo Berlusconi. La legge prevede un censimento da parte del MIPAF dei terreni da mettere a disposizione dell’Agenzia del Demanio che li assegnerà secondo alcuni criteri che possano favorire i giovani imprenditori agricoli.

Fin qui potrebbe sembrare una norma accettabile ma poi c’è la possibilità, a dir poco rischiosa, di chiedere il cambio di destinazione d’uso. Pensate a cosa potrebbe accadere su quei terreni oggi demaniali e a vocazione agricola se dovessero subire cambi di destinazione d’uso poco chiari, per di più in un paese come il nostro che non ha mai avuto il coraggio di ostacolare sul serio le varie speculazioni sui terreni.

L’attuale Governo Monti ha cercato quanto meno di rendere più rigido e meno conveniente il cambio di destinazione d’uso, stabilendo che questa richiesta non possa avvenire prima dei 20 anni dall’acquisto. A parte i ragionamenti tecnico-giuridici sulla legge, quello che va contrastato è il principio stesso di vendita di un bene che è di patrimonio pubblico e in molti casi gravato da uso civico, quindi collettivo.

Molti movimenti di contadini composti da giovani che hanno deciso di tornare all’agricoltura unitamente ad alcune organizzazioni agricole chiedono l’accesso alle terre demaniali e a quelle gravate da uso civico, attraverso contratti di comodato d’uso che prevedano un uso compatibile e di qualità dal punto di vista ambientale e sociale.
 
Quello che serve alla rinascita di un’agricoltura collinare e di montagna che sia anche presidio territoriale non è la vendita delle terre ma una loro corretta gestione. Prendersi cura di un terreno sapendo che è patrimonio di tutti e quindi anche delle future generazioni vuol dire preservarlo con piccole azioni quotidiane dal dissesto provocato dall’abbandono massiccio del secolo scorso e dalle opere irrazionali perpetrate da uno sviluppo distorto e non più sostenibile.

Ormai la logica della mercificazione del “Bene Terra” è contagiosa al punto che anche le affrancazioni di terreni ad uso civico stanno procedendo rapidamente e senza tanti scrupoli in molte regioni. Dulcis in fundo, mentre scrivo è scoppiata la polemica tra le associazioni ambientaliste sulla riforma della legge quadro sulle aree protette.

Noi siamo dalla parte di chi difende i parchi come bene comune e che non vuole che diventino una sorta di azienda. In questo siamo laici e aperti al confronto ma alcuni paletti sono fondamentali per un futuro in cui la promozione vada di pari passo con la conservazione.