Quando uscirà questo articolo forse sarò già in cammino con il mio vecchio amico Peppe, metà astigiano, metà campagnolmontanaro, come me, della bella provincia romana. Intanto, proprio nei giorni in cui scrivo queste poche righe abbiamo eletto, all’interno del Consiglio Nazionale di Federparchi, il nuovo Presidente nella figura di Pierluigi Sammuri, Presidente del Parco Regionale della Maremma (approfondimenti su “Agenda”).
Due notizie che sembrano lontane tra loro, certamente la seconda di maggior rilievo e di interesse pubblico, la prima più privata ma che interessa comunque la vita delle aree protette. L’elezione di Sammuri e di una Giunta molto qualificata, avviene in un momento difficile per le aree protette e quindi il lavoro da fare sarà molto impegnativo; il mio contributo, come membro del Consiglio Direttivo, sarà quello di proporre delle politiche che diano sempre più spazio all’attività outdoor nei parchi e riserve naturali.Dicevo, momento difficile per le politiche di conservazione ma in generale per la tutela dell’ambiente nel nostro Paese con il rischio, più che reale, di continuare a togliere gli spazi verdi nelle città, continuando a ferire la bellezza del paesaggio. Le proposte in discussione in questi giorni a livello governativo, per deregolarizzare gli interventi in edilizia, rischiano di aprire il fronte ad un grave attacco alla pianificazione del territorio. Un paesaggio che perde la sua bellezza (il critico letterario Piero Citati illustrava bene la morte della campagna toscana) toglie ad un Paese come il nostro una delle poche ricchezze dalle quali ripartire per affrontare i nodi di una profonda crisi economica. L’attività outdoor, in significativa crescita, va fruita in spazi naturali o antropizzati in cui la dimensione intellettuale/spirituale trovi la sua massima espressione contribuendo al benessere psico-fisico delle persone. Una campagna deturpata, attraversata da inutili infrastrutture o punteggiata da caseggiati non più inseriti nel contesto storico e sociale di un certo territorio, non è certo il luogo ideale dove promuovere sentieri da borgo a borgo, cosa che invece iniziano a fare alcune virtuose comunità locali. Il 14 aprile inizieremo questo viaggio lento nei parchi dell’Appennino a contatto con le comunità locali, tenteremo l’ascolto di chi ancora vive inserito nel paesaggio e ne è, più o meno consapevolmente, il vero tutore. Metteremo a disposizione del nuovo gruppo dirigente di Federparchi il racconto che ne verrà fuori, con tutti gli aspetti virtuosi ma senza nascondere le criticità che ancora frenano lo sviluppo ambientalmente corretto e socialmente responsabile del turismo. Il sistema Appennino, inteso come insieme di paesaggi montani e collinari che formano la spina dorsale dell’Italia, ha una potenzialità di fruizione dell’attività outdoor straordinaria. I parchi dell’Appennino devono fare da volano per mettere in rete quelle economie di qualità, ancora radicate nei saperi locali, che hanno resistito ai processi di abbandono del passato o alla trasformazione poco oculata del presente. Come dico sempre, le microeconomie di qualità vanno a braccetto con una fruizione lenta del territorio, lo capiranno un giorno i responsabili delle istituzioni, al centro e in periferia?