Per chi non ha mai messo i piedi su un sentiero, ogni passo oltre l’asfalto può essere una sorpresa e un’impresa!
Non c’è da vergognarsene, ogni esperto frequentatore dell’universo outdoor è stato in origine un goffo “uomo urbanizzato”, barcollante e titubante sui sassi di una mulattiera sconnessa, nel fango di un sentiero di campagna o fra la ghiaia di una discesina sdrucciolevole.
Il primo gradino dell’allenamento al camminare è proprio questo: cominciare a mettere i piedi oltre l’asfalto e prendere confidenza con quel “mondo selvaggio” che si chiama Natura, dove è l’uomo a doversi adattare alle regole dell’ambiente e non viceversa.
Insomma, la prima tappa dell’allenamento al camminare è cominciare a trasformare in abitudine la tranquilla passeggiata domenicale “fuoriporta”, come si diceva una volta!
Dopo questa doverosa fase di approccio potrete iniziare a ragionare in termini di allenamento fisico vero e proprio.
All’inizio basterà dare una certa regolarità alle escursioni del fine settimana, partendo sempre da percorsi molto semplici e poco esigenti.
Tenete conto che, per un camminatore scarsamente allenato, un’escursione della durata di un’ora o con un dislivello di poco più di 400 metri, è più che sufficiente per stancarsi e l’indolenzimento muscolare del giorno dopo vi darà la misura di quanto avete lavorato.
A tal proposito è importante chiarire un concetto: è vero che uno dei principi di base dell’allenamento è chiedere al proprio corpo di fare sempre qualcosa di più della volta precedente, ma questo non significa trasformare ogni escursione in una “ritirata di Russia”.
Essere un po’ stanchi dopo una camminata va bene, essere troppo stanchi non serve per allenarsi, anzi, può essere controproducente se non dannoso per la salute.
Quindi bisogna incrementare l’impegno delle escursioni con moderazione e regolarità e, soprattutto, bisogna rispettare i tempi di recupero!
Come si fa a capire quando si sta tirando troppo la corda dell’allenamento?
Senza addentrarci in tabelle e tecnicismi, e senza andare a scomodare cardio-frequenzimetri e altre diavolerie, possiamo dire che alla base di tutto c’è la capacità di ascoltare il proprio corpo.
Un buon metodo per capire se il vostro allenamento si sta mantenendo sotto la soglia del “troppo” è quello della “chiacchiera”: se mentre camminate riuscite a conversare senza affanno col vostro compagno di escursione, vuol dire che state tenendo il ritmo giusto e la giusta intensità dello sforzo.
Un indolenzimento dei muscoli che persiste anche dopo più giorni dall’escursione, difficoltà ad addormentarsi o scarso appetito, sono ulteriori segnali che il nostro corpo ci invia per farci capire che gli stiamo andando un po’ troppo oltre le sue capacità di recupero.
Per l’attività descritta fino a questo punto abbiamo utilizzato in modo un po’ improprio il termine allenamento.
La regolarità delle escursioni nei fine settimana, infatti, più che un allenamento vero e proprio produce un’abitudine al camminare, che migliora sicuramente la nostra resistenza alla fatica, ma non è sufficiente.
Chi vuole raggiungere mete più ambiziose come affrontare lunghi trekking e gite molto impegnative in termini di lunghezza e dislivello o di quota.
Per allenarsi in vista di questi obiettivi non basta camminare una volta la settimana, perché, fra un’escursione e l’altra passa troppo tempo e ciò neutralizza in gran parte il meccanismo fisiologico della supercompensazione.
Ovvero la capacità del nostro corpo di reagire alla fatica fatta la volta precedente attraverso una crescita muscolare che lo rende in grado di affrontare con minore stress uno sforzo simile o superiore.
Qui si dovrebbe aprire il capitolo serissimo e complicatissimo delle strategie di allenamento, dal quale, in questa breve trattazione, preferiamo girare alla larga.
Anche in questo caso, però, qualche consiglio “smart” ci sentiamo di darvelo: un modo semplice per allenarsi con frequenza e regolarità al camminare è… camminare tutti i giorni!
Bella, scoperta direte voi! Dove lo troviamo il tempo per fare un’escursione ogni santo giorno della settimana, fra impegni di lavoro, famiglia e chi più ne ha più ne metta?
La risposta è, innanzitutto, che per allenarsi non servono le ore.
Anche un lavoratore sedentario percorre in media circa 2.000 passi al giorno: basta aggiungerne altri 8.000 per arrivare alla quota necessaria a mantenere uno stato di buona forma fisica. In totale si tratta di circa 45 minuti da dedicare ogni giorno al camminare.
Quarantacinque minuti soltanto e non è detto che debbano essere consecutivi! Il segreto sta proprio, qui, nell’imparare a “rubare” alla nostra routine il tempo per camminare.
Fino a pochi anni fa la stagione invernale rappresentava per i camminatori un periodo di riposo, in attesa delle belle giornate primaverili.
La riscoperta delle ciaspole oggi consente di programmare piacevolissime gite anche nei mesi più freddi, con il doppio vantaggio di mantenersi in allenamento e di godere la bellezza solitaria e inusuale della montagna invernale.
La preparazione necessaria per questo tipo di escursioni però non va sottovalutata! Già le condizioni ambientali dell’inverno richiedono all’escursionista un maggiore sforzo e dispendio di energie.
La presenza di neve più o meno alta, più o meno battuta, può decisamente complicare la progressione richiedendo a volte sforzi molto significativi per superare distanze e dislivelli che, in condizioni estive, risulterebbero estremamente facili.
Anche il freddo contribuisce ad aumentare l’affaticamento: per mantenere costante la temperatura, infatti, il nostro metabolismo deve bruciare molte più calorie, consumando una gran quantità di energia.
L’abitudine all’utilizzo delle ciaspole, infine, richiede un minimo di tempo di adattamento.
Il nostro corpo deve imparare e automatizzare i movimenti richiesti da questi “fagioloni” che ci attacchiamo ai piedi e che modificano la normale impostazione della camminata e la tipologia di sforzo muscolare alla quale siamo abituati.
Il consiglio, anche per gli escursionisti ben preparati, ma che non hanno esperienza di camminate invernali, è quello di cominciare la stagione con qualche uscita di ambientamento.
Un consiglio è affrontare itinerari che presentano distanze e dislivelli ben al di sotto di quello che è il proprio standard estivo, avendo così modo di “prendere le misure”, adattandosi all’ambiente, alla tecnica e alle attrezzature delle escursioni invernali.
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