Portrait of a senior man with backpack sitting next to a lake admiring the view. Mature man taking a break from his hike and looking at the view.
Siamo tutti amici della natura, attenti a non lasciare traccia del nostro passaggio, però quando scappa scappa.
E, di fronte agli impellenti bisogni della fisiologia umana, i buoni propositi ecologisti possono andare benissimo a… farsi benedire!
Alzi la mano chi non ha mai lasciato in giro per boschi, prati, ghiaioni o nevai un certo “ricordino” del proprio passaggio, magari con allegata carta igienica o fazzolettini usati.
Non bisogna mica essere così oltranzisti, ci diciamo di solito per giustificare la nostra incoerenza. È tutta roba naturale e anche la carta poi è biodegradabile, che vuoi che sia? In poche settimane anche quella traccia verrà cancellata.
Giustificazioni sacrosante, se fossimo dei trapper dispersi nell’immensità della frontiera americana.
Purtroppo, o per fortuna, siamo semplici escursionisti che camminano lungo i sentieri delle Alpi e degli Appennini, spesso frequentati ogni settimana da decine se non da centinaia di persone.
Ph.: Gettyimages/Rizky Ade Jonathan
Spesso basta guardarsi un po’ intorno e annusare l’aria per capire che i tempi naturali della decomposizione non reggono il ritmo dell’accumulo e che i nostri “ricordini” non hanno proprio un impatto così trascurabile sull’ambiente, almeno dal punto di vista estetico…
Già questo aspetto (senza entrare nel dettaglio dei rischi di contaminazione legati alla presenza delle feci) dovrebbe essere sufficiente per farci riflettere sulla sostenibilità del nostro modo di smaltire i rifiuti organicinell’ambiente outdoor, visto che in quell’ambiente ci andiamo proprio per godere della sua incontaminata bellezza!
Che fare dunque? Trattenersi dal “lasciare traccia” non è umanamente possibile e neppure consigliabile dal punto di vista della salute. Portare a casa “il souvenir” è davvero poco gestibile sotto l’aspetto logistico.
Possiamo però adottare alcune semplici strategie che consentono di ridurre l’impatto al minimo indispensabile.
Ecco il nostro vademcum per farla all’aperto ed essere felici e sostenibili:
In natura il bagno non è sempre “in fondo a destra”, come nella celebre canzone di Gaber.
Per farla all’aperto bisogna trovare il posto giusto, cercando di tenere assieme diverse esigenze. La regola aurea è quella di allontanarsi almeno 30 metri dalla traccia e 60 dai corsi d’acqua o dalle zone di campeggio.
Ph.: Gettyimages/VMStock
Questo per ridurre al minimo l’accumulo dei rifiuti a bordo sentiero, non rischiare di essere “colti sul fatto” da altri escursionisti in transito e, soprattutto, evitare rischi di contaminazione.
Ovviamente la regola va applicata cum grano salis: occorre stare molto molto attenti a dove si va quando si esce dal sentiero e, se l’orografia del luogo non è proprio delle più agevoli, state tranquilli che nessuno vi biasimerà per aver infranto la regola aurea!
Non è che se vi trovate in un bosco fitto è vietato farla, però l’azione diretta dei raggi solari agevola il processo di degradazione e rende più piacevole la “seduta”.
Se vi trovate in un bosco o in un prato, prima di “effettuare il deposito” scavate una buca profonda circa 15 centimetri e delle dimensioni adatte a “contenere il cadavere”.
Per farlo potete utilizzare un bastone o, ancora meglio, dotarvi di paletta adibita allo scopo, da portare sempre con voi nello zaino.
Ph.: Gettyimages/Ordasi Tatyjana
La profondità della buca non è casuale: una sepoltura troppo superficiale, infatti, lascerebbe trapelare l’olezzo, attirando l’attenzione di animali che potrebbero “riesumare il cadavere”.
Scavare più a fondo invece è inutile, in quanto i batteri che consentono la degradazione delle feci si concentrano nel terreno ad una profondità che solitamente non va oltre i 15 centimetri.
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È una situazione frequente in alta montagna, dove il terreno morbido è sostituito dai ghiaioni o dalle distese di neve e ghiaccio e dove le condizioni ambientali certo non favoriscono la presenza dei batteri decompositori.
In questo caso occorre mettere in atto una strategia certo poco gradevole, ma molto efficace per velocizzare lo smaltimento dei rifiuti organici.
Individuate una pietra piatta e larga, possibilmente in zona soleggiata.
Dopo aver depositato lì i vostri bisogni, provvedete a spalmarli utilizzando un bastone o una pietra più piccola.
In questo modo l’azione del sole e degli altri agenti atmosferici porterà rapidamente all’essiccazione della “torta” e alla sua dispersione.
Non è un modo per tenere viva la memoria del “caro estinto”, ma semplicemente l’abitudine più efficace per ridurre l’impatto visivo e ambientale del nostro passaggio.
È vero che, teoricamente, la carta impiega solo due settimane per completare il suo ciclo di decomposizione.
Ph.: Gettyimages/Sigena Semmling
Ma le nostre carte igieniche a doppio e triplo velo e i fazzoletti morbidi e resistenti dove mettere il naso (e non solo quello), quasi sempre sono il frutto di lavorazioni che ne allungano decisamente la vita.
Per non parlare poi delle salviette umidificate, che di cartaceo e biodegradabile hanno davvero ben poco!
Se volete essere davvero sostenibili quindi non resta che dotarvi di sacchetto da freezer a chiusura ermetica dove mettere carta e fazzoletti usati e portarli a casa con noi.
Dopo avere “depositato il malloppo” e prima di chiudere la vostra buca, è bene mescolare feci e terreno utilizzando un bastone. In questo modo si velocizza ulteriormente il processo di degradazione.
Se avete fatto tutto secondo le regole del vademecum potete ritenervi trekker sostenibili e avete di certo la coscienza pulita… forse però le mani un po’ meno!
Essenziale quindi è avere con voi del disinfettante, tipo la classica Amuchina, con cui lavarle accuratamente.
Fatto anche questo ultimo passaggio potrete finalmente riprendere il cammino, più leggeri nell’anima e nel corpo.
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