Equipment that would fit into a backpack to go out on a trail in the mountains.
A 12 anni prestai a un amichetto la mia canna da pesca, appena ricevuta in regalo per il compleanno. Una settimana dopo, visto che l’amico tardava nella riconsegna, andai a prendermela.
Una volta a casa mi venne lo scrupolo di controllare e, al posto della luccicante perfezione delle varie sezioni tubolari, trovai un caos primigenio di fibre di carbonio frantumate…
Mio padre si “complimentò” con me per l’astuzia dell’incauto prestito, le macerie della canna finirono in discarica e le mie velleità di pescatore pure. La vocazione al prestito delle attrezzature invece no!
Nonostante i mancati resi, i resi oscenamente sfregiati e i resi con pacco, ho continuato a credere nell’orgogliosa tradizione del prestito solidale, come “valore fondante” della comunità degli appassionati di outdoor.
Perché questa tradizione continui, però, è forse opportuno un contribuire con un piccolo ripasso delle 6 regole d’oro del prestito delle attrezzature:
Dalle galassie alle particelle subatomiche, tutto ha un suo posto nel mondo.
Le attrezzature outdoor stanno nel mezzo di questi due estremi, non vi dovrebbe essere difficile, pertanto, ricostruire l’organizzazione che gli aveva dato chi ve le ha prestate. In caso contrario avvisate: “Guarda che l’ho messo a posto un po’ a modo mio…”.
Così uno si può regolare e decidere, ad esempio, se preferisce sciogliere il groviglio che avete fatto sulla corda da alpinismo nella tranquillità della propria casetta, oppure direttamente alla partenza dell’escursione sul ghiacciaio, al buio e con una temperatura di 20 gradi sotto zero.
Può essere colpa vostra, ma anche no: le attrezzature da outdoor non hanno una vita facile, vengono continuamente sollecitate e stressate, si consumano e può accadere che il loro momento per “trapassare” arrivi proprio mentre le state utilizzando voi che ve le siete fatte prestare.
Chi ve le ha date è (deve essere) consapevole di ciò e non ve ne deve fare una colpa. Anzi, il suo scrupolo deve essere quello di informarvi sempre sulle condizioni del materiale che vi consegna, così come il vostro deve essere quello di riferire sullo stato in cui lo restituite.
Certo, non fa piacere dire a qualcuno che ora nel telo della sua bella tenda c’è uno squarcio di 30 centimetri, ma è meglio che riceva la ferale notizia da un amico come voi, piuttosto che scoprirlo sotto l’infuriare del temporale.
Sembra un’affermazione buttata lì a caso, ma in realtà è la rivelazione dell’essenza delle attrezzature outdoor: il loro compito è prima di tutto quello di funzionare e l’amico che ve le ha prestate lo ha fatto perché sapeva che erano in grado di assolverlo alla perfezione, altrimenti non ve le avrebbe date (sempre che di amico si tratti…).
Quindi, se le cose non funzionano o state facendo una fatica boia per montarle e utilizzarle, probabilmente siete voi che le state usando nel modo sbagliato: non cercate di forzarle, non strappate, non martellate, non piegate a forza, non tagliate a caso, non tirate pietre, ecc.
Piuttosto sedete, riflettete, leggete le istruzioni che di solito si trovano nelle sacche delle attrezzature e, se proprio non riuscite a capire qual è il rampone destro e quale il sinistro, usatelo ‘sto benedetto telefonino, che ormai prende un po’ dappertutto, e chiedete l’aiutino da casa!
Meglio ancora: prima di partire prendetevi la briga di fare qualche “esercitazione a secco” per capire come si usano quelle “robe lì” che vi hanno prestato…
La rima baciata agevola sicuramente la memorizzazione di questa regola essenziale.
Nella mia lunga esperienza di “prestatore” ne ho così visti di piccozze arrugginite, ramponi che sembrano fatti apposta per farsi venire il tetano, sacchi a pelo al profumo di muschi e licheni, tende con coltivazione di funghi e via dicendo.
L’utilizzo delle attrezzature in ambiente outdoor le espone inevitabilmente al contatto con l’umidità, quella dell’ambiente naturale (come la condensa che si forma fuori e dentro le tende) e quella prodotta dal corpo umano (i sacchi a pelo ne sanno qualcosa…).
Impacchettare immediatamente dopo l’utilizzo, buttare nel baule della macchina e lasciare lì fino al momento della restituzione al legittimo proprietario, non è il modo migliore per eliminare questa umidità.
Anzi è un’ottima strategia per stimolare la crescita delle colonie di batteri, muffe, funghi e tanti altri invadenti e maleodoranti esserini, oppure, nel caso degli attrezzi di metallo, per favorire l’ossidazione e la corrosione.
Ergo: dopo ave utilizzato le attrezzature fate il piacere di riportarvele a casa e metterle ad asciugare per almeno 24 ore. Evitare come la peste la vicinanza a caloriferi, altre fonti di calore di ogni genere ed esposizione al sole.
Insomma, l’attrezzatura l’avete usata gratis, almeno questo sbattimento ve lo potete fare!
Questa regola vale soprattutto per i “bamboccioni” che vivono con mamme rapaci, pronte a ghermire ogni genere d’indumento (sacchi a pelo compresi) che il loro figliolo disperde nell’ambiente casalingo.
Le suddette mamme solitamente temono più di ogni altra cosa gli attacchi di virus e batteri dall’ambiente esterno e sono pronte a trattare col pugno di ferro, il lavaggio a cento gradi e la centrifuga tipo acceleratore del Cern qualsiasi capo sospetto di contaminazione.
Ecco, abbiate cura di evitare che ciò accada! I capi di abbigliamento outdoor spesso debbono essere lavati con accorgimenti e attenzioni particolari per non rovinarne le caratteristiche e le performance.
Quindi, una volta asciugate, restituite le attrezzature così come sono… sarà il proprietario a decidere se e come passare alla fase di disinfestazione.
L’attrezzatura che vi siete fatti prestare di primo nome si chiama Pietro, quindi torna sempre indietro, e di secondo Giovanni… senza danni! Possibilmente in anche in tempi non geologici.
A proposito se qualcuno di voi lettori si ritrovasse a casa la mia guida delle escursioni nel cuneese, che non ricordo più a chi ho prestato, sappia che, appunto, è la MIA guida delle escursioni nel cuneese!
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