Quando succede la prima volta, è un po’ destabilizzante.
I principianti del trekking, quelli a cui lo stimolo inequivocabile capita solo in città, possono avere il riflesso di disperarsi all’idea che no, non c’è vicino un bagno pubblico o un bar dove barattare un caffè con una seduta liberatoria.
Nessun WC, nessuna “turca” all’orizzonte: solo natura, natura e natura.
Natura della quale facciamo parte anche noi e che quindi non dovrebbe spaventarci.
Tuttavia anche farla durante un trekking richiede il rispetto di alcune regole fondamentali, nell’interesse della nostra salute e di quella dell’ambiente che abbiamo il privilegio di esplorare.
Vediamo quali.
Prima regola fondamentale: non andare nel panico.
Paradossalmente sei nel luogo più adatto a farla, nel cuore della natura.
Anzi, la simbiosi con l’ambiente può rendere il tutto un’esperienza unica, quasi mistica, di totale immersione con l’ambiente che ti circonda.
Ph.: Gettyimages/BartekSzewczyk
Certamente dovrai rispettare le regole fondamentali che seguono e per farlo devi stare calmo.
Se ti lasci prendere dall’ansia non solo non godrai di una bella esperienza che merita di essere vissuta, ma potresti mettere a repentaglio la tua sicurezza, la tua salute e anche quella della natura che ti circonda.
Per una volta si può violare una delle regole fondamentali del trekking, quella che vieta di abbandonare la traccia.
Anzi si deve, perché lasciare altro tipo di tracce lungo il cammino non deporrebbe a vostro favore.
Farla sul sentiero non è mai un’opzione.
Innanzitutto perché vi esporrebbe allo sguardo di qualche sfortunato – nel vedervi – trekker, e poi perché costringerebbe chi viene dopo di voi a fare slalom non proprio memorabili.
Per questo occorre abbandonare temporaneamente la traccia.
Ma di quanto?
Almeno una trentina di metri e almeno il doppio in caso di corsi d’acqua, per evitare contaminazioni ed escludere che il bordo del sentiero diventi un accumulo di poco piacevoli rifiuti organici.
Naturalmente, uscire dal sentiero non significa gettarsi a capofitto lungo una scarpata o arrampicarsi su una roccia in stile alpinistico.
Sia perché non è proprio il momento di esagerare con gli sforzi, che potrebbero velocizzare il transito intestinale, sia perché non è il caso, nonostante tutto, di mettere a rischio la propria incolumità.
Questo è già più difficile, perché di solito un luogo assolato è meno nascosto rispetto a un bosco e quindi la privacy è meno protetta.
Tuttavia, trovare una piccola e intima radura è molto meglio.
Sia perché il sole farà degradare più rapidamente il vostro “deposito”, sia per la piacevolezza dell’esperienza.
Sui metodi per pulirsi dopo avere evacuato ci sono diverse scuole di pensiero.
Si va dai tradizionalisti delle foglie grandi o del muschio a chi non fa un trekking senza salviettine o carte igieniche “speciali”.
Ph.: Gettyimages/Eugenedev
I più coraggiosi utilizzano pietre o addirittura rami e bastoncini di legno.
Di recente sono stati prodotti veri e propri bidet per il trekking, che garantiscono probabilmente la soluzione più igienica per la pelle e anche più rispettosa della natura.
Il più famoso bidet per il trekking è Culoclean, una idea semplice e geniale creata da una start up spagnola con crowdfunding e di cui potete leggere più approfonditamente in questo articolo.
E’ fatta: avete trovato il luogo più o meno ideale per la seduta, vi siete liberati dell’insopportabile peso magari baciati dal sole, e vi siete anche puliti.
Ora siete in pace con il mondo, freschi e in piena armonia con la natura.
Però ricordatevi che no, l’opera non è finita.
E’ vero, non siete sul sentiero, ma bisogna ancora nascondere il “cadavere”.
Ricordate che le feci possono essere strumento di trasmissione di infezioni, a maggior ragione per la fauna selvatica.
Per prima cosa occorre scavare una buca di diametro tale da contenere il vostro “souvenir” e di profondità pari a circa 15-20 cm.
La profondità non è casuale.
Con un buco poco profondo l’olezzo del vostro “lascito” attirerebbe gli animali, mentre scendere troppo sotto la superficie sarebbe inutile: gran parte dei batteri che fanno degradare le feci, infatti, vivono entro quella profondità.
Un bastone o un’apposita paletta vi aiuteranno nel compito di scavare la buca.
Vi consigliamo di dare una bella rimestata per amalgamare feci e terreno, prima di chiudere la buca: quest’ultimo tocco da maestro faciliterà la decomposizione.
Non sempre ci si trova su terreni che consentano di scavare.
In alta montagna, ad esempio, la normalità è il terreno roccioso, ghiaioso o coperto da neve.
Il consiglio degli esperti in questo caso è di trovare una pietra con faccia piatta e larga esposta ai raggi solari.
Ph.: Gettyimages/Zoran Zeremski
Quella pietra sarà il vostro WC d’alta quota.
Una volta espletati i vostri doveri, vi basterà prendere un bastone e spalmare accuratamente i vostri bisogni sulla pietra, in modo da formare uno strato omogeneo e sottile.
I raggi del sole penseranno al resto, facendo degradare poco a poco il vostro “deposito”.
Voi potrete tornare a camminare sul sentiero, leggeri e sereni, consapevoli di essere pienamente parte della natura che vi circonda.
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