Wonderful view from Bova Superiore in Calabria with dry flowers on the foreground
Questo meraviglioso spazio di verde nel cuore della Calabria nasce poco più di quarant’anni fa, nel 1989, con una finalità: tutelare e salvaguardare i territori della sezione aspromontana dell’ex Parco Nazionale della Calabria, aperto fino al 2002.
Il territorio del Parco è situato all’interno della provincia di Reggio Calabria e prende il nome dall’omonimo Massiccio dell’Aspromonte che, in ogni caso, ha un significato ben preciso: “montagna bianca”.
Il nome “Aspromonte” fu conferito, infatti, da alcune popolazioni greche della costa ionica che furono affascinati dalle candide formazioni montuose del territorio.
La parola “aspro” in dialetto greco significava “bianco” e fu affibbiata al massiccio calabrese perché questo colore ricordava e ricorda le aride pareti calcaree del suo versante meridionale.
Quest’ultimo, secondo la leggenda, doveva essere apparso ai primi coloni greci che lo avvistarono mentre stavano navigando in mezzo allo Ionio.
Ph.: Gettyimages/FotoGablitz
L’influenza che la cultura greca ebbe in questo territorio non è certamente da sottovalutare.
Tutt’oggi, i borghi più meridionali d’Italia si costituiscono come una sorta di roccaforte grecanica in cui si parla ancora un dialetto derivante dal greco antico.
Tra questo borghi ellenofoni vi sono: Bova, Gallicianò e Roghudi. La cosa più sorprendente è che la loro lingua riuscì a sopravvivere persino alla latinizzazione romana.
Il Parco dell’Aspromonte gode di una varietà immensa di specie animali: si pensi al lupo, al drimio o allo scoiattolo dalla pelliccia nera.
Ma anche e, soprattutto, vegetali: l’infinita varietà di variabili climatiche ha portato alla comparsa di ben 1500 specie.
Ph.: Gettyimages/nata_rass
Insomma, si tratta di un paradiso geologico davvero unico.
Grandi “piani” si alternano a scarpate ripidissime, lunghe e immense fiumare da sud a ovest, frane giganti, terrazze marine e affioramenti.
E poi ancora canyons, guglie calcaree ed enormi monoliti.
Tra questi, non si può non menzionare il suggestivo monolite di Pietra Cappa, il più alto d’Europa che porta con sé storie e leggende secolari.
Le zone collinari orientali e meridionali del massiccio si distinguono dal resto dell’Aspromonte per la presenza di veri e propri monumenti di roccia dalle forme più bizzarre.
Basti pensare all’enorme testone semisepolto di Pietra Cappa, al tridente dei Tre Pizzi di Ciminà, ai corrugamenti delle Rocche di San Pietro e di Aria di Vento, ai pinnacoli di Pietra Castello e alla schiena di drago a cinque creste del Monte Pinticudi.
Dal Casello Forestale di San Giorgio si gode di una magnifica vista sull’imponente testone semisepolto di Pietra Cappa che ricorda certi paesaggi della Cappadocia.
Proprio in direzione della grande rupe si stacca un sentiero che si inoltra nella vegetazione arbustiva costellata di querce.
Il sentiero compie un giro sul versante sinistro della valletta che separa il Casello dalla rupe e raggiunge il crinale sul quale si trova proprio quest’ultima.
Una volta sul crinale, piegandosi sul lato destro, si potrà raggiungere la base della grande “pietra”.
Di lì si può compiere un parziale periplo sul lato anteriore ammirando vari scorci della rupe, tra cui un curioso anfratto simile a una grotta, prodotto dal crollo di un grande masso.
Chi ha esperienza di arrampicata potrà salire sulla tonda, larga e pianeggiante cima della pietra dal retro, per un diedro, dove un tempo i pastori incastravano, come aiuto, delle pertiche.
Chi avrà la ventura di arrivare fin lassù troverà una sorpresa, persino in un luogo praticamente inaccessibile, ovvero i resti di un romitaggio bizantino.
Se siete in cerca di ulteriori informazioni potete consultare il sito ufficiale dell’ente
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