Cervialto, il principe dei Picentini
L’Appennino, da sempre, ha avuto un ruolo unico nel territorio e nel vissuto storico: luoghi di lavoro duro, paziente, avaro; riparo e ricovero per gli armenti, nascondiglio per i briganti. Antiche vie collegano valichi d’importanza strategica, evidenziando scorci paesistici dalla costa verso l’interno
Attraversare queste zone poste nella dorsale appenninica campana significa vivere continue emozioni che si alternano a stati d’animo, momenti di stupore e meraviglia cheper incanto offrono isolati borghi montani tra i profumi e i colori della splendida natura mediterranea.
Questi itinerari lasciano scoprire le meravigliose bellezze offerte dall’Appennino Campano, in cui spiccano le catene montuose dei monti Picentini e dei monti del Cilento.
Luoghi in cui sono ancora possibili trovare i sottili e intensi legami fra le attività tradizionali cosiddette povere, risalenti a culture millenarie, e quell’innato senso di conservazione volto a tutelare l’ambiente in cui si vive, si opera, si lavora.
Restano ancora vivi i segni di quell’isolamento ultrasecolare che ha portato al consolidarsi di usi e di costumi che, ancora oggi, costituiscono quel prezioso patrimonio di cultura popolare che contraddistingue l’Appennino meridionale.
I particolari dialetti, gli arcaici strumenti da lavoro e gli incomprensibili rituali di una tradizione contadina che si perdono nelle memorie del tempo.
Il Cervialto, montagna che si fa notare per il suo aspetto maestoso, è la più alta vetta dei Picentini.
Dalla sua cima si godono paesaggi che si perdono oltre l’orizzonte, le sue faggete tra le più belle del Mezzogiorno rinnovano l’abito naturale nel susseguirsi delle stagioni.
Camminando attraverso questi boschi il fruscio del vento regala emozioni altrove impensabili.
Baluardo orientale dell’altopiano carsico del Laceno, così ricco nella sua immensa mole calcarea, poggia la sua cima su un ampio manto boscoso, intervallato da conche prative di natura carsica e caratterizzato dalla faggeta che qui, più che altrove, assume dimensioni davvero uniche, con fusti che sembrano essere le colonne di una cattedrale nel verde.
L’itinerario: il Cervialto, principe dei Picentini
Dal colle del Leone (m 1192) si sale per una sterrata attraverso i tornanti della vecchia strada. L’itinerario attraversa grandi faggete, le più estese di tutto il Sud. Sotto di noi s’aprono i pianori del Leone (m 1128), dei Vaccari (m 1182) e Acernese (m 1168), dove ancora pascolano cavalli in piena libertà.
Là dove le ultime querce cedono il passo alle faggete, si alternano conifere e macchie di bosco ceduo. Alle Coste di Filicecchio, in prossimità di un bivio (m 1626) si evita la pista a destra, fino a un vicino terrazzino prativo.
In quota il faggio regna solenne, accompagnato da sporadici nuclei di abete bianco, remota testimonianza di un passato dal clima più fresco, fino ad assumere un portamento basso e contorto dalla sagoma serpentiforme; le sue inclinazioni seguono i declivi dei profili adattandosi ai venti freddi che spazzano le cime più esposte.
Il sottobosco è cosparso di rovi e felci che crescono lungo il bordo della pista alternandosi ai faggi nani. Anticamente su questa montagna c’erano i cervi, da cui il nome; mentre oggi rara è la presenza di animali; solo volpi, qualche talpa, rapaci alle quote più elevate e vipere nelle zone umide e sassose.
In prossimità di un faggio (m 1652) si prende a destra, direzione nord, su un costone brullo che porta finalmente in cima (m 1804) alla prima vetta del Cervialto dove si incontra una cabina radio, mentre poco più a nord, dopo aver attraversato una conca ricoperta di falasca, si raggiunge la seconda vetta (m 1809), un po’ più alta e sormontata da un punto trigonometrico.
Le copiose nevicate garantiscono acqua alle sorgenti di fondovalle mentre i panorami spaziano su tutta la dorsale appenninica del sud.
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