San Pietro al Monte Basilica in the prealps of Lake Como
Raggiungere il monastero benedettino di San Pietro al Monte, a una cinquantina di chilometri da Milano e pochissimi da Lecco, è quasi come fare un viaggio a ritroso in epoche antiche, per scoprire fra i boschi di castagno, uno degli esempi più splendidi dell’arte romanica in Lombardia.
Non fu certo lo stress della frenetica vita cittadina a portare i monaci benedettini sui pendii dei monti di Civate.
Visto che le pianure nell’IX secolo dopo Cristo erano un luogo poco raccomandabile per chi non aveva troppa dimestichezza con spadoni e alabarde, la loro fuga dalla città ebbe probabilmente motivazioni meno “spirituali” e più pratiche di quelle che animano gli escursionisti d’oggi.
Ph.: Gettyimages/cre250
Nello stabilire la propria dimora, però, i religiosi non badarono solo alle necessità della sicurezza, ma anche a quelle dell’estetica.
Insomma, avendo a disposizione un’intera montagna dove erigere la propria casa perché non scegliere il luogo più bello, quello esposto a sud, celato agli sguardi indiscreti dai boschi che scendono fino a valle.
É però abbastanza elevato e panoramico da poter contemplare in tutta la loro bellezza la grande pianura e gli specchi azzurri dei laghi briantei, riuscendo così tenere sott’occhio l’arrivo di eventuali ospiti indesiderati?
Da questa felice intuizione, e dal connubio fra lo splendore della natura e l’arte degli uomini, nacque e si sviluppò nei secoli quello che è probabilmente uno dei più bei monasteri romanici della Lombardia.
Da qualche centinaio d’anni i monaci se ne sono andati, scomparsi assieme ai pericoli che li spinsero fin sulla montagna.
Oggi non ci sono più invasori e briganti a scorrazzare per la pianura, eppure San Pietro al Monte continua a resistere nel suo ostinato isolamento.
Ad insidiare senza successo la tranquillità delle vecchie pietre e dei castagni ora sono case e fabbriche della “megalopoli padana”, che ribolle qualche centinaio di metri più in basso, ma sempre a rispettosa distanza.
La città è vicina e, fino ai piedi della montagna, impone le sue regole accelerate e asfittiche di tempo e spazio.
Chi viene da Milano può raggiungere in fretta Civate sulla superstrada 36, da qui, seguendo le indicazioni per il monastero, si percorrono le vie del paese, strette fra condomini e capannoni che si inerpicano testardi fin sui pendii più ripidi.
Quando però si scende dall’auto presso il rione Pozzo lo spazio riprende ad espandersi e il tempo rallenta, o forse si muove in senso opposto a quello solito…
La vista, infatti, torna a spaziare sull’intera pianura e, camminando fra le case della vecchia frazione, i muri si fanno spessi, sbrecciati, i segni del nuovo millennio e del ‘900 sempre più radi.
La conca prativa della Val dell’Oro non ha storia. Chi l’attraversa oggi guarda le stesse cose che probabilmente videro i primi monaci che salirono quassù e generazioni di contadini dopo di loro.
Anche la mulattiera che s’imbocca al limitare del bosco è lenta.
Sale ripida e faticosa, lasciando tutto il tempo per riflettere sul lavoro paziente delle mani che l’anno costruita e aggiustata nei secoli passati.
C’è poco più di un’ora d’orologio fra il parcheggio dell’auto e il pianoro dove sorge il monastero, eppure quando, dopo l’ultima svolta del sentiero, appare la piccola costruzione in pietra dell’oratorio di San Benedetto, si può per un attimo covare l’illusione che, salendo lungo i vecchi gradini, siano state intere epoche a volare all’indietro.
Poi compare la chiesa vera e propria, col suo ampio scalone d’accesso e il curioso portico semicircolare tutt’intorno, frutto di un ingegnoso adattamento regole architettoniche della pianura alle bizzarrie di terreni ben più accidentati.
Qui il contrasto fra la bellezza delle opere dell’uomo e quella della natura diventa quasi imbarazzante: lo sguardo è continuamente rimbalzato fra l’armonia delle antiche pietre e quella dei panorami d’intorno.
Viene quasi paura di non riuscire a cogliere a pieno le sensazioni che questi luoghi sanno regalare.
Occorre rallentare ancora un po’, fermarsi sugli scaloni o nella penombra del portico, spiare fra le bifore, sentire il fresco della pietra sotto le mani.
Rallentare: non è forse questa una delle ragioni che ci ha portato fin qui?
Attenzione però, per “fermare il tempo” occorre cogliere l’attimo! Bisogna scegliere il momento giusto per venire fin quassù. E non è quello degli affollati fine settimana d’agosto.
Prendetevi invece un pomeriggio di primavera o d’autunno, oppure una sera estiva, di quelle in cui il sole che tramonta sulla pianura lascia posto alla luna piena.
Non ditelo a nessuno poi, ma da queste parti, attraverso la nebbia delle domeniche uggiose e fredde di fine novembre anche un escursionista solitario, intabarrato nella sua mantella, può trasformarsi in un vecchio monaco orante, coperto dal saio di San Benedetto.
Dal parcheggio dove si lascia l’auto e si segue la freccia che indica la direzione per il monastero di San Pietro. Salendo una breve gradinata si percorre il vicolo che conduce verso Via del Pozzo.
Giunti presso una cappelletta si prende a sinistra, seguendo sempre le indicazioni per il monastero.
Lasciando a sinistra Via Borgonuovo proseguiamo in salita fino all’incrocio con Via del Rii, che lasciamo alla nostra destra per proseguire diritto in leggera salita, su una stradina cementata che conduce alla frazione Pozzo, posta in bella posizione panoramica.
Si attraversa la frazione seguendo poi la strada che conduce verso destra e porta in piano al bivio nei pressi di una cabina Enel.
Qui gli evidenti segnavia indicano verso destra la direzione per San Pietro al Monte, il Rifugio Consiglieri e il Monte Cornizzolo.
Si prosegue per un tratto in piano attraverso i campi, su una bella mulattiera, fino a un bivio dove si prosegue dritti, seguendo le indicazioni per il sentiero nr 10 e, in leggera pendenza, si giunge alla Frazione Oro.
Poco prima dell’abitato si trova un incrocio dove occorre proseguire ancora dritti, seguendo le indicazioni per San Pietro. Da qui seguiamo la mulattiera con il fondo di sassi e cemento, che sale con pendenza gradualmente maggiore.
Ph.: Gettyimages/brambillasimone
Proseguiamo ignorando un paio di sentieri che si staccano dalla mulattiera e, dopo aver superato una casa e una teleferica, giungiamo a un bivio dove si prende a sinistra per un breve tratto in piano e poi cominciando a salire con pendenze anche ripide fino a una fontana.
La mulattiera continua a salire nel bosco con diversi tornanti, conducendo finalmente al cartello che da il benvenuto a San Pietro. Passando sotto un arco con la scritta: Ora et Labora si viene accolti dall’oratorio di San Benedetto e poi dal magnifico edificio dell’abbazia di San Pietro.
Il sito dell’Associazione che si dedica alla conservazione dell’Abbazia, con tutte le informazioni utili
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