Dalla Torre di San Teodoro, sin dal 1200 posta a guardia di una tonnara, inizia la traversata di un breve braccio di mare – il cui fondale non supera i 30 centimetri – fino a raggiungere la stretta lingua di terra, lunga 5 chilometri e larga qualche centinaio di metri.
L’isola è frutto dell’unione di tre isolotti collegati nel corso degli ultimi secoli dall’impianto delle saline, l’oro bianco di questa terra flagellata dai venti.
Il percorso di snoda lungo la strada che attraversa tutta l’isola da Nord a Sud, fra le regolari geometrie delle saline, campi incolti, piccoli boschetti e pantani.
Ovunque la fanno da padrone le numerose specie di uccelli che qui svernano o nidificano: aironi, garzette, anatre, limicoli, cavalieri d’Italia e un numero impressionante di fenicotteri.
Gli antichi caseggiati, le torri e i mulini, molti dei quali abbandonati, ci indicano quale intenso lavoro l’uomo ha sviluppato nei secoli su questa lingua di terra sospesa in mezzo al mare.