Genova: la via dell’Acquedotto Storico

20 marzo 2019 - 20:05

È un percorso che ha per tema l’acqua, e non per via del torrente che scorre in basso a breve distanza. Qui si parla di acqua potabile, acqua da bere.

Genova è unacittà di mare e ciò significa che ha tanta acqua a disposizione. Per viaggiare, per pescare, ma certo non per bere. E i torrenti che scorrono accanto o dentro la città certo non sono mai stati molto “potabili” nel tratto urbano del loro corso. Le sorgenti presenti in città, come le Fontane Marose erano soggette a cali di portata e a forti siccità – celebre quella del 1428 citata dall’annalista Agostino Giustiniani.

Quindi i genovesi hanno sempre dovuto andare a cercarsi l’acqua potabile altrove, nelle colline a monte della città. Storicamente, dall’epoca romana sino al XX secolo quando l’offerta si è un po’ diversificata, è sempre stata la val Bisagno la principale fornitrice di acqua potabile per Genova.

Di questa bimillenaria funzione idrica della valle rimangono evidenti e interessanti testimonianze non solo in documenti, carte e disegni ma soprattutto in “monumenti”. Anzi, in un monumento, un unico lunghissimo monumento, ovvero l’acquedotto storico; “l’antica strada dell’acqua”.

Il primo acquedotto fu costruito dai romani sul versante destro del Bisagno, pare intorno al 200 a.C. nel corso della ricostruzione della città seguita al saccheggio operato dai cartaginesi del generale Magone nel 205 a.C. durante la seconda guerra punica; ma di questa prima struttura non rimangono che minime tracce.

Dal Medioevo in poi, man mano che la città cresceva, aumentava il fabbisogno d’acqua e l’acquedotto cresceva, aumentando le prese nelle varie vallette che affluiscono nel Bisagno e allungando il percorso sempre più a monte.

Nell’XI secolo risaliva il rio Veilino alle spalle del cimitero di Staglieno – alcuni resti sono visibili lungo lo svincolo autostradale di Genova Est – e maggiori prolungamenti furono costruiti tra XIV e XVIII secolo nella media val Bisagno fin oltre Struppa, con ponti-canali e nuove prese d’acqua.

Se alcuni tratti secondari nelle vallette laterali risultavano troppo danneggiati o diventavano meno necessari, venivano sostituiti da grandiosi ponti-sifone che accorciavano il percorso: quello sul rio Geirato, a Molassana, fu costruito nel 1777: ha quattordici arcate per 640 metri di lunghezza, è un capolavoro dell’ingegneria idraulica dell’epoca che attirò l’attenzione degli ingegneri di tutt’Europa. Il ponte-sifone sul Veilino risale al 1842.

Giunto presso le Mura Nuove seicentesche, l’acquedotto lasciava la val Bisagno e si avvicinava al centro urbano (che sino ai primi decenni dell’Ottocento corrispondeva all’attuale centro storico) lungo l’attuale Via Burlando (di fronte allo stadio di Marassi) e da Piazza Manin seguiva l’attuale Circonvallazione a Monte, sugli 80 metri di quota, dove lungo i marciapiedi ne rimangono tratti ben distinguibili, con arcate e alcuni piccoli ponti, ed esistono il Passo dell’Acquidotto e la Salita dell’Acquidotto che lo ricordano anche nel nome. Lungo l’attuale Circonvallazione a Monte, dalla conduttura principale si diramavano alcuni bracci che portavano l’acqua verso la sottostante città, le sue fontane e il porto.

L’acquedotto funzionò a pieno regime sino a metà Ottocento, poi venne gradualmente sostituito dai nuovi impianti che prendono l’acqua più lontano, da sorgenti e da laghi artificiali nelle valli del versante padano. Nel 1917 fu decretata la non potabilità delle sue acque, ma fino al 1951 esse arrivavano in vico Lavatoi al Molo.

Oggi molti tratti sono andati distrutti per il normale degrado dovuto al trascorrere del tempo e per l’espansione urbana della città sulle pendici della val Bisagno, ma molti lunghi tratti rimangono più o meno ben conservati e sono diventati un piacevolissimo percorso pedonale che offre la possibilità di osservare una parte di Genova normalmente invisibile a chi si muove lungo le strade “normali”.

Genova è una città di non piccole dimensioni, è la sesta città d’Italia per numero di abitanti, ma conserva – anche grazie alla sua orografia complicata – moltissimi affascinanti angoli dove la natura la fa da padrona e la presenza dei manufatti umani è rara e discreta. E questi angoli naturali, anche di estese dimensioni, sono tutti a immediata portata di mano e di piedi, per raggiungerli basta un autobus.

Molte altre cose si potrebbero dire sull’acquedotto storico di Genova ma non è questa la sede per scendere in dettagli storici, architettonici, idraulici; per chi fosse interessato alla faccenda ci sono due ottimi libri sull’argomento: L’antica strada dell’acqua di Paolo Stringa, Sagep Libri & Comunicazione, Genova 2004; L’Acquedotto storico di Genova, di Luciano Rosselli, Nuova Editrice Genovese, Genova 2009.

Rosselli è anche l’autore del sito web dedicato all’acquedotto ricco di belle foto e di interessanti notizie, soprattutto per i tratti di acquedotto che entrano in città www.acquedottogenova.altervista.org.

Descrizione dettagliata dell’itinerario

L’itinerario inizia nel borgo di Cavassolo, in versante destro dell’ancora giovane torrente Bisagno, e sale lungo una breve, ripida e zigzagante mulattiera (o per meglio dire, una creusa) al ponte-canale che dal borgo prende il nome; lo si percorre e si procede oltre i mulini di Salita Piloni sul tracciato pianeggiante dell’acquedotto, superando alcune case.

Nel mentre si incontra e si supera il piccolo tubo che porta l’acqua del Rio Nasci, uno dei tanti piccoli torrenti che incontreremo lungo il percorso. Giunti al diruto oratorio di San Rocco, suggestivo nonostante le pessime condizioni in cui versa, si scende a destra sull’asfalto per aggirare gli impianti dell’acquedotto moderno dell’AMGA, poi si sale verso destra, lungo il “Passaggio pubblico per San Cosimo”, ritrovando dopo poche decine di metri il tracciato dell’acquedotto storico in Via ai Filtri, dove un piccolo ponte oltrepassa il fossato del rio di Prato.

Procedendo sull’asfalto, si lascia a destra l’ingresso di monte della Galleria della Rovinata, che fu costruita per superare senza troppi danni un tratto di collina spesso soggetta a frane, e dopo un centinaio di metri si scorge sotto la strada, a sinistra, l’ingresso di valle della stessa galleria, chiuso e recintato.

Una brevissima discesa – un po’ scivolosa – fra i rovi del pendio erboso sulla sinistra della strada porta sul percorso dell’acquedotto a valle della galleria, e si procede fra orti e casette, sino a incrociare la Salita Inferiore alla Chiesa di San Cosimo.

Si attraversa Via Trossarelli percorsa dagli autobus che salgono a San Cosimo di Stuppa e si continua incrociando poi le creuse di Via dei Noceti e Salita Gambonia. Il percorso prosegue col nome di Via Inferiore Gambonia, mente l’acquedotto corre sotterraneo nella Galleria Gambonia; quando torna in superficie prende il nome di Via Giovanni Aicardi.

Si passa accanto ad alcuni filtri destinati al controllo della purezza dell’acqua, si superano i mulini del Rio Torbido realizzati nell’Ottocento per le popolazioni della valle, e si oltrepassa la vasta e selvaggia valle del Rio Torbido con un maestoso ponte-canale.

Il percorso continua facile fra boscaglie, orti, giardini e case rurali, coi nomi di Via Aicardi, poi di Salita Cà Bianca (bella la Cà Bianca di stile nobilmente primo novecentesco). Si arriva poi a superare alcuni antichi lavatoi, in basso rispetto al percorso, e a incrociare Via di Creto, la provinciale che sale al paesino di Creto per poi svalicare in alta Valle Scrivia.

Attraversata la strada ci si dirige lungo via Araone da Struppa dove il percorso pavimentato a lastroni aggira il cimitero di Struppa, passa un breve ponte-canale e continua fra alberi e prati radi, assumendo poi il nome di Via Roccatagliata.

Si incrociano altri piccoli ponti-canali e molte creuse che salendo dal fondovalle tagliano perpendicolarmente il tracciato per salire ai crinali. Una di queste antiche mulattiere extraurbane ha il significativo nome di Salita dei Muli, che per secoli furono i veri protagonisti del commercio genovese via terra.

Si procede in un gradevole paesaggio agreste e boschereccio con i rumori della città in sottofondo, che paiono un po’ fuori luogo in questo contesto, ma in fondo non disturbano il cinguettio degli uccelli del bosco né il passo silenzioso degli escursionisti o degli abitanti della zona che tornano a casa o si concedono quattro passi nel verde per distrarsi dalle fatiche della giornata.

Superata, aggirandola, la piccola galleria del Rio Coverciano, si giunge quindi alle case del nucleo originario dell’ex-borgo, ora quartiere, di Molassana; qui, in Via delle Brughe, sotto l’oratorio di San Giovanni Battista, l’acquedotto piega a sinistra e attraverso un casotto si tuffa nel grandioso ponte-sifone che scavalca la valle del Rio Geirato.

Però il ponte-sifone è normalmente chiuso al transito e per accedervi occorre rivolgersi a un’associazione locale; suggeriamo quindi di proseguire brevemente lungo Via delle Brughe sul tracciato del ramo antico dell’acquedotto che aggirava la valle del Geirato sino al 1777; giunti sulla trafficata Via San Felice, si prenda il bus 477 in direzione valle, si scenda in Via Molassana e si salga sul 12, 13 o 14 verso il centro città sino al cimitero monumentale di Staglieno, la cui visita può occupare anche un paio d’ore.