A Firà, incamminandoci lungo via S. Marinatou, convergiamo sulla “strada di Ghialòs” che, serpeggiando in ripida discesa, scende nel terribile dirupo che circonda la bella baia di Mesa Ghialòs. Alle nostre spalle le pareti, di origine vulcanica, diventano sempre più alte.
Giunti al porticciolo turistico dopo ben 588 gradini, ci imbarchiamo sul caicco che, allontanandosi dall’inquietante baratro, ci regala l’immagine della Caldera con il suo “tetto bianco” fatto di case di Firà. Sotto di noi ci saranno 300 metri di abisso.
Approdati a Nea Kameni, calchiamo la lava nera, nerissima, partorita dalla bocca di fuoco nell’ultima eruzione, quella del 1925.
Di ritorno dalla visita al cratere (1 ora) si riprende la navigazione, diretti ad una stretta insenatura dal colore poco invitante (ruggine, giallo, verde) per la presenza di sorgenti d’acqua sulfurea, grazie alle quali però possiamo tuffarci dal caicco in un mare dalla temperatura molto elevata.
L’imbarcazione riprende la rotta, diretto a Thirassia, dove ci attende un simpatico siparietto: la passeggiata a dorso di somaro, lungo i 142 gradini che ci separano dal paese e da una delle tipiche taverne di quest’isola (è ora di pranzo!) quasi dimenticata, che vive all’ombra di Santorini. Ma forse proprio per questo ancora più bella.
Al ritorno si lambisce l’isola di Apano Merià, con le baie di Ammoudi e di Armeni, si costeggia la parete nord occidentale della Caldera, approdando infine al porticiolo di Mesa Ghialòs.
Abbandonata l’imbarcazione ci rimettiamo alla “cavalleria di asinelli” che, in barba alla funivia, ci accompagna a Firà, regalandoci uno degli attimi più pittoreschi di questa splendida isola.