Roma, in bicicletta alla Tenuta del Cavaliere: la natura alle porte della città

Pedaliamo a due passi da Roma: esploriamo in bicicletta il paesaggio dell'Aniene con le sue antiche leggende, la natura della Tenuta del Cavaliere e scopriamo la storia intrigante del Castello di Lunghezza.

29 settembre 2021 - 11:30

Tenuta del Cavaliere: pedalare nella natura a due passi da Roma

Seconda azienda agricola del Comune di Roma per estensione, la Tenuta del Cavaliere lambisce le anse dell’Aniene poco fuori dalle ultime aree abitate a est della città, tra le vie Tiburtina e Collatina.

L’itinerario che presentiamo permette di usare il treno per l’avvicinamento, grazie alla presenza della stazione di Lunghezza posta lungo la linea regionale Roma-Sulmona.

I treni partono dalle Stazioni Termini o Tiburtina di Roma e permettono di portare le biciclette al seguito.

Se si percorre questo itinerario in gruppi numerosi, si consiglia di avvertire della propria presenza il personale della Tenuta (all’interno degli uffici, al vecchio Casale), a causa della possibile presenza di mezzi agricoli in manovra all’interno dei terreni coltivati.

Dalla stazione, si procede in direzione nord su via di Lunghezza per girare poi a sinistra su via della Tenuta del Cavaliere. Scavalcata la ferrovia, la strada compie un’ampia curva a destra, di fronte al ben visibile Castello di Lunghezza.

Esso ospita ora Il fantastico mondo del fantastico, una specie di parco a tema dove compagnie di attori fanno spettacoli con i personaggi dei cartoni animati più famosi.

 

Il Castello di Lunghezza: un patrimonio storico e naturalistico

Le origini del Castello di Lunghezza, guardiano con il Casale del Cavaliere di questo tratto di Aniene, si perdono nell’età del Paleolitico e in quella del Bronzo, di cui sono trovate tracce di insediamenti umani.

Su di essi sorse poi l’antica città romana di Collatia, alla quale sono legati gli avvenimenti che portarono alla cacciata da Roma di Tarquinio il Superbo da parte di Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino e all’avvento della Repubblica.

Nei secoli successivi furono molti i rifacimenti e passaggi di mano tra le famiglie nobili.

Dall’Abbazia di Farfa che ne viene in possesso nel 752 a.C. e lo trasforma in monastero fortificato a quella di San Paolo Fuori Le Mura, fino ai Conti, gli Orsini, i Medici, gli Strozzi.

Infine, grandi cambiamenti lo trasformarono in elegante dimora nobiliare.

 

Axel Munthe: lo svedese con la passione per Capri e il Castello di Lunghezza

Ma pochi sanno che tra i frequentatori di questo castello si annovera Axel Munthe, scrittore e psichiatra svedese.

Formatosi come medico e psichiatra tra Uppsala, Montpellier e Parigi, esercitò la sua professione in Francia ed in Italia, paese che amò sempre molto.

Fu a Napoli per curare i malati durante l’epidemia di colera nel 1884 (narrò l’esperienza in “Lettere da una città dolente”) ed a Messina in occasione del terremoto del 1908.

Ma la sua passione rimase l’isola di Capri, vista per la prima volta a 18 anni e dove visse negli ultimi anni della sua vita, scrivendo le sue esperienze in La storia di San Michele.

Fu anche un animalista ante-litteram, che lasciò una cospicua somma destinata alla creazione di una fondazione che si adoperasse per eliminare l’impiego degli animali nei circhi equestri ed i giardini zoologici.

Lo scrittore svedese venne a contatto con il castello di Lunghezza nel 1881, quando trasformò l’ala medioevale di esso in una clinica per convalescenti, con l’aiuto della sorella dell’ultimo proprietario, Piero Strozzi.

Axel Munthe sposò in seguito una nobildonna scozzese, Hilda Pennington Mellor, che dal padre ebbe in dono l’intero castello di Lunghezza.

La coppia visse qui fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, e il castello divenne poco dopo sede del Comando Generale dell’esercito tedesco.

 

Riprendiamo a pedalare: alla scoperta della Tenuta del Cavaliere

Si prosegue sempre lungo via della Tenuta del Cavaliere passando sopra l’Aniene e percorrendo un’altra grande curva a sinistra.

Qui si costeggia il Centro Agroalimentare fino al numero 102 di via della Tenuta del Cavaliere, ingresso della Tenuta (cartelli segnaletici).

Qui la strada (ora denominata via del Casale del Cavaliere sulle mappe) si fa sterrata o parzialmente asfaltata e sale fino all’antico casale e alle altre abitazioni rurali costruite intorno ad esso.

Proseguendo in direzione sud, lungo una strada sterrata fiancheggiata da alberi, si giunge alla fine della pista.

Essa diventa ora sentiero e costeggia una zona alberata facendo un paio di curve fino alle rive dell’Aniene.

Qui capita spesso di vedere gruppi intenti a discendere il fiume con canoe o canotti da rafting.

Il sentiero prosegue poi lungo questa zona alberata e si allontana per un breve tratto dal fiume per poi ricongiungersi con esso alla successiva ansa.

Il ritorno avviene per la stessa strada.

 

L’Aniene: l’ambiente naturalistico

L’Aniene, dalla lunghezza di 99 km, è, dopo il Nera, il secondo principale affluente di sinistra del Tevere.

Nasce sui Monti Simbruini, al confine tra Lazio e Abruzzo, nei due diversi tronconi di Aniene propriamente detto e Simbrivio, che si uniscono poco dopo formando le cascate di Trevi.

Nel successivo tratto scorre tra pareti molto strette ed incassate fino a gettarsi nella pianura romana con lo spettacolare salto (160 mt.) delle cascate di Tivoli.

Da qui in poi, il corso d’acqua si placa in morbide anse fino a gettarsi nel Tevere alla periferia di Roma, nel quartiere di Prati Fiscali..

 

Le leggende del fiume antico

All’Aniene sono legate antiche leggende, dalle quali prende il nome.

Secondo una di esse, Catillo, un ragazzo originario dell’Arcadia, figlio di Anfiarao e successivamente padre di Tiburti, Coras e Catillo jr (che saranno poi i leggendari fondatori di Tivoli) rapì la figlia di Anio, di cui si era invaghito, portandola in cima ad un monte vicino dove tentò di approfittare di lei.

Il padre, vista la scena, tentò di guadare il fiume per impedire lo stupro ma fu trascinato via dalle acque impietose, trovando la morte.

Catillo e la ragazza, ancora sul monte, vennero poi attirati da un bagliore: era lo spirito di Anio, che portò via la figlia e condannò il giovane a restare intrappolato per sempre sul monte che da quel giorno prese il suo nome, mentre il fiume venne chiamato Aniene.

Secondo un’altra versione, riferita anche da Plutarco, il fiume si chiamava Parensio, mentre Anio era il re degli etruschi ed aveva una figlia molto bella, Salea.

Un giorno, Salea venne rapita da Cateto, capitano delle guardie di Anio.

Anio, geloso, radunò un drappello di uomini e corse all’inseguimento del rapitore.

Il piccolo esercito giunse sulle rive del Parensio; era notte, ed un temporale ne gonfiava a dismisura le acque. Anio, incurante del pericolo e dei consigli di attendere l’alba, spronò il suo cavallo ad affrontare la corrente, ma entrambi scomparvero tra i flutti.

Da allora, quando il cielo si copre di nubi e gli elementi si scatenano, pare che sulle rive dell’Aniene si senta ancora il lamento di Anio, che invoca la sua figlia adorata.

Testo di Aldo Frezza / Foto di Massimo Piacentino e Aldo Frezza

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