19 marzo 2020 - 16:03

Andrea Lanfri e la sua storia, la sua voglia di vivere e arrampicare, più forte di tutte le avversità.

Prima di cominciare a raccontare questa storia c’è una dovutapremessa da fare: parlando di Andrea Lanfri, possiamo fare a meno di utilizzare il termine “normalità”.

Ognuno di noi ha nella mente un concetto ben definito di Supereroe. Se Superman ci apparisse davanti per strada nessuno sceglierebbe di descriverlo come una persona normale: ha un abbigliamento particolare e naturalmente ha i suoi super poteri.

In effetti, è questa la stessa impressione che si ha di fronte ad Andrea: si capisce solo guardandolo che con il suo avere “qualcosa in meno” ha decisamente molte marce in più della maggior parte di noi.

Classe ’86, questo ragazzo di Sant’Andrea di Compito, che non è un eroe dei fumetti ma una persona reale, circa tre anni fa ha lottato ed ha avuto la meglio su un nemico molto peggiore di qualunque antagonista inventato, la meningite.

Certamente Andrea non è uscito incolume da questa battaglia, il meningococco si è portato via le gambe e sette delle sue dita, ma non si è portato via la sua voglia di vivere, la sua allegria, la sua incredibile forza d’animo, che gli ha permesso di trasformare questa esperienza in una ulteriore spinta in avanti, in potenza.

La nuova vita, le nuove gambe, i nuovi obiettivi: la carriera da velocista, la maglia azzurra, i grandi risultati internazionali.

Poi c’è il resto. I vecchi obiettivi, i sogni da bambino, le montagne.

Con il gruppo di amici arrampicatori di sempre, i Malati di Roccia, gruppo del quale Andrea fa parte dal 2012, composto da David Barsotti, Federico Buratin, Gabriele Betti, Simone Rossi, Elisa Tardelli, Giacomo Martelli, Matteo Marini e dalla fidanzata di Andrea, Natascia Pasqualoni, e grazie all’aiuto di Wild Climb che gli ha fornito scarpette che facilitassero la missione, montate su protesi appositamente create dall’Ortopedica Michelotti, Andrea ha ricominciato a vivere e arrampicare.

Dopo aver scalato il Monte Rosa ed essere arrivato a quota 4556, l’ultima entusiasmante impresa portata a termine insieme ai suoi amici è stata la Cima Grande delle Tre Cime di Lavaredo.

Partendo alle 7 del mattino di sabato 15 dal Rifugio Auronzo (2330 metri), dove il gruppo è arrivato la sera di venerdì 14 settembre, dopo circa un’ora di cammino sono arrivati all’attacco della via.

Andrea Lanfri: in cima

“Il primo tratto prevede una scalata di 700 metri circa piuttosto impegnativa, sia per il grado che per lo stress psicologico che comporta il rimanere sempre molto sospesi e con poche protezioni” – ha dichiarato Andrea. “Dopo una prima parte impegnativa abbiamo incontrato una seconda parte più semplice, con grandi semi tratti da fare slegati. Dopo il primo canalone, l’arrivo all’esposizione sud della parete con un panorama mozzafiato davanti ai nostri occhi ogni volta che nuvole e nebbia si diradavano. Subito dopo aver superato una parete con piccole grotte e vari canali di scarico sassi l’arrivo ai primi muri verticali, da eseguire con la corda proteggendosi con quello che si trova”.

Durante la risalita Andrea e il suo gruppo hanno incontrato molte cordate, per lo più di cittadini stranieri, che rimanevano tutti piuttosto basiti quando realizzavano che i piedi e le mani di Andrea non fossero proprio come i loro.

Dopo un anno di pianificazione sia logistica che tecnica molto accurata, è arrivata dunque la conquista della vetta che Andrea sognava di scalare sin da bambino. Vetta sulla quale i suoi amici l’hanno preso in braccio per fargli toccare quota 3000, dato che la Cima Grande misura 2999 metri.

Entrato da poco a far parte come testimonial del progetto sperimentale O.N.E Oxygenated Natural Emotion Project Research (primo studio sulla possibilità di contrastare i malesseri collegati all’attività di montagna), insieme a Moreno Pesce, gli obiettivi di Andrea sono tutt’altro che conclusi.

Quella del Monte Rosa infatti, era soltanto la prima tappa del progetto One. Andrea si sta già preparando per la scalata dell’Aconcagua, in Argentina, 6962 metri sul livello del mare.

Una bella sfida già fissata per gennaio 2019, a quattro anni esatti di distanza da quando la meningite ha divorato parte suo corpo.

Ma sempre nel 2019 Andrea, che sta tuttora cercando fondi per la realizzazione della grande impresa, ha un obiettivo ancora più maestoso dei 6962 del monte Aconcagua: il “Tetto del Mondo”.

Il progetto O.N.E infatti terminerà con la scalata dell’Everest e se avrà successo Andrea sarà il primo italiano amputato ad entrambi gli arti inferiori e con solo due pollici a riuscire nell’impresa, il secondo al mondo dopo un Cinese (con amputazioni agli arti inferiori ma con entrambe le mani).

Andrea è la dimostrazione che gli eroi esistono, ma non quelli dei fumetti, quelli veri. È la prova che la forza d’animo è ciò che ci permette realmente di sopravvivere nel momento di difficoltà e di ricominciare a vivere subito dopo.

Ma soprattutto, Andrea Lanfri è la dimostrazione che i sogni che avevamo da bambini non si dimenticano mai, la loro magia non si esaurisce né col tempo né di fronte alle avversità, e parlando con lui di quelle vette mentre è a terra, si ha addosso la sensazione tangibile che stare lassù gli manchi da morire.

Testo di Eleonora Pomponi Coletti / Foto di Andrea Puviani

 

Mi presento…

Sono Andrea, atleta della nazionale italiana di atletica leggera a climbers. Due anni fa sono stato colpito da una meningite fulminante che mi ha compromesso i quattro arti. In questi due anni di duri allenamenti, sono riuscito a far parte della Nazionale Paralimpica Italiana di Atletica, vincendo nove titoli Italiani, un bronzo europeo e quest’anno un argento mondiale a Londra. Adesso mi sto preparando per Tokyo 2020.

L’arrampicata è sempre stata la mia passione e dopo aver portato a termine l’anno scorso una grande salita in Corsica grazie ad alcune sponsorizzazioni locali, recentemente ho vinto un’altra grande sfida: la Cima Grande, delle Tre Cime di Lavaredo. Ospite a diversi programmi TV (su Rai1 e Mediaset) e su giornali nazionali, ho raccontato la mia storia; sono il primo ragazzo mondiale amputato ai quattro arti che, grazie a delle protesi particolari, pratica arrampicata libera da primo di cordata a livello alpinistico.