Beautiful snowcapped Matterhorn from ski slopes in Cervinia Valtournenche ski resort, Italian Alps. Snowy mountain peak that borders Italy and Switzerland.
Una vicenda che ha dell’incredibile ha visto protagonista una giovane ed esperta alpinista.
Dopo aver subito un congelamento avanzato durante una scalata sul Cervino, le prospettive offertele in diversi ospedali erano drammatiche: amputare le dita dei piedi colpite.
Tuttavia, la professionalità e la competenza dell’Ospedale Parini di Aosta, specializzato in Medicina della Montagna, hanno cambiato il corso della storia.
Oggi, a quasi due mesi di distanza dall’inizio dell’incubo, la ragazza è salva e può tornare a progettare nuove scalate.
Il dramma si è consumato il 9 novembre scorso sulla parete nord del Cervino, in Svizzera.
La giovane alpinista, esperta e preparata, si trovava ad affrontare temperature glaciali che raggiungevano i -20 gradi.
Il risultato: un congelamento di terzo grado che aveva colpito le prime tre dita di entrambi i piedi.
Da qui comincia il peregrinare della ragazza da un ospedale all’altro, in cerca di una soluzione, che però appare remota.
“Le prime cure ricevute vicino a casa non erano riuscite a fermare il peggioramento, e i medici mi avevano comunicato che l’amputazione era inevitabile” – ha raccontato la paziente.
“Il dolore e la paura erano enormi”.
Per fortuna, nonostante il grave quadro clinico, la giovane non si è arresa.
E alla fine ha trovato uno spiraglio di speranza proprio là dove la vicenda era iniziata: in Valle d’Aosta.
“Il 28 novembre il mio compagno ha contattato l’ospedale Parini, dopo aver appreso dei loro successi in casi simili”.
Il caso è stato così preso in carico dal reparto di Chirurgia vascolare diretto dal dottor Flavio Peinetti e dall’ambulatorio di Medicina di montagna, sotto la guida del dottor Guido Giardini.
“Ho ricevuto trattamenti avanzati e adeguati al mio grave quadro clinico,” – ha dichiarato la paziente in una nota dell’Usl – “che non solo mi hanno evitato l’amputazione, ma mi hanno restituito la possibilità di tornare alla mia vita e alla mia passione per la montagna“.
Un intervento tempestivo, nonostante i ritardi iniziali
“Dal congelamento erano ormai trascorsi 19 giorni” – ha spiegato alla stampa il dottor Davide Piccolo, specialista in chirurgia vascolare – “un periodo estremamente lungo per intervenire efficacemente, dato che la trombolisi è efficace solo entro le prime 24-48 ore”.
Nonostante questo ostacolo, i medici dell’ospedale Parini hanno agito prontamente: “Dalle immagini inviate ci sembrava di avere un margine per evitare l’amputazione. La paziente è arrivata ad Aosta il giorno seguente”.
La giovane è stata immediatamente ricoverata e sottoposta a una serie di terapie avanzate.
Tra queste, l’utilizzo di prostanoidi somministrati per via endovenosa ad alto dosaggio, supportati da una terapia con ibuprofene e medicazioni specifiche.
Grazie alla buona salute generale della paziente e alla sua giovane età, il trattamento è stato ben tollerato.
Dopo un ricovero di sette giorni, il 6 dicembre la giovane è stata dimessa e il successivo controllo ambulatoriale ha confermato la piena guarigione: “Nessun dito, neanche parzialmente, ha avuto necessità di amputazione”.
Il caso della giovane alpinista mette in evidenza l’importanza cruciale del tempo nei casi di congelamento avanzato.
“Il paziente spesso perde tempo prezioso alla ricerca di centri specializzati” – ha spiegato il dottor Piccolo – “perché si tratta di una patologia rara, non è infrequente che le cure iniziali non siano adeguate.
Le prime 24-48 ore sono fondamentali per evitare conseguenze gravi come amputazioni”.
L’ospedale di Aosta riceve richieste di consulenza da tutto il mondo, compresi Paesi come Canada, Groenlandia, Himalaya e Patagonia, e lavora continuamente per formare medici e operatori sanitari su come affrontare questi casi.
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