Eppure ogni fine è sempre faticosa, pur nutrendo in sé lo spunto di un nuovo inizio che verrà. Anche per ciò ritorno con calma all’ovile, a Su Foghile, il focolare; l’angolo idilliaco nel quale vivo in Sardegna.
Dal Finis Terrae di Puglia, il mio APPIA A PIEDI (andato oltre Brindisi nelle terre del Sud), prende con lentezza la via del ritorno, attraverso Lecce, Benevento, Castelvenere e Roma. Tappe di incontro, conferenze, amicizia. Una settimana tra spostamenti con i mezzi pubblici e piccoli fermi di condivisione.
Un tempo largo per lasciar decantare le emozioni che la Regina Viarum ed il suo prosieguo mi hanno donato. APPIA A PIEDI è stato un viaggio comodo.
Ventisette tappe di un cammino lungo settecentocinquanta chilometri circa, di cui seicento e rotti percorsi inseguendo la Via.
Svelata e presente nei suoi primi passi; visibile, ma timida, nel suo tratto fin quasi a Benevento. Da qui a Venosa la via si fa cercare e spesso sparisce completamente divenendo solo una scusa per proseguire la bella scoperta del Mezzogiorno d’Italia, definito erroneamente da molti “minore”.
Prima di Venosa, in località Masseria Grimolizzi, la Via Appia riappare con potenza suggestiva, ma poi torna a carezzare il viandante con ipotesi e possibilità fino alla masseria Candile, nei pressi di Laterza. Qui riappare, spesso sormontata dal Tratturo Regio, altre volte indipendente.
A Taranto l’Appia soffre con la città, abusata in nome delle nostre comodità, tra ditte petrolchimiche e decadimento nel centro storico. Da lì a Brindisi la Regina Viarum si concede ancora, prima del congedo finale, in una coreografia finale degna della sua antica grandezza.
Così APPIA A PIEDI giunge con le mie gambe a Brindisi, presso la scalinata sul mare con le colonne che segnavano il limite di questa millenaria strada percorsa da infinite genti.Da questo porto si poteva però andare ancora oltre, attraverso il mare o via terra; verso oriente, verso est.
Non sazio dell’emozione offertami dal Mezzogiorno di questa splendida penisola italica, decisi di proseguire; più giù, fino a Lecce; più giù, fino al capo di Finis Terrae a Leuca, ricollegandomi così con il mio primo lungo cammino al Finis Terrae galiziano (ogni viaggio contiene sempre il germe di un altro viaggio).
Questo mio cammino è stato un viaggio comodo. Cullato dagli incontri e da nuove amicizie. Vezzeggiato dall’ospitalità mediterranea. Persino Santa Madre Chiesa qui mi ha stupito, mostrandosi più coerente ai suoi dettami di accoglienza e porgendomi frequentemente una mano ospitale.
Ho utilizzato una volta sola la tenda. Quando l’ospitalità non m’ha incontrato ho infatti preferito dormire più comodamente su qualche panchina nelle piazze dei paesi, col mio sacco a pelo.
I paesaggi si sono srotolati ai miei occhi, per lo più sterminati spazi di piatta campagna o colline. Luoghi disseminati di oliveti, vigneti, agrumeti e campi arati.
Molte le stradine in cui mi sono potuto perdere e ritrovare; così come molte le strade asfaltate percorse in pericolosi e trafficati rettilinei.
Per ogni persona incontrata, un saluto a stemperare le acque, ad avvicinare i cuori. Il saluto dell’Appia, “Ave atque vale”: ciao, stammi bene.
Da ogni incontro un po’ più di fiducia nel mondo che verrà. Un mondo umano che forse saprà rinascere proprio da qui, dalla voglia di rivivere e rinascere del Sud, dal cammino dell’Appia.
Ripercorrete i passi di APPIA A PIEDI e lo vivrete. Ripercorreteli fisicamente lungo la Regina delle Vie e lo incontrerete.
Ogni via è scambio e comunicazione. Rimaniamo in contatto.
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LA VOCE DEI CAMMINI
Testo e foto Marino Curnis