Anche per questo, nonostante la superficie dell’Italia sia limitata rispetto al continente (un trentesimo dell’Europa), siamo il Paese che conta la più ricca e peculiare biodiversità: 1/3 delle specie animali europee e la metà di quelle vegetali. In mare la biodiversità è ancora più ricca poiché nelle acque italiane si ritrovano gran parte delle specie più tipiche del Mar Mediterraneo.
Questa grande varietà biologica responsabilizza ancora più l’Italia per il mantenimento dello stato di conservazione degli habitat e la tutela di questo “capitale naturale”, definito anche nella Strategia Nazionale per la Biodiversità.
Nel nostro Paese la Federparchi, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali ha fra le sue varie funzioni anche quella della gestione e del coordinamento del Comitato italiano IUCN; l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura è la rete globale ambientale più grande del mondo, che lavora in più di 160 paesi raccogliendo le informazioni aggiornate sulla biodiversità, conducendo centinaia di progetti di conservazione intorno al mondo e portando la voce della natura sulla scena internazionale.
In Italia l’applicazione della metodologia IUCN, oltre alla Federparchi, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, vede il coinvolgimento di società scientifiche, ricercatori nelle specifiche discipline ed esperti nell’applicazione della metodologia (Comitato Italiano IUCN, ISPRA, LIPU, ecc).
Biodiversità è un termine alla moda, sulla bocca di tanti, si pronuncia a convegni, conferenze e mostre, però in quanti ne conoscono il vero significato? La parola è stata coniata per la prima volta nel 1988 in una raccolta di saggi di Edward Wilson, entomologo ed evoluzionista americano. Biodiversità è sinonimo di ricchezza e varietà delle forme di vita, risultato di lenti processi evolutivi sul nostro pianeta.
Complessi ecosistemi, milioni di piante, animali e microrganismi, l’uomo stesso, sono gli attori protagonisti della biodiversità. La Convenzione ONU sulla Diversità Biologica definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, evidenziando che essa include la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema.
Ogni specie vivente, poco importa se piccola o grande, ha un ruolo fondamentale sulla stabilità degli habitat, quindi la sua diminuzione può alterare la biodiversità di un ecosistema e determinare un impatto drammatico sul mantenimento degli equilibri vitali al suo interno.
Sulla Terra è presente una grande varietà di ambienti naturali, dove trovare tutto ciò che è necessario per la vita e per coprire i fabbisogni dell’umanità (nutrimento, fibre per tessuti, materie prime per la produzione di energia, medicinali, ecc), se però si altera la biodiversità di un ecosistema – ad esempio un suolo agricolo – ne diminuisce la sua produttività e si accresce l’insicurezza alimentare, energetica e sociale.
Questo perché, oltre alla purificazione dell’aria e dell’acqua, o la fertilità del suolo, gli ecosistemi sono importanti anche a livello economico: giusto per dare un dato oggettivo, il 50% della popolazione mondiale lavora nell’agricoltura, nelle foreste e nella pesca. Basti pensare che ogni anno 1,3 trilioni di dollari in cibo e fibre vengono prodotti dalla coltivazione del suolo.
Quindi l’uomo beneficia direttamente o indirettamente di un habitat in buona salute, fonte di risorse e servizi sicuri per tutte le comunità umane, animali e vegetali del pianeta. Portiamo un altro esempio: oltre un terzo degli alimenti umani – dai frutti ai semi ai vegetali – verrebbe meno se non ci fossero gli impollinatori come le api, vespe, farfalle, mosche, ma anche uccelli e pipistrelli.
Purtroppo dobbiamo registrare un’incredibile moria di api a causa di alcune malattie, dell’alterazione degli habitat e, anche, dei trattamenti antiparassitari e dell’utilizzo di erbicidi in agricoltura. Considerate che da questi piccoli insetti dipendono 130 mila piante. Oltre all’approvigionamento alimentare, bisogna considerare che il regno vegetale e animale sono indispensabili per ottenere metà dei farmaci trattati (un mercato mondiale che vale 650 miliardi di dollari).
Ogni cambiamento può significare perdita di biodiversità. A scala globale, il principale fattore di perdita di biodiversità sono i profondi cambiamenti del territorio occupato dall’uomo e il sovra-sfruttamento delle risorse naturali.
Ad esempio, l’aumento delle superfici destinate all’allevamento e la deforestazione di milioni di ettari (oggi le foreste coprono solo metà dell’area che coprivano un tempo) per ottenere nuovi suoli coltivabili, oppure per prelevare sostanze utili alle industrie farmaceutiche e cosmetiche. E ancora, lo sviluppo delle aree urbane e commerciali, la costruzione di viadotti, dighe, aeroporti e parcheggi. Secondo la FAO, negli ultimi dieci anni sono stati distrutti mediamente 13 milioni di ettari di foreste (una superficie pari a quella della Grecia) l’anno.
Sempre per opera dell’uomo, l’inquinamento è un’altra causa importante di perdita di biodiversità: alle industrie e gli scarichi civili si sommano le attività agricole che alterano profondamente i suoli a causa dell’uso indiscriminato di insetticidi, pesticidi e diserbanti. E sempre per opera dell’uomo si ha alterazione di un ecosistema in seguito dell’introduzione di specie aliene invasive, ossia non originarie di quella determinata area geografica, che diffondono nuove malattie e competono con la fauna locale nella ricerca del cibo.
Anche la pesca e la caccia eccessive possono aggravare situazioni già a rischio per la degradazione degli habitat. Infine, oltre alle calamità naturali, determinanti per la sopravvivenza delle specie animali e vegetali sono il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici sono a loro volta fattori di perdita di biodiversità.
L’uomo è riuscito a classificare circa 1,8 milioni di specie viventi, se ne stimano però molte di più, da 4 milioni a 100 milioni. Molte non verranno mai scoperte, non ci sarà possibilità di conoscerle, a dirlo sono i numeri: una specie vive mediamente un milione di anni ma ogni giorno se ne estinguono una cinquantina a causa della distruzione degli habitat e dei cambiamenti climatici, quindi la biodiversità diminuisce con una velocità da 100 a 1000 volte più alta rispetto al ritmo “naturale”.
Anche in questo caso portiamo un esempio dei tanti: molti dei mammiferi più simili a noi, i primati, sono vicini all’estinzione totale, in particolare l’orangotango di Sumatra (se ne registrano una dozzina) e il gorilla gorilla di Cross River (se ne contano 150 – 200 esemplari circa, al confine tra Camerun e Nigeria).
In Europa sono a rischio di estinzione il 42% dei mammiferi autoctoni, il 15% degli uccelli, il 45% delle farfalle, il 30% degli anfibi, il 45% dei rettili, il 52% dei pesci di acqua dolce. In Italia risultano estinte ben 13 specie animali (10 uccelli, 1 mammifero e 2 rettili) e circa 400 specie sono minacciate d’estinzione; di queste almeno 50 sono in grave pericolo come sottolineato dalle Liste Rosse.
Le Liste Rosse Nazionali rappresentano la più completa ed autorevole fonte di informazione sullo stato di conservazione degli organismi viventi sul nostro pianeta e rappresentano la cartina al tornasole delle politiche e delle attività di sviluppo sostenibile! A livello globale, tra le specie animali a maggiore rischio di estinzione ci sono sicuramente gli anfibi, più sensibili di altri esseri viventi – insieme agli insetti – ai cambiamenti climatici e ambientali. In ambiente terrestre le principali minacce ai vertebrati italiani (esclusi gli uccelli) sono la perdita di habitat (circa il 20% delle specie) e l’inquinamento (15% circa). Sono dati disponibili grazie a liste complete pubblicate on-line, qui vi segnaliamo quella riferita ai vertebrati terresti e marini italiani da dove ho voluto estrarre un passaggio a mio avviso significativo: “Le Liste Rosse sono un chiaro messaggio ai decisori politici affinché si assumano l’impegno di mantenere vitali i sistemi naturali; infatti un futuro sostenibile non può essere programmato senza tenere nella giusta considerazione la conservazione di specie animali e vegetali, dei loro habitat e dei loro patrimoni genetici non solo per il bene della natura ma per tutti gli esseri umani che da essi dipendono”. Le Liste Rosse svolgono anche il ruolo di campanello d’allarme per valutare l’eventuale perdita di naturalità degli habitat.
Gli interventi indiretti hanno l’obiettivo di ridurre le influenze negative esercitate dai fattori di perdita della biodiversità. Ecco alcuni esempi:
Gli interventi diretti cercano invece di conservare direttamente le specie e gli ecosistemi. Ecco alcuni esempi: