Gran parte dei paesi occidentali sono entrati nella Fase 2, diverse attività industriali ed economiche hanno riaperto e le persone hanno ricominciato ad uscire di casa per andare al lavoro o per fare attività fisica e sport.
L’emergenza però non è finita, il virus sta facendo ancora molte vittime e alcune attività non si sa quando potranno ricominciare: gli sport di gruppo, i concerti, i convegni e il turismo.
Proprio il turismo è uno dei settori che rischia di pagare le conseguenze più dure, almeno per come lo abbiamo concepito fino ad oggi. I prossimi mesi saranno all’insegna del distanziamento fisico e del divieto di assembramento, i Governi stanno pensando a come regolamentare il settore dei viaggi, cercando di farlo ripartire ma con norme di sicurezza che impediscano una nuova esplosione dei contagi.
Una cosa però è chiara, è finito il tempo del turismo di massa, quello nato negli anni ’60, quello delle spiagge affollate, dei locali stracolmi, delle vie prese d’assalto da migliaia di turisti.
Quello che, negli 2000, si è evoluto prendendo d’assalto le località di grido in giro per il mondo raggiunte da centinaia di voli low cost stracolmi di turisti.
Tutto questo non sarà più possibile, non era sostenibile prima e non sarà percorribile domani. Non vuol dire però che il turismo debba fermarsi, anzi, è arrivato il momento di un radicale cambiamento.
Le compagnie aeree low cost, il generalizzato calo dei prezzi per i voli intercontinentali, le offerte last minute, i nuovi giganti del web che hanno moltiplicato l’offerta turistica provocando un crollo dei prezzi hanno portato migliaia di persone in ogni angolo del mondo.
Questo non è un male in sé, sia ben chiaro. Scoprire luoghi lontani e poter visitare paesi distanti senza spendere cifre astronomiche è positivo, permettere ai giovani e meno giovani di raggiungere mete inaccessibili fino a vent’anni fa è un bel passo avanti.
Ci sono state però delle pericolose degenerazioni di questo fenomeno, che hanno portato il turismo di massa ad una nuova dimensione internazionale. Negli anni ’80 gli affollamenti di persone si vedevano sulle riviere più famose, come quella romagnola e ligure, oppure la Costa Azzurra o la Costa Brava.
Destinazioni prese d’assalto da migliaia di persone provenienti dalle grandi città italiane ed europee che passavano le ferie estive in stabilimenti sovraffollati e in località di mare che hanno dato libero sfogo all’edilizia selvaggia.
Il problema è che oggi questo stesso affollamento capita di vederlo anche in cima al Monte Bianco, sull’Himalaya, nelle foreste della Thailandia e perfino sul Cammino di Santiago. Tutto questo ha effetti devastanti sull’ambiente, sugli ecosistemi e sulle culture locali, travolte da un flusso di persone che calpesta senza rispettare.
Le emissioni di Co2 delle migliaia di voli che ogni anno portano in giro per il mondo milioni di turisti sono tra le principali cause di inquinamento atmosferico. L’aereo, emblema del turismo dell’ultimo ventennio, è uno dei mezzi più inquinanti che ci sia e l’aumento incontrollato dei voli è un problema.
Inoltre, le destinazioni che hanno la sventura di diventare “di moda”, vengono devastate dall’assalto di migliaia di turisti in cerca della foto ricordo da postare sui social e poco interessati alla cultura e alle tradizioni locali, con cui hanno un contatto superficiale.
Lo testimoniano le immagini dell’Everest invaso dai rifiuti, oppure le spiagge della Thailandia ricoperte dalla plastica o le foreste asiatiche trasformate in circhi all’aria aperta.
Questo turismo non è più sostenibile, non lo è da anni, ma l’interesse economico ha sempre prevalso sulla tutela degli ambienti naturali e sul contrasto ai cambiamenti climatici. Oggi però la tragedia del Coronavirus ci impone un cambiamento radicale che non si può più rimandare.
È giunta l’ora di scoprire e valorizzare il vero turismo sostenibile, con il suo bagaglio di valori fatto di ricerca dell’esperienza, del rispetto per i territori visitati, delle culture locali e soprattutto attenzione per l’impatto ambientale dei propri spostamenti.
Un turismo che ritorna ad essere viaggio, quello lento ed esperienziale, quello di prossimità che mira a conoscere e scoprire davvero i territori che si attraversano.
Un ‘idea diametralmente opposta al turismo di massa, quello mordi e fuggi, poco interessato a conoscere davvero i luoghi ma alla ricerca solo della località “famosa” e conosciuta e del timbro in più al passaporto.
Il viaggiatore lento vuole esplorare e conoscere territori meno noti, fuori dalle grandi rotte turistiche, dove è possibile incontrare natura incontaminata e culture antiche.
Questo nuovo turismo negli ultimi anni è cresciuto molto, sempre più persone infatti passano le vacanze in aree meno conosciute, attraversandole a piedi o in bicicletta, immergendosi nelle tradizioni locali con rispetto e spirito di conoscenza.
Un tipo di viaggio che fugge dalle masse, dagli affollamenti, ideale in una fase storica in cui la società deve fare i conti con un virus che impone il distanziamento fisico.
Il momento è giusto per un cambiamento culturale, per una nuova idea di viaggio che potrebbe salvarci non solo dal virus, ma anche dai cambiamenti climatici, dall’inquinamento e potrebbe far ripartire le microeconomie di territori straordinari.
C’è tutto un mondo straordinario da conoscere a pochi passi dalle nostre città e dalle nostre abitazioni, un mondo che si può raggiungere in treno, fatto di borghi antichi, colline, aree rurali e paesaggi incontaminati di incredibile bellezza.
Territori in cui ritrovare il contatto con la natura e i sapori autentici, in cui recuperare una dimensione del viaggio interiore, di conoscenza e incontro con le persone.
Quante volte si parla delle bellezze dell’Italia, dell’immenso patrimonio paesaggistico e naturalistico che si trova tra le valli e le aree verdi delle Alpi, dell’appennino e delle coste. È arrivato il momento di scoprirlo, di valorizzare un turismo che rispetti l’ambiente e aiuti i territori a rinascere.
Nel nostro Paese c’è un mondo oltre le grandi città e le riviere più conosciute, ci sono borghi medievali, vallate incontaminate, cammini storici che attraversano territori ricchi di cultura e natura. Ci sono i piccoli alberghi, le locande, le piccole comunità in cui assaporare ancora i prodotti della tradizione.
Ogni chilometro della nostra Italia è ricca di questi luoghi, ciascuno con le sue unicità da scoprire e rispettare. Parlando di numeri, gli agriturismi diffusi nelle aree rurali del paese sono oltre 24 mila e sono in grado di offrire 253 mila posti letto e quasi 442 mila posti a tavola.
Anche il Governo e le istituzioni locali hanno capito che questa è l’unica strada percorribile per un nuovo turismo che sia occasione di rinascita e tutela per la natura, la cultura e i territori italiani.
Negli ultimi anni si sta finalmente lavorando per valorizzare la rete dei cammini storici, per recuperare i borghi e le vallate e riscoprire itinerari e percorsi nelle aree naturali e nei parchi.
Il Coronavirus ha reso questo cambiamento,già urgente, non più prorogabile. Non possiamo dimenticare gli spaventosi dati sulle morti provocate dall’inquinamento una vera e propria strage, silenziosa ma terribile, che si ripete ogni anno.
Il rilancio delle aree interne, di tutta quell’Italia chiamata, impropriamente, minore può essere la soluzione a molti problemi. Il 2020 sarà ricordato come uno degli anni più bui della storia dell’umanità, ma potrebbe essere anche il punto di inizio di una società nuova, che sappia comprendere e porre rimedio ai problemi e contraddizioni antiche.
È il momento di agire per rimettere l’uomo e il suo benessere al centro di tutto, servono competenze e volontà per riprogettare tutto: il turismo, i viaggi, la mobilità urbana e persino il lavoro. Se sapremo cambiare, forse, riusciremo ad evitare il prossimo disastro, quello climatico e ambientale.