Il cammino come rinascita spirituale e psicologica: la storia di Daniele
Un grave incidente in cui ha quasi perso un braccio, le difficili conseguenze di quel trauma sulla sua vita e poi la rinascita in cammino. Un film ispira Daniele ad affrontare il Cammino di Santiago: attraverso timori, speranze e pianti liberatori la sua vita cambia per sempre
Daniele Matterrazzo all’età di 15 anni ha avuto un grave incidente in motorino, a causa del quale ha rischiato di perdere il braccio sinistro.
I medici dell’ospedaledi Padova sono riusciti a salvare l’arto, che però ha subito gravi traumi che ne hanno compromesso la funzionalità.
Daniele ha subito questo incidente nel pieno dell’adolescenza, e le sue conseguenze ne hanno condizionato tutta la gioventù.
Il percorso di recupero è stato molto lungo e complicato, passando attraverso numerosi interventi chirurgici e ricoveri ospedalieri.
Una situazione che ha segnato profondamente la sua psiche.
Daniele si è spesso sentito solo, isolato e non compreso. Nonostante il costante supporto della famiglia non è mai riuscito a superare davvero quel trauma.
Tutto cambia quando una sera, per caso, durante un periodo particolarmente duro, vede in televisione il film Il Cammino di Santiago: decide di vivere anche lui l’esperienza di quel percorso, una scelta che cambierà la sua esistenza.
Per capire come quell’esperienza ha cambiato la sua vita, abbiamo fatto a Daniele alcune domande.
_ La tua passione per il trekking e i cammini di lunga percorrenza è abbastanza recente, ci racconti com’è nata?
Tutto ha inizio all’età di 30 anni nel 2020. Ho passato gli anni precedenti della mia vita vittima di forti ripercussioni, insoddisfazione generale e una forte demotivazione personale causate da un grave incidente stradale in motorino avvenuto all’età di 15 anni.
Un episodio che mi ha limitato parecchi anni nell’agire umano e che sembrava non darmi tregua e non lasciare più spazio per altro.
L’incidente mi ha privato della totale mobilità della mano e ha limitato la gestione dei movimenti del braccio e della spalla sinistri.
Un giorno, proprio mentre attraversavo un forte periodo di crisi personale, ho visto casualmente in televisione un film che mi ha ispirato e spinto a partire per la prima volta con l’intento di ricercare quelle parti di me che avevo lasciato indietro nel tempo o dimenticato lungo la ”strada”.
Ho trovato in quel film la forza per ribaltare tutto quello che era stata la mia vita fino a quel momento cercando e trovando cosi, inconsciamente, un modo per mettermi alla prova e sfidarmi in contesti pe me completamente nuovi.
In circa 20 giorni ho organizzato tutto e sono partito per raggiungere Saint Jean Pied du Port punto di partenza del cammino francese verso Santiago de Compostela.
_ Com’è stato organizzare per la prima volta un’esperienza come il Cammino di Santiago? Quali difficoltà hai incontrato?
La pianificazione del primo viaggio a piedi verso Santiago è avvenuta in tempi brevissimi.
Non avevo mai camminato distanze simili ne tanto meno ero abituato a camminare di frequente, figuriamoci percorrere 1000km cosi dal nulla, fino a Finisterre, sulla costa atlantica spagnola, il km 0 del cammino.
L’atto di camminare, prima di questa esperienza, era per me sono un mezzo per percorrere la distanza che va da A a B.
Non avevo minimamente idea di come sarebbe stata e di cosa mi avrebbe lasciato questa esperienza.
Cosi, forse con un po’ di ingenuità ed inesperienza sono partito con il uno zaino da 50l in spalla, il mio primo paio di scarpe da trekking ai piedi, senza troppa aspettative su quello che mi sarebbe accaduto.
Ero certo però che quell’avventura avrebbe dato qualche pennellata di colore a una vita essenzialmente vissuta in bianco e nero fino ad allora, e quello mi bastava!
Durante i primi giorni di cammino mi sono subito trovato a fare i conti con i miei pensieri.
I primi giorni sfrecciavano alla rinfusa generando un grande caos dentro di me. Piano piano, un passo dopo l’altro, sono riuscito a metterli in ordine.
Le difficoltà più grandi incontrate nel primo viaggio sono state quasi tutte interiori, non è stato facile stare a lungo con me stesso senza le distrazioni della vita di tutti i giorni.
In cammino, in mezzo alla natura, non potevo contare sulle autosuggestioni mentali che ero abituato ad adottare snella mia confort zone che negli anni avevo gelosamente custodito.
Non potevo più nascondermi e ho dovuto affrontare le mie paure, i miei vuoti e i miei mostri interiori.
Non potevo accettare di tornare uguale a come ero partito e rendere così vana la scelta di partire per ribaltare le cose. Ben presto ho capito che l’unica soluzione possibile era non controllare troppi i miei pensieri e lasciarli fluire mantenendo un giusto distacco.
_ Come ti sei sentito quando hai iniziato a camminare verso Santiago di Compostela? Che sensazioni hai vissuto?
Ricordo in modo vivido quel momento: un misto di felicità, voglia di stupirmi ed entusiasmo alternato a picchi di insicurezza e paura di non farcela.
Gli anni precedenti alla partenza sono stati molto deludenti a livello di conquiste personali. Per questo avevo voglia di mettermi alla prova con la sicurezza e convinzione di poterci riuscire.
Avevo sempre accantonato sport e hobby per questo mio approccio negativo alla mia disabilità ed è stata una grande scoperta, riconoscermi in questa attività, mai sperimentata prima.
Il camminare a passo lento, ascoltando il mio ritmo dei miei passi, senza badare all’incedere dell’orologio, mi ha gradualmente donato serenità e pace interiore: una sorta di rinascita dell’animo.
Più camminavo e più ero felice, più mi mettevo alla prova più entravo in contatto con il mio vero io, una riconciliazione con me stesso che sentivo forte e vivida.
Diverse volte durante il cammino ero investito da una forte emozione che mi portava a commuovermi e a fare lunghi pianti improvvisi mentre camminavo.
_ Il cammino è un’esperienza spirituale prima ancora che fisica. Come ti ha cambiato questo viaggio a piedi?
Il cammino di Santiago mi ha permesso di riprendere in mano la mia vita e cambiare il mio approccio alla vita e al mio modo di affrontare la realtà.
Attraverso questa esperienza mi sono messo alla prova, giorno dopo giorno, attraverso difficoltà varie che mia avrei creduto di poter svolgere in autonomia.
Grazie ad espedienti vari vissuti in quei 40 giorni di cammino ho ritrovato nuovo coraggio e autostima che erano andati persi nel tempo.
Credo fermamente che il potere terapeutico di certe esperienza stia anche nel tempo che ci concediamo per viverle e dipenda molto dalla nostra volontà di affrontarli nel modo giusto.
Camminare per più giorni mi ha insegnato la pazienza di procedere a ritmo lento, passo dopo passo, spostandomi cosi da un luogo all’altro a dentro me stesso.
Nel viaggio ho trovato tutto questo e da quel giorno ho promesso a me stesso che non avrei mai più smesso ne fermato.
_ Dopo Santiago hai deciso di percorrere la via Francigena e poi il Kungsleden Trail nella Lapponia svedese , cammini però che non hai svolto solo per te, ma anche con un altro scopo, ci racconti?
Nel 2021 ho voluto concedermi un nuovo cammino conciliando nuovamente ferie e permessi lavorativi .
Questa volta, ho voluto dedicare i miei passi non solo a me ma anche per i bambini dell’ospedale di Padova, nel quale sono stato curato dopo l’incidente.
Ho passato più di 6 mesi della mia vita tra rianimazione e chirurgia plastica e conoscevo bene le grida silenziose di certe stanze e reparti.
Ho voluto dare un senso ulteriore a ciò che stavo facendo e volevo che i miei passi diventassero uno strumento per aiutare il prossimo proprio come avevano aiutato me, così ho aperto la mia prima raccolta fondi.
Ho percorso il tratto italiano della Via Francigena partendo dal passo del gran San Bernardo(AO) in direzione Roma.
1000 chilometri ripercorrendo le tracce del vescovo di Canterbury Sigerico.
Sono riuscito inaspettatamente a raccogliere più di tremila euro che ho donato alla fondazione Salus Pueri della pediatria.
Nell estate invece del 2022 ho deciso di cambiare tracciato, affrontando latitudini diverse, con un equipaggiamento e una preparazione più complessa.
Con un po’ di sana follia ho percorso il Kungsleden trail, conosciuto anche come il Sentiero del Re, lungo 450 km nella Lapponia svedese.
Nei cammini precedenti, la fine tappa giornaliera, prevedeva sempre strutture pronte ad accogliermi con pasti caldi , docce e letti comodi. Questo cammino invece attraversa la natura selvaggia del grande nord.
Ero nuovamente da solo, equipaggiato con cibo disidratato per sopperire al peso dello zaino lungo i 20 gg di percorrenza e tutto il necessario per assicurarmi riparo e poter cucinare.
Anche questa avventura mi ha permesso di raccogliere tremiladuecento euro che ho donato all’associazione Noisy Vision, che aiuta le persone con disabilità sensoriali quali ipovedenti e ipoudenti.
Ho iniziato a raccontare questi miei progetti a tema sociale anche attraverso le mie pagine social in una sorta di diario di viaggio che continuò ad aggiornare e tenere vivo attraverso le mie imprese.
Un modo per far conoscere questi progetti e cercare di trovare sostegno.
_ Il tuo obiettivo è diventare un punto di riferimento per tutte quelle persone che hanno avuto un problema, un trauma e che potrebbero trovare nel cammino una rinascita. Come intendi portare avanti questa ‘missione’?
L’intento, per ora, è continuare a “ camminare” in questa direzione che continua a regalarmi davvero tanto.
Mi auguro con il tempo poter svolgere molti più progetti di quelli che attualmente sto svolgendo.
Non è facile incastrate impegni lavorativi con settimane se non mesi di ferie aziendali per poter svolgere e portare a termine simili progetti.
Attualmente le mie imprese sono interamente a mio carico al di là di qualche sponsor che nel tempo si è avvicinato a me sposando i miei obiettivi e sostenendomi con calzature e abbigliamento adeguati.
Per questo non sono molti i progetti che riesco a realizzare nel corso dell’anno.
In questi ultimi anni sono diventato una guida ambientale escursionistica e nel mio tempo libero guido gruppi di persone in uscite guidate in natura.
Con uno sguardo rivolto verso una previsione futura vorrei formarmi nel mondo dell’inclusività sportiva diventando così, mi auguro un giorno, un punto di riferimento per chi come me vive certe condizioni e vuole approcciarsi al mondo outdoor.
I tempi sono maturi, credo oggi ci sia più coscienza e sensibilità su questi temi: credo che la disabilità possa essere un valore aggiunto e non debba essere per forza solo una limitazione.
Credo fermamente che i limiti esistono solo nella testa di chi non crede e non si mette alla prova; con le giuste accortezze e accorgimenti può risultare possibile l’impossibile.
Sto concentrando tutte le mie forze ed energie perché questo un domani possa divenire realtà è mi auguro di poterci riuscire.
_ Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai già in calendario dei nuovi viaggi a piedi per il 2023?
Sto progettando nuovi progetti che mi vedranno impegnato in nuovi trail da percorrere e nuove raccolte fondi.
L’idea per questo 2023 sarebbe poter svolgere almeno 2 diversi progetti sfidandomi con nuovi contesti sportivi anche se, a dirla tutta, il camminare rimane e rimarrà sempre, la mia attività principale.
Ho un nuovo cammino in mente da svolgere in terre fredde oltre il circolo polare artico, non più in Svezia questa volta. Ho sentito parlare di un isola costituita da ghiacci e vulcani ed è li che andrò quest’estate attraversandola in autonomia e solitaria.