View of the Dolomites
Rinfrescarsi nell’acqua del torrente, ascoltare il fruscio delle foglie mosse dal vento, udire lo scoppiettare del fuoco accesso per cuocere la cena da gustare al chiaro di luna, dormire sotto le stelle ascoltando il gracidio delle rane e il canto della civetta che irrompe nel silenzio della notte.
La vita all’aria aperta porta a queste sensazioni uniche.
In Italia però non è semplice “ascoltare” i silenzi incontrastati della natura e osservare l’immensità e l’armonia degli spazi aperti.
Sono rari i luoghi privi di fonti luminose e di opere che riconducono a qualsiasi tipo d’intervento umano, aree naturali che rispondono al principio della conservazione e al vero significato della parola wilderness, sinonimo di “luogo naturale”.
Wilderness significa “conservazione” degli spazi naturali attraverso formali impegni di salvaguardia che siano i più duraturi possibile.
Negli negli Stati Uniti d’America questa tutela è stata disciplinata dal Wilderness Act del 1964.
Questa legge stabilisce che venga mantenuto lo stato d’integrità paesaggistica e non venga modificato dall’uomo, né in positivo né in negativo, rinunciando pertanto a qualsiasi scelta di sviluppo dell’area protetta che deve restare intatta.
Nel nostro Paese questi spazi liberi e solitari, designati in Italia sotto l’egida dell’Associazione Italiana Wilderness, sono davvero pochi: 66 Aree Wilderness per un totale di 51.114 ettari, distribuite in 10 Regioni e 20 Province.
Ma la natura “selvaggia” non è solo una condizione geografica, è anche uno stato d’animo.
E allora alimentiamo questa indole per la vita all’aria aperta, calziamo gli scarponi, zaino in spalla e via, alla ricerca della nostra area wilderness, dove montare la tenda e campeggiare.
Non sono però tutte rose e fiori, gli aspetti positivi del campeggio libero non devono far dimenticare che esistono anche i lati negativi: chi si accampa lo fa a proprio rischio e pericolo.
Inoltre, per provare quella solitudine e quelle sensazioni di libertà, si potrebbe incorrere nella rigidità delle amministrazioni comunali e della legislazione regionale.
Dormire nella natura è una tendenza che sta prendendo sempre più piede in Italia, quindi è necessario disciplinare la forma di campeggio libero, comunque possibile quando la permanenza nello stesso posto è limitata alle ore notturne.
Anzi, a essere precisi il termine “campeggio” è inappropriato, quando la tenda è montata solo dal tramonto all’alba è più corretto parlare di bivacco notturno.
Ph.: Gettyimages/cdbrphotography
Questo dovrebbe salvaguardarci da multe salate.
Invece, i controlli della forestale non sono così condiscendenti nel momento che si lascia la tenda montata anche di giorno per più di 24 ore.
Se proprio volete infrangere le regole, siate molto rispettosi dell’ambiente circostante, non lasciate tracce del vostro passaggio, portando sempre via rifiuti e quant’altro.
Il problema non si presenterebbe in Norvegia, Svezia, Finlandia, Scozia e Islanda, dove il campeggio libero è legale.
Al contrario di nazioni come Germania e Olanda dove le guardie forestali sono severe e intransigenti, oppure paesi come Galles e Inghilterra dove invece il campeggio “selvaggio” seppure illegale è generalmente tollerato.
Restando alla nostra penisola, la domanda si fa sempre più incalzante… “è possibile e dove fare campeggio libero”? “Cosa posso fare e soprattutto cosa non devo fare?”.
Iniziamo col dire, come sottolineato all’inizio dell’articolo, che non esiste una normativa nazionale per la gestione del campeggio libero.
La normativa di questo settore, che fa parte della legislazione sul turismo, rientra nelle competenze legislative delle Regioni e non tutte hanno leggi sul campeggio libero.
Procediamo per esclusione: dove non è approvata una esplicita normativa degli Enti locali, resa nota da cartellonistica, il campeggio libero è ancora possibile.
In alcune Regioni è fatto obbligo ai Comuni di emettere tutti gli anni apposite ordinanze con l’indicazione delle aree di divieto di sosta campeggistica e di quelle autorizzate.
Non fatevi però illusioni: la maggior parte dei Comuni, nel loro regolamento specificano che il campeggio è possibile previa richiesta o semplice notifica all’Ufficio del Sindaco.
Molti Enti Parchi naturali invece chiariscono che è possibile il bivacco all’aperto, ad esclusione delle zone di tutela speciale, sottoposte a restrizioni di accesso.
In tutti i terreni privati, inoltre, ottenuta ovviamente l’autorizzazione dal proprietario, la sistemazione di tende e simili strutture è lecita, per tutto il tempo che si desidera.
Tornando alle Aree Protette, in questo caso vale la regola che la gestione del campeggio libero è disciplinata direttamente dagli enti parco: bisogna pertanto rivolgersi a loro per l’autorizzazione alla sosta temporanea e non ai Comuni.
Qui le variabili aumentano, in questo caso è la quota a tirare le fila: il campeggio libero è consentito solo al di sopra dei 2.500 metri di altitudine, dal tramonto all’alba.
Proprio così! Dobbiamo naturalmente considerare che questa regione alpina è interamente montuosa e l’altitudine media è di oltre 2100 metri; anche per questo nell’Art. 19 della Legge Regionale n. 8 del 2002 è specificato che il bivacco in tenda è sempre vietato vicino ai rifugi e in tutta l’area protetta del Parco nazionale Gran Paradiso.
Anche in Trentino è vietato sostare con tende, camper o roulotte, vicino ad agriturismi, alberghi e strutture ricettive che ospitano i turisti.
In questa regione il campeggio libero è ammesso solo in due casi:
In queste regioni non possono nascere equivoci: le leggi regionali prevedono il divieto assoluto di campeggio al di fuori delle aree attrezzate appositamente previste.
Resta ovviamente la possibilità che le aree protette abbiano un regolamento particolare.
Queste regioni non hanno statuito nulla sul campeggio libero, né nel senso di autorizzare né in senso opposto.
Purtroppo la mancanza di certezze lascia spazio a eccessiva discrezionalità, soprattutto nella gestione di logiche sempre più complesse.
Ph.: Gettyimages/Natalia Moroz
Per la Liguria, la Legge regionale n. 2 del 07.02.2008 disciplina i bivacchi nelle Alpi liguri – sono da effettuarsi nei luoghi appositamente designati.
Per la Lombardia, la Legge Regionale n. 15 del 2007 conferma che spetta ai singoli comuni la decisione sul campeggio libero.
Per evitare ogni dubbio, meglio chiedere al Comune del territorio interessato.
In Calabria è disciplinato solo il campeggio mobile organizzato da associazioni senza scopo di lucro (Legge Regionale n. 28 del 1986 all’Art. 15), nulla di specifico viene invece detto sul campeggio libero e isolato.
Occorre quindi inoltrare richiesta al Sindaco dove si vuol montare la tenda e dovremmo essere quasi certi di non sbagliare.
Lo stesso vale per la Campania: nessuna normativa generale
Per non commettere infrazioni durante un bivacco, meglio chiedere l’autorizzazione al comune della destinazione scelta.
La legge regionale n. 5 del 2001 all’art. 12 permette “il campeggio libero in aree pubbliche o private, dove siano assicurati i servizi generali indispensabili per garantire il rispetto delle norme igienico-sanitarie e la salvaguardia della salute e dell’ambiente, campeggi della durata massima di 60 giorni“.
L’art. 11 della legge regionale n. 5 del 2001 sembra permettere degli “insediamenti occasionali di tende o di altri mezzi di soggiorno mobile per la durata di giorni 10“.
Dal momento che la definizione di questi limiti non è chiarissima, occorrerà rivolgersi direttamente al Comune interessato.
A seguito della recente legge Regionale n. 16 del 2014, articolo 41, è vietato il campeggio libero al di fuori delle aree attrezzate.
Tuttavia i comuni possono autorizzarlo per una durata massima di 15 giorni ad associazioni senza fine di lucro e organizzazioni culturali.
Si può campeggiare non oltre le 48 ore nella stessa località e dove non siano già presenti aree di campeggio autorizzato.
Ricordatevi d’inviare una comunicazione al Sindaco del Comune interessato 24 ore prima della sosta, specificando il periodo, il numero di partecipanti, la zona, il tipo di allestimento (ad esempio, tende) e la zona dove s’intende bivaccare.
Caravan, autocaravan e camper possono campeggiare in aree attrezzate di sosta temporanea (gestite dai Comuni), anche se in zona sono già presenti strutture ricettive all’aria aperta, ma solo se la sosta non si prolunga oltre le 24 ore.
I Comuni che istituiscono direttamente le aree di sosta, possono provvedere alla loro gestione anche mediante apposite convenzioni con terzi soggetti.
All’interno delle aree protette la gestione del campeggio libero è disciplinata direttamente dagli Enti parco: bisogna pertanto rivolgersi a loro per l’autorizzazione alla sosta temporanea e non ai Comuni.
In Sicilia sono presenti aree di sosta istituite dai comuni dove è consentito il campeggio libero fino a 24 ore (legge regionale n. 14 del 1982)
Nelle aree protette il campeggio è consentito solo per motivi di studio e in campeggi naturali appositamente attrezzati dai comuni.
Per tutti gli altri casi, occorre chiedere autorizzazione alle autorità locali.
Per quanto riguarda roulotte, camper e simili il campeggio è autorizzato solo in apposite aree demaniali – denominate area di sosta o area comunale di sosta campeggistica – e comunque per una permanenza massima di 5 giorni.
Si può campeggiare solo nei Comuni che hanno individuato e attrezzato apposite aree di sosta, al di fuori delle quali non deve essere consentita alcuna forma di sosta campeggistica.
Nelle aree attrezzate le piazzole non devono superare le 25 unità e non vi si può sostare per più di 5 giorni.
Inoltre, se i requisiti minimi per l’igiene, la sicurezza e la protezione dell’ambiente non sono soddisfatti in tali aree, ad esempio se non ci sono WC, possono campeggiare solo veicoli con “servizi igienici indipendenti” (es.: un camper con un proprio WC).
I Comuni: individuano le aree di parcheggio e possono richiedere il pagamento di una tassa di soggiorno o il pagamento della sosta (Legge Regionale n. 16 del 2003, art. 9).
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