Mondiali ed Olimpiadi a Cortina: critiche ai lavori per i nuovi impianti e infrastrutture
I lavori per i nuovi impianti necessari ai mondiali di sci e alle Olimpiadi invernali stanno attirando critiche dal mondo della montagna. Interventi che dovevano essere a basso impatto ambientale nei fatti si stanno dimostrando l'ennesima aggressione all'ecosistema alpino: cementificando, asfaltando e sfregiano aree verdi. Sono davvero questi gli "investimenti necessari"?
Nei prossimi anni sulle Dolomiti di Cortina d’Ampezzo ci saranno due eventi di portata internazionale che, virus permettendo, dovrebbero richiamare su quelle montagne migliaiadi persone.
Stiamo parlando dei Mondiali di Sci da discesa del 2021 e delle Olimpiadi Invernali del 2026, nell’organizzazione dell’evento sono coinvolte la Regione Veneto, il Ministero dell’Ambiente e il Comune di Cortina, oltre chiaramente alle Federazioni Sportive e a vari altri enti come Confindustria Regionale.
In un primo momento le istituzioni coinvolte avevano parlato di Mondiali ed Olimpiadi sostenibili, siglando un documento chiamato Carta di Cortina che avrebbe dovuto guidare la progettazione e realizzazione delle nuove opere nella direzione della sostenibilità ambientale e tutela dei paesaggi.
L’ente deputato a coordinare tutti gli interventi è Fondazione Cortina 2021, che seguirà tutto l’iter fino allo svolgimento dei mondiali di sci, per cedere poi il passo al comitato olimpico. I lavori previsti per rendere l’area adatta alle manifestazioni invernali sono molti, oltre alle reti viarie che verranno costruite e rafforzate per raggiungere Cortina, sono numerosi anche gli interventi sulle Dolomiti che circondano il paese.
Sono in costruzione nuovi impianti di risalita, nuove strade in quota per permettere lo spostamento di atleti e tecnici, oltre a dighe e vasche d’acqua per l’innevamento artificiale, aree da adibire a stadi per l’arrivo delle piste di discesa e interventi per ampliare le strutture.
L’inizio dei lavori ha scatenato le reazioni dei cittadini e delle associazioni
L’inizio dei lavori, con la smobilitazione di migliaia di metri cubi di terreno, ha provocato l’immediata reazione di associazioni ambientaliste ma anche di alpinisti e guide alpine che vivono in queste montagne.
In particolare, sono contestati i lavori nei versanti delle Tofane e delle Cinque Torri dove le ruspe sono in azione per preparare i tracciati di tre nuove strade e dei nuovi impianti di risalita e collegamento.
Decine di alberi tagliati, intere aree verdi cementificate e scavi che intaccano anche i boschi circostanti. Gli industriali, la Regione Veneto e la Fondazione Cortina sostengono che questi interventi sono necessari per dotare l’area di infrastrutture adatte all’evento ma anche per consentire uno sviluppo delle vallate che crei lavoro per i residenti.
Buona parte della popolazione locale, molti professionisti della montagna e numerose associazioni ambientaliste denunciano l’impatto delle opere che stanno mettendo a rischio un ecosistema fragile come quello delle Dolomiti.
Queste montagne sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità e sono tutelate da diverse normative nazionali ed internazionali, tra cui la Rete Natura 2000, la Carta del Paesaggio e la Convenzione delle Alpi.
Un conflitto che si ripropone costantemente quello tra tutela degli ecosistemi e le legittime istanze imprenditoriali private, legate spesso ad importanti manifestazioni sportive.
Un investimento, per essere tale, deve però deve avere un ritorno positivo, sarebbe quindi opportuno valutare quanto questi interventi costino alla collettività in termini economici e, soprattutto, ambientali.
L’ISPRA (L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ogni anno realizza un report molto importante, di cui si parla sempre poco, sul consumo del suolo in Italia.
Consumare il suolo significa mangiare territorio in modo irreversibile, il nostro territorio, quello in cui viviamo e che una volta perso non si può recuperare più. Un bene finito e molto limitato che, nonostante ciò, continuiamo a sacrificare senza troppe remore.
Il suolo si consuma quando viene coperto, cementificato, asfaltato o scavato per costruire case, aree industriali, strade o anche impianti di risalita e bacini artificiali per i cannoni sparaneve.
Un terreno che subisce questa trasformazione è definitivamente perso, non potrà più essere area verde, bosco, campagna o semplicemente terreno libero e in grado, per esempio, di assorbire l’acqua o il calore.
Nell’ultimo anno sono stati persi oltre 57 chilometri quadrati di suolo, in pratica 16 ettari al giorno, circa 21 campi di calcio. Un dato enorme per l’Italia, un paese in cui la biodiversità, le aree naturali e il patrimonio paesaggistico sono strettamente legate all’economia.
Un secondo dato da prendere in considerazione, quando si parla di sci e impianti di risalita, è senza dubbio l’andamento dell’innevamento e delle temperature medie.
Sempre l’ISPRA, oltre a diversi centri metereologici, forniscono indicazioni interessanti. Il numero di precipitazioni nevose è in rapida discesa da ormai quasi 15 anni, le quote minime delle nevicate sono sempre più alte, con gran parte dell’appennino ormai senza neve.
Inoltre il costante aumenti delle temperature medie, specie nell’arco alpino, sta provocando un drammatico scioglimento perfino dei ghiacciai.
Nuovi impianti e piste, è davvero un investimento?
Questi dati dovrebbero far riflettere sull’opportunità di investire decine di milioni di euro in impianti di risalita e nuove costruzioni al servizio dello sci da discesa, in un ambiente delicato come quello delle montagne dolomitiche, il bilancio tra costi e benefici rischia di essere drammaticamente negativo.
I mondiali di sci e le Olimpiadi invernali hanno un immediato ritorno economico, un’iniezione di denaro rapida nelle economie locali. Il rischio però è che dopo non ne arrivino altre, che un’economia drogata da questi grandi eventi, negli anni successivi rischi una crisi per la mancanza di neve e sciatori.
Questo è quello che sostengono Mountain Wilderness Italia, fondata da un gruppo di alpinisti, il CAI, Legambiente e Italia Nostra. In un comunicato ufficiale il Club Alpino Italiano ha espresso la sua preoccupazione per gli interventi in atto nelle Dolomiti intorno a Cortina.
Una pericolosa aggressione di fragili ambienti montani, il presidente del CAI Vincenzo Torti ha affermato che “Il futuro della montanità non passa attraverso la distruzione del bello e l’ultracarico insostenibile di impianti di risalita e moltiplicazione di agevolazioni agli accessi.”
Gli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente alpino sono già in atto da diversi anni, c’è un pericoloso fenomeno di sgretolamento delle vette dovuto principalmente alla ritirata dei ghiacciai per l’aumento delle temperature.
Le aziende e gli enti coinvolti invece rispediscono al mittente le critiche, accusando le associazioni e gli oppositori di essere “ambientalisti da salotto” che guardano le montagne dalle città o dalla pianura senza conoscerne le reali esigenze.
Insomma ancora una volta una sintesi difficile quella tra interessi economici e tutela dell’ambiente, nonostante il nostro paese ogni anno paghi prezzi carissimi per le conseguenze del cambiamento climatico.
Le trombe d’aria, come quella avvenuta un anno fa in Val di Rabbi, il dissesto idrogeologico, le frane, le precipitazioni violente e un clima sempre più instabile forse non hanno ancora insegnato che questi cambiamenti impattano sempre più sulla vita delle comunità e sull’economia nazionale.
I soggetti coinvolti dovrebbero forse sedersi intorno ad un tavolo per ascoltare quello che hanno da dire ricercatori ed esperti, provando a guardare un po’ più in la dell’immeditato ritorno economico, cercando una strada che salvaguardi l’ambiente senza pregiudicare gli eventi. Certo è difficile, ma non c’è sfida più importante in questo momento.