Il Cai non vuole rimuovere le croci in vetta: la verità dietro le polemiche
Un articolo uscito sulla rivista Lo Scarpone e alcune parole pronunciate nel corso di un convegno all'università Cattolica di Milano hanno innescato una polemica sulla volontà del Cai di eliminare le croci di vetta. La notizia è stata commentata perfino da due Ministri ma, i fatti, sono che nessun protagonista di questa vicenda ha mai detto di voler "bandire" questi simboli
Nella giornata di giovedì 22 giugno 2023 si è tenuto un convegno all’Università Cattolica di Milano per presentare il libro Croci di vetta in Appennino di Ines Millesimi.
All’appuntamentohanno partecipato Monsignor Melchor José Sànchez (relatore del Dicastero delle Cause dei Santi), il direttore editoriale della rivista Lo Scarpone Marco Albino Ferrari e il professore Marco Valentini, docente dell’ateneo milanese.
Nel corso dell’evento si è affrontato il tema delle croci in vetta, si è parlato del ruolo e della funzione di questi simboli che da decenni vengono innalzati su vette alpine e appenniniche.
Durante l’incontro i partecipanti hanno fatto alcune riflessioni sul piano giuridico, storico e religioso in merito al ruolo di queste installazioni nell’attuale contesto culturale della montagna.
Nel corso del convegno i relatori hanno affermato che le croci in vetta sono un patrimonio da tutelare ma, allo stesso tempo, hanno rilevato che la costruzione di nuove croci, spesso di mastodontiche dimensioni e con finalità più promozionali che non spirituali, rischi di svilire questi simboli.
Queste parole hanno dato la spinta definitiva alle polemiche montate intorno ad una notizia falsa, ovvero che il Cai avrebbe voluto vietare ed eliminare le croci in vetta.
L’origine di questa “non notizia” si può individuare in un articolo uscito una decina di giorni prima del convengo sull’organo di informazione ufficiale del Cai Lo Scarpone.
Infatti il 13 giugno 2023 Pietro Lacasella, curatore e responsabile social di “Lo Scarpone”, pubblicava un articolo che introduceva il tema del convegno che si sarebbe tenuto alla Cattolica e rifletteva sul significato delle croci in vetta e sull’opportunità di installarne di nuove.
Nell’articolo Lacasella afferma:
“Ma la società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove? Probabilmente la risposta è no. Innanzitutto perché l’Italia si sta rapidamente convertendo in uno Stato a trazione laica, territori montani compresi. Pertanto la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale”.
L’articolo prosegue sostenendo che:
“In secondo luogo perché la montagna è un elemento paesaggistico che, per ovvie ragioni, da sempre si carica sulle spalle una gravosa valenza simbolica, capace di influenzare il pensiero collettivo: il messaggio trasmesso dai rilievi non dovrebbe più riflettere il periodo compreso tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del secolo successivo (arco temporale nel quale furono installate la maggior parte delle croci di vetta), ma dev’essere riadattato sulle caratteristiche e sulle necessità di un presente che non ha più bisogno di eclatanti dimostrazioni di fede, ma di maggiore apertura e sobrietà”.
In nessun parte dell’articolo si parla di rimozione delle croci di vetta e nemmeno di divieti di nuove installazioni, ma si tratta solo di una riflessione sull’opportunità e il significato di questi simboli nell’attuale contesto sociale e culturale.
Una riflessione molto simile a quella fatta da Marco Albino Ferrari nel corso della serata di presentazione del volume di Ines Millesimi Croci di vetta in Appennino all’Università Cattolica di Milano.
Ben presto le parole dell’articolo uscito su Lo Scarpone e pronunciate nel corso del convengo hanno iniziato a circolare sui social media, riprese e pubblicate in pagine, gruppi e profili vicini al mondo della montagna.
Parole che spesso sono state però riportate in modo infedele e travisandone il significato. Nel giro di pochi giorni il titolo della notizia è diventato “Il Cai vuole eliminare le croci di vetta”.
In poco tempo la notizia, in questa sua nuova veste, fa il giro degli organi di informazione e arriva perfino alle orecchie di alcuni membri del Governo, che decidono di prendere posizione sull’annosa questione.
Il primo è il Ministro delle Infrastrutture e Vicepremier Matteo Salvini che dichiara:
“Rispetto le idee di tutti, amo la montagna e penso che il CAI faccia un lavoro enorme per tutelarla e valorizzarla. Penso però che la proposta di “vietare” il Crocifisso in montagna perché “divisivo e anacronistico” sia una sciocchezza, senza cuore e senza senso, che nega la nostra Storia, la nostra cultura, il nostro passato e il nostro futuro”.
Le dure prese di posizioni di ben due Ministri, gli articoli usciti su diverse testate nazionali e i numerosi messaggi pubblicati sui social hanno obbligato il Cai a pubblicare un comunicato nel quale è specificato che l’associazione non ha mai affrontato la questioni croci in vetta.
I chiarimenti sono affidati alle parole del presidente generale del Cai Antonio Montani, che ha dichiarato:
“Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro”.
I fatti sono che nessun comunicato o nessuna dichiarazione è mai stata fatta dal Club Alpino Italiano sulla questione delle croci in vetta.
I fatti sono che due persone, legate professionalmente al Cai, hanno scritto e pronunciato alcune riflessioni su questi simboli e, in generale, sulla mutata percezione della montagna nella società attuale senza mai parlare di divieti o eliminazioni.
I fatti sono che in due contesti di divulgazione della cultura della montagna, la testata Lo Scarpone e un convengo in un ateneo milanese, si è parlato e discusso proprio di cultura della montagna.
Il problema è che alcune riflessioni di ordine culturale sono state prese, estrapolate, decontestualizzate e utilizzate per fare polemica anziché cultura, scontro anziché dialogo, su uno dei tanti aspetti della cultura delle montagna.