I tentativi di ampliare e intensificare lo sfruttamento sciistico del Terminillo non sono nuovi. È una storia vecchia, che ha sempre goduto del sostegno delle popolazioni locali, in particolare degli abitanti di Leonessa, come risposta all’abbandono e al declino economico della zona. Nel corso degli anni sono state proposte numerose ipotesi progettuali, quasi tutte basate su due punti principali: 1) la costruzione di nuove piste sui versanti esposti a nord, più innevati e paesaggisticamente molto belli (Vallonina e altre zone in territorio leonessano); 2) il collegamento dei vari comprensori esistenti attraverso un impianto di scavalco della cresta sommitale (in diversi punti a seconda dei progetti).
Fino a un paio di anni fa a tenere banco era il cd. “progetto ISIC”, cavalcato dall’amministrazione comunale di Leonessa, basato sulla costruzione di piste e impianti nella Vallonina e da una funivia di scavalco sulla cresta Sassetelli. Il progetto ISIC è stato contrastato subito dalle associazioni e dalle forze politiche ecologiste come palesemente insostenibile dal punto di vista ambientale. Ciononostante, tale progetto continua a godere della considerazione di molti amministratori locali e di precise parti politiche.
Il progetto di cui, invece, si discute adesso è stato presentato dalla nuova Amministrazione provinciale di Rieti, eletta nel 2004 e rieletta in questi giorni (22 giugno 2009), proprio in risposta al progetto ISIC. Il progetto in questione è stato predisposto, in forma preliminare, da un professionista veneto (tale Ing. Costantini), vincitore di un bando pubblico della Provincia di Rieti. Questo nuovo progetto, battezzato “Terminillo Superski”, viene pubblicizzato come un tentativo di conciliare lo sfruttamento sciistico e la tutela ambientale della montagna.
I numeri del “superski” sono i seguenti:
si costruiscono 36 km di nuove piste, che sommati ai 6 km attuali portano il bacino a un complesso di 42 km di piste da discesa;
si costruiscono 12 nuovi impianti + la grande funivia di scavalco della cresta sommitale, portando da 4 a 17 gli impianti esistenti;
tutti i km di piste saranno serviti da impianti di innevamento artificiale, interamente da costruire ex-novo;
si dovranno anche costruire (ma non si hanno numeri certi a proposito) strade di servizio ai cantieri e per la posa dei piloni, nuove strutture di trasporto (strade e parcheggi), nuove strutture ricettive (alberghi, esercizi di ristorazione, negozi e servizi vari).
I correttivi principali rispetto al “Progetto ISIC” sono i seguenti:
non si interviene tracciando nuove piste e/o impianti direttamente nell’area SIC della Vallonina;
l’impianto di scavalco viene spostato leggermente più in basso, dai Sassetelli alla Selletta di Cantalice (quota 1.833);
viene istituito il Parco del Terminillo.
Questo progetto è stato presentato ufficialmente dalla Provincia di Rieti (vd. volantino allegato e vedi il sito www.superskiterminillo.eu). Fino a qualche settimana fa era disponibile anche un video ufficiale con il Presidente della Provincia e l’Assessore competente, ma adesso è stato eliminato.
La Regione Lazio ha stanziato 20 milioni nella Legge finanziaria regionale come primo finanziamento del progetto (2 milioni per il 2009, 9 per il 2010 e altri 9 per il 2011). Non si sa quanto possa costare il progetto a regime, ma nessuna delle cifre di cui si discute negli ambienti istituzionali è inferiore ai 60-80 milioni di euro.
Purtroppo il “superski” finora è stato sempre presentato nella forma di “avvincenti” simulazioni in 3D, senza nessun documento di analisi: non abbiamo nessun calcolo ingegneristico, nessuna analisi di fattibilità (finanziaria, economica, giuridica), nessuna valutazione di impatto ambientale. Nemmeno in forma preliminare. Non sappiamo se l’Ing. Costantini ha fornito alla Provincia di Rieti qualcosa in merito, ma è certo che nulla è stato divulgato. La nostra critica al superski, quindi, si basa sui soli aspetti tecnici palesi anche in base ai pochi elementi disponibili.
Qui di seguito i nostri punti critici.
In primo luogo, lamentiamo proprio l’assenza di un progetto serio, corredato da analisi di fattibilità. Riteniamo che sia un preciso dovere della Provincia di Rieti (ente promotore) e della Regione Lazio (ente principale finanziatore) presentare tutte le analisi necessarie per un confronto serio e circostanziato con la società civile.
In assenza (e in attesa) di tali documenti, resta a noi “tecnici” il forte dubbio che la costruzione di 36 km di nuove piste e di 13 impianti di risalita in un comprensorio come quello del Terminillo (6 km di piste e 4 impianti attualmente esistenti già in crisi gestionale) non si sostenga né dal punto di vista finanziario, né da quello economico. In particolare, i flussi di domanda che sarebbe necessario attivare per ottenere un pareggio gestionale sono ingentissimi, volendo contenere il prezzo unitario medio (dello skipass e dei servizi connessi, per intenderci) a livelli competitivi rispetto agli altri comprensori degli Appennini e delle Alpi (chiaramente c’è una relazione inversa tra prezzi unitari praticati e flussi di domanda attivati).
Rispetto al punto precedente, occorre sottolineare che è vero solo in parte che la costruzione dei nuovi impianti, di per sé, genera nuovi flussi di domanda. Occorre comunque dimostrare che si tratta di flussi sufficienti ad attivare reddito e occupazione (direttamente e indirettamente) con ricadute positive sul tessuto produttivo, economico e sociale locale.
Il presupposto principale per l’intensificazione dello sci di pista sul Terminillo è – secondo i sostenitori dei vari progetti – che sui versanti nord della montagna (quello leonessano, per intenderci) l’innevamento è decisamente migliore che sui versanti a sud-sudovest (quello di Rieti-Campoforogna). Questo è vero, ma si tratta di un pleonasmo: tutti i versanti nord sono più innevati dei versanti sud… Resta da dimostrare che l’innevamento sia sufficiente per lo sci di pista e, in particolare, alle nuove piste progettate. Quando si dice “sufficiente” non si parla solo di quantità della neve, ma anche di qualità del manto nevoso con riferimento alla sua consistenza, alla valangosità dei pendii, alle condizioni nivo-metereologiche generali delle aree interessate. Da questi punti di vista l’Appennino è diverso dalle alpi: neve può essercene tanta, ma spesso è poco sciabile (per lo sciatore “pistaiolo”) e poco sicura, con condizioni di contesto che peggiorano il quadro (nebbia e visibilità zero, tormente, vento forte, pioggia anche in quota, ecc.). Le condizioni di alta pressione invernale tipiche dei bacini dolomitici, per intenderci, sull’Appennino centrale sono decisamente più rare.
La neve, comunque, è spesso insufficiente. Le ultime due annate sono state eccezionali rispetto al trend, ma solo nel 2007 il Comune di Leonessa e gli altri centri del comprensorio chiedevano alla Regione Lazio lo stato di calamità naturale per mancanza di neve, in modo da ottenere sussidi per le attività turistiche locali.
In mancanza di analisi precise sulla fattibilità del progetto e sulla sciabilità reale dei nuovi percorsi, restano fermi alcuni problemi ambientali. Anche di questi, in assenza di studi preliminari, è possibile solo fare un elenco nei punti che seguono. Ma prima occorre sottolineare un elemento preliminare: se si riuscisse a dimostrare che il progetto è in grado di attivare i flussi di domanda necessari a garantirne la fattibilità economico-finanziaria, allora i problemi ambientali “a regime” (quelli legati all’uso delle strutture, non alla loro costruzione) aumenterebbero conseguentemente nella loro struttura a termine (ossia nel lungo periodo).
la costruzione dei nuovi impianti di risalita e della funivia di scavalco ha un impatto enorme sul paesaggio montano, in particolare sui profili di alta quota;
per realizzare tali opere sarà necessario abbattere migliaia di alberi e sbancare migliaia di metri cubi di terra e roccia, il regime delle acque nel sottosuolo e nel soprassuolo sarà compromesso, e quindi l’equilibrio idrogeologico;
la tracciatura delle nuove piste, la posa dei piloni (con la creazione di una strada di cantiere per camion e ruspe), la costruzione di infrastrutture turistiche e di trasporto, ecc., colpiscono i biotopi della montagna (i boschi, le praterie aride d’alta quota, i ghiaioni e gli ambienti rocciosi, ecc.) con la conseguente perdita di biodiversità (essenze vegetali e specie animali) e di forme del paesaggio, anche di quello modellato da forme tradizionali e culturalmente radicate di antropizzazione;
gli impianti di innevamento artificiale rappresentano uno dei costi ambientali maggiori di questo progetto: basti pensare che per l’innevamento base di un solo ettaro di pista servono 1 milione di litri d’acqua (circa 5.000 ¤ di costo solo dell’acqua, senza considerare il problema di dove viene reperita) e per l’innevamento definitivo con strati successivi una quantità almeno quadrupla di acqua (4 milioni di litri, per circa 20.000 euro). E non si contabilizzano i costi energetici. L’innevamento artificiale non può essere la risposta generalizzata alla insufficienza quali-quantitativa del manto nevoso, perché non è sostenibile né dal punto di vista ambientale, né da quello economico-finanziario. E anche perché anche la neve artificiale richiede particolari condizioni ambientali, in particolare temperature inferiori allo zero.
Nel progetto non si menziona alcun piano di accantonamento finanziario per lo smantellamento e/o il rinnovamento dei nuovi impianti alla fine della loro vita tecnico-economica (solitamente 30 anni). Tali piani di accantonamento sono assolutamente necessari, altrimenti è implicitamente stabilito che gli impianti – prima o poi – restino ad arrugginire sui fianchi della montagna, come già accade. Ovviamente la necessità di accantonare risorse per fare fronte al “fine vita” degli impianti assottiglia ulteriormente i margini gestionali, con ricadute negative che devono essere contabilizzate negli studi di fattibilità economico-finanziaria.
A questo si aggiunga che, sebbene non si prevedano nuove piste e impianti direttamente nell’area SIC, il nuovo progetto ha comunque un forte impatto sulla faggeta originaria della Vallonina, perché sono previsti interventi molto invasivi su aree immediatamente limitrofe al SIC strettamente inteso.
Ultimo, ma non per importanza, il problema del Parco. Le associazioni ambientaliste e della montagna propongono da tempo l’istituzione di forme di protezione dell’ambiente sul Terminillo. Ma il Parco deve essere la chiave di volta di una strategia alternativa di sviluppo del territorio, che punti alla valorizzazione ambientale, all’imprenditoria turistica sostenibile, alla diversificazione dell’offerta turistica e all’integrazione della filiera, all’allungamento della permanenza media dei turisti e alla destagionalizzazione dei flussi. Il Parco non può ridursi a un piccolo intervento risarcitorio a fronte del “superski”, con il quale avrebbe necessariamente conflitti sia sugli obiettivi, sia sugli strumenti.
Rispetto a questi punti critici, l’iniziativa ufficiale del CAI (Gruppo Regionale del Lazio) ha promosso la stesura di un appello alle amministrazioni competenti, per ottenere audizione e riscontri sul progetto “superski”. L’appello ha, per ora, ottenuto l’appoggio di altre importanti associazioni (WWF, Mountain Wilderness, Uisp Lega montagna, Italia Nostra, Associazione docenti di Storia dell’arte).
L’appello sarà firmato e presentato con un’iniziativa pubblica, programmata per domenica 26 luglio 2009 presso il Rifugio CAI Angelo Sebastiani al Terminillo (Sez. di Rieti). In occasione della firma, la sez. CAI di Rieti guiderà tutti i partecipanti in una breve escursione di verifica “sul campo” dei danni ambientali che il “superski” produrebbe.
Nei giorni successivi alla firma dell’appello, presumibilmente mercoledì 29 luglio, si terrà a Roma una conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, presso la sede di una delle associazioni co-firmatarie (Legambiente o Italia Nostra, ancora da decidere).
Contemporaneamente, il CAI si fa promotore anche di un lavoro di valore propositivo, che metta al centro l’obiettivo dello sviluppo sostenibile del Terminillo, basato su programmi di tutela e valorizzazione ambientale, di incentivazione delle forme eco-compatibili di impresa turistica, di integrazione delle risorse culturali, ambientali, eno-gastronomiche e turistiche del territorio. Per dimostrare che non solo e non tanto lo sci di pista, quanto il pregio ambientale e culturale complessivo del Terminillo, se adeguatamente conservato e valorizzato, può garantire un futuro alla gente delle “Terre alte” reatine.
A cura di Alessio Liquori – CAI CTAM Lazio
Roma, 2 luglio 2009