Crisi climatica: qualcosa inizia a muoversi

Un anno drammatico, la pandemia ha sconvolto il mondo rubando la scena e le cronache a ogni altro fatto. La crisi climatica però non si è fermata e sarà la prossima grande sfida dell'umanità. In uno dei periodi più bui per l'intera umanità qualcosa inizia però a cambiare.

8 dicembre 2020 - 10:37

Quest’anno il Coronavirus è stato al centro delle cronache, oltre l’epidemia anche l’infondemia: ogni tv, giornale e radio ha dedicato infatti la maggior parte degli spazi a questo evento senza precedenti.

Un altro evento però, altrettanto grave e minaccioso per la nostra civiltà, ha perso spazio nel dibattito pubblico: l’emergenza climatica. Un problema globale che sta facendo sentire i suoi effetti su ogni settore economico e, ancor più importante, sulla nostra stessa vita.

A passo lento: cosa si sta facendo per il cambiamento climatico

Durante il primo lockdown di marzo e aprile hanno fatto notizia la riduzione dell’inquinamento nella pianura padana, le acque dei canali di Venezia tornate limpide e le città finalmente libere da smog e polveri sottili per qualche giorno.

Poi però tutto è stato superato, l’epidemia, l’estate, le misure restrittive, gli aiuti economici e molte altre notizie hanno lasciato l’ambiente e il clima in secondo piano.

Il problema però esiste anche se non ne parliamo, i suoi effetti ci colpiscono anche se i telegiornali parlano dell’ennesima frattura nella maggioranza o delle prese di posizione dell’opposizione.

Nonostante il troppo rumore, qualcosa nel mondo si è mosso, in alcuni casi a sorpresa in altri invece con azioni attese, ma tutte con impatti potenzialmente positivi.

 

La mossa a sorpresa del Governo Britannico

La prima, inaspettata, decisione arriva dalla Gran Bretagna. Il premier Boris Johnson pochi giorni fa ha annunciato un rivoluzionario piano industriale verde per convertire l’economia del paese e renderla ecosostenibile, con una spinta verso le fonti di energia rinnovabile e il divieto di vendita di veicoli diesel e benzina a partire dal 2030.

Un piano su dieci punti, con un investimento di 12 miliardi di sterline e che, secondo le stime del Premier, dovrebbe creare 250 mila posti di lavoro nel paese.

I pilastri su cui questo programma poggia sono la fine dei motori a combustione e una spinta definitiva verso l’idrogeno e l’elettrico.

Una politica energetica innovativa che punti all’incremento di produzione di energia eolica, allo sviluppo dell’idrogeno e alla creazione di una nuova generazione di reattori nucleari di piccola dimensione e sicuri.

Importante sarà anche il piano per l’efficientamento energetico di tutti gli edifici pubblici e di buona parte di quelli privati, con incentivi e decontribuzioni mirate.

Inoltre sono previsti interventi importanti nella mobilità, sia urbana che extraurbana, con una centralità per il trasporto pubblico ferroviario e la mobilità urbana pedonale e ciclabile.

Le organizzazioni ambientaliste plaudono questo cambio di passo, ma temono che gli investimenti messi sul piatto non siano sufficienti, perché inferiori a quelli destinati da altri paesi europei.

In ogni caso, un passo fondamentale da parte di un Governo conservatore che non aveva mai messo nel suo programma interventi in questa direzione.

 

La vittoria di Biden, una speranza per il mondo

Un altro evento che ha catalizzato l’attenzione dei media nelle ultime settimane è stata l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti.

La contesa elettorale ha incoronato come vincitore Joe Biden, tra i punti cardine del programma elettorale del neopresidente c’è la rivoluzione verde dell’economia americana e il ritorno degli U.S.A. tra i paesi aderenti alla Cop21 di Parigi.

Gli Stati Uniti sono il terzo paese al mondo per quantità di CO2 immessa nell’atmosfera, le loro politiche ambientali sono quindi dirimenti per il successo del contrasto alla crisi climatica.

Il piano per contrastare il cambiamento climatico indicato da Biden è stato definito dagli esperti americani come il più ambizioso mai presentato da un Presidente degli Stati Uniti.

Il ritorno degli U.S.A. tra gli stati aderenti all’accordo sul clima di Parigi sarà uno dei primi atti ufficiali del nuovo Presidente, ma la sfida principale sarà ridurre le emissioni interne di CO2 attraverso nuove e lungimiranti politiche interne.

La proposta poggia su alcuni pilastri fondamentali, primo fra tutti rendere la produzione elettrica americana indipendente dal carbone entro il 2035, azzerando le emissioni nette di carbonio entro il 2050.

Le emissioni nette sono il risultato di una sottrazione, ovvero il numero di tonnellate di Co2 immesse nell’atmosfera meno la quantità di Co2 che si riesce ad assorbire, ad esempio, piantando alberi.

La riduzione delle emissioni passa anche attraverso un poderoso piano di efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati degli Stati Uniti, che impegnerà uno stanziamento di duemila miliardi di dollari per intervenire su circa quattro milioni di edifici.

Ulteriori imponenti interventi saranno fatti sul trasporto pubblico e privato, per una rapida transizione verso l’elettrico a scapito del diesel e della benzina.

Un’operazione non semplice, infatti il Presidente dovrà fare i conti le lobbies del petrolio e del carbone, con i gruppi industriali e con un Senato che potrebbe essere a maggioranza repubblicana e quindi di ostacolo ai provvedimenti normativi necessari a raggiungere il risultato.

 

La Cina, il paese più inquinante al mondo, per la prima volta annuncia un piano verde

Nel corso dell’assemblea Generale dell’ONU che si è tenuta a settembre il Presidente Cinese Xi Jinping ha dichiarato che il suo paese si impegnerà a raggiungere la neutralità carbonica, ovvero le zero emissioni, entro il 2060.

Il piano prevede il picco delle emissioni entro il 2029 per poi iniziare una rapida discesa, attraverso una imponente conversione industriale, energetica e ambientale dell’intero paese, con corposi investimenti in tutti i settori.

Si tratta della dichiarazione più importante mai fatta dalla Cina su questo tema, un impegno senza precedenti che, se rispettato, risulterà decisivo per la lotta ai cambiamenti climatici.

Infatti la Cina produce circa il 28% delle emissioni di Gas Serra dell’intero pianeta e ha un tessuto industriale ancora molto legato ai combustibili fossili.

Il Presidente, nel suo discorso all’assemblea ONU, ha dichiarato che “L’umanità non può più permettersi di ignorare i ripetuti avvertimenti della natura e di seguire il sentiero finora battuto dell’estrazione di risorse senza investire nella tutela dell’ambiente, di cercare lo sviluppo a discapito della salvaguardia e di sfruttare le risorse come se fossero inesauribili”

Questo messaggio ha una portata storica e, probabilmente, una valenza politica. Infatti la dichiarazione è stata fatto quando Trump ancora era il Presidente di quegli Stati Uniti che avevano lasciato gli accordi sul clima di Parigi e privi di una concreta politica di contrasto ai cambiamenti climatici.

Il Governo Cinese, dopo il crollo di popolarità dovuto all’epidemia di Coronavirus, ha colto l’occasione per cercare di riscattare parzialmente  l’immagine internazionale del paese.

 

Il 37% delle risorse del Next Generation EU saranno investite per il Green Deal Europeo

L’ultimo tassello, ma non per importanza, riguarda le linee guida dell’imponente piano di finanziario di aiuti realizzato dall’Unione Europea per supportare gli stati membri nella ripresa dalla crisi economica provocata dall’epidemia.

Il piano, denominato Next Generation EU, stabilirà come saranno investite le risorse del Recovery Fund, un fondo di stimolo all’economia di circa 750 miliardi di euro. Uno strumento finanziario senza precedenti a disposizione dei paesi europei per innovare e migliorare i singoli stati.

La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha dichiarato che il 37% delle risorse del Next Generation EU sarà investito direttamente per perseguire gli obiettivi del Green Deal Europeo.

Risorse che saranno investite per la conversione energetica dell’Unione Europea, l’obiettivo dichiarato dalla Commissione è ridurre le emissioni di gas serra dal -40% al -55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, anno di riferimento del protocollo di Kyoto.

Con l’obiettivo finale di azzerare le emissioni nette entro il 2050, quando l’Europa dovrebbe aver completato la transizione verde ed essere diventata il primo continente climate-neutral.

Date e obiettivi non distanti da quelli degli altri grandi inquinatori mondiali, Cina e Stati Uniti, che se rispettati potrebbero avvicinare gli obiettivi fissati dalla COP 21 di Parigi del 2015.

 

Anche la Nuova Zelanda dichiara lo stato di emergenza climatica

Il Primo Ministro Neozelandese Jacinda Ardern ha dichiarato lo stato di emergenza climatica e ha annunciato un piano per raggiungere le zero emissioni di CO2 entro il 2025. Anticipando la data del 2050 indicata nel precedente Zero Carbon Act come termine per portare a zero le emissioni di CO2.

È trentaseiesimo stato ad aver dichiarato lo stato di emergenza per i cambiamenti climatici ed uno di quelli con i piani più ambiziosi per la riduzione di emissioni.

Nonostante lo scarso apporto alla quantità globale di emissioni di CO2, la Nuova Zelanda proporzionalmente al numero di abitanti è uno dei paesi più inquinanti.

Nel discorso che la Premier Jacinda Ardern ha tenuto davanti al Parlamento per presentare il provvedimento ha dichiarato che ormai gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più impattanti sul suo paese.

Gli eventi climatici estremi come tempeste e tornado, la siccità e la desertificazione di molte aree del paese, la scomparsa di molte specie vegetali e animali e lo stato degli oceani impongono un intervento forte e non più rimandabile.

La Presidente, continuando il suo discorso, ha affermato come economia e salute pubblica siano direttamente minacciati dai cambiamenti climatici e che è necessario riuscire a rispettare i parametri ed obiettivi che i paesi aderenti si erano dati con l’accordo sul Clima di Parigi.

 

Forse la pandemia è servita da monito per i Governi

“La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.” Queste le parole di Albert Einstein che si possono leggere nella raccolta di saggi Io come vedo il mondo.

Senza dubbio questo 2020 è stato uno degli anni più duri per l’intero pianeta da parecchi decenni, una pandemia che ha ucciso oltre un milione e mezzo di persone e che ha completamente sconvolto il nostro modo di vivere, relazionarci e lavorare.

Un evento che ha mostrato come non esista economia sviluppata o potenza economica in grado di fermarsi ad eventi catastrofici come una pandemia.

Stati Uniti, Europa, Cina, tutte le grandi nazioni hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane e di crescita economica, tutti i Governi sono stati sopraffatti da questo evento drammatico.

Eventi tanto grandi e potenti che toccano tutti, nessuno escluso, dal grande e ricco paese occidentale fino allo stato in via di sviluppo dell’africa orientale.

Una lezione che molte persone forse non hanno capito fino in fondo ma che, probabilmente, non ha lasciato indifferenti i Governi e i potenti di tutte le parti politiche.

Infatti il cambiamento climatico sta già toccando tutto il mondo e sta accelerando, è la prossima grande sfida globale che l’umanità si troverà ad affrontare nell’immediato futuro, il tempo che si poteva perdere è passato ora è tempo di agire. Sembra che molti lo stiano comprendendo.

 

1 commento

Crisi climatica: qualcosa inizia a muoversi - Massimo Clementi
3:46 pm, gennaio 8, 2021

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