Perché le foreste migliorano il benessere psichico? Uno studio italiano cerca di capirlo
For.Well, un progetto green finalizzato a misurare il benessere psicologico e fisiologico
Già da diverso tempo si è a conoscenza del fatto che gli ambienti naturali,specialmente le aree boschive, contribuiscano a farci stare meglio, specie se stiamo vivendo un momento di vita particolarmente stressante e impegnativo.
Del resto, l’aria della natura è sempre in grado di ricaricarci donandoci nuova linfa in modo del tutto spontaneo. Ma perché questo accade, in che modo e in che misura questo elisir naturale rappresenta un beneficio per il nostro status psicologico e fisiologico?
Una risposta c’è stata data da Sandro Sacchelli, professore associato del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze, nonchè referente scientifico del progetto “For.Well”.
Quest’ultimo è un progetto di ricerca biennale che mira a esplorare come le foreste possano migliorare la salute e il benessere delle persone.
Sebbene molti studi abbiano dimostrato il legame tra il contatto con la natura e il miglioramento delle condizioni psicofisiche, pochi hanno infatti approfondito quali caratteristiche specifiche delle foreste influenzano questo effetto positivo.
Il tutto viene studiato tenendo conto degli aspetti socioeconomici, climatici e logistici al fine valutare i servizi ecosistemici culturali delle foreste.
I risultati potranno essere utili per la gestione forestale e per il marketing territoriale, contribuendo alla progettazione di aree boschive dedicate al ripristino e al miglioramento della salute e del benessere delle persone.
Che cos’è FOR.WELL e da che cosa nasce l’idea generale del progetto, qual è l’obiettivo progettuale?
“Si tratta di un progetto green, dunque di rilevante interesse nazionale, finanziato nel 2022 dal Ministero Universitario della Ricerca. Si inserisce nel filone della ricerca dei benefici che gli ambienti forestali possono conferire alle persone, e va a indagare quindi sia gli aspetti psicologici che gli aspetti fisiologici.
Il tutto avviene attraverso varie modalità di indagine. Stiamo facendo infatti delle interviste, delle analisi su soggetti volontari circa gli aspetti psicologici attraverso dei questionari per capire quale può essere l’impatto dell’ambiente sul benessere delle persone, valutando anche le tempistiche, cioè quanto tempo un soggetto trascorre in un determinato luogo.
Per quanto riguarda l’aspetto fisiologico, invece, andiamo a registrare il trend, ovvero quelli che sono i parametri cardiovascolari, battiti cardiaci e pressione sanguigna.
Dopodiché, c’è un aspetto innovativo, almeno per il panorama nazionale, che riguarda la registrazione dell’andamento delle onde cerebrali attraverso una tecnica specifica chiamata “Fnirs”, ovvero “Spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso”.
Nella pratica, impieghiamo uno strumento portatile che viene fatto indossare agli intervistati, e questo va a registrare l’ossigenazione neurale all’interno della corteccia prefrontale, la quale, ce lo dice la letteratura scientifica, pare essere strettamente correlata da un lato alla variazione di stress e, dall’altro, al rilassamento.
Dunque, attraverso questo strumento e sulla base di alcuni stimoli a cui sottoponiamo gli intervistati, possiamo registrare il livello di rilassamento.
Parlo di ‘diversi stimoli’ perché, soprattutto per quanto riguarda l’indagine in laboratorio, analizziamo diverse tipologie forestali.
Abbiamo effettuato delle registrazioni in varie zone d’Italia, dunque in luoghi alpini, appenninici e nella zona mediterranea, e in questi tre ambiti abbiamo sottoposto gli intervistati a stimoli differenti, sia virtuali che in laboratorio, andando a registrare e mettere insieme i parametri prima elencati, dunque fisiologici e psicologici.
Un aspetto innovativo riguarda la valutazione dei parametri forestali: molti studi si sono concentrati sulla differenza tra ambiente forestale e ambiente urbano, oppure fra foreste naturali e urbane per valutare il livello di benessere e rilassamento.
Tuttavia, ci sono ancora pochi studi che vanno ad indagare le singole variabili forestali e come queste possano avere un impatto diverso.
Questo significa: come alcune specie hanno un impatto sugli intervistati? Quale può essere l’effetto, all’interno della stessa tipologia forestale, delle diverse densità degli alberi sui soggetti? Oppure, come impatta la stagionalità, dunque quale può essere l’effetto delle diverse stagioni sui singoli?”.
Da chi verrà condotto il progetto e quando verrà concluso?
“Il progetto è stato avviato nell’ottobre del 2023, verrà concluso nell’ottobre del 2025, ed è condotto dal Dipartimento DAGRI di Firenze di cui faccio parte.
Dopodiché, ci sono altri collaboratori all’interno del gruppo di dipartimento: Elena Barbierato, Jacopo Bernetti e Francesco Becheri.
Sempre nell’ambito dell’Università di Firenze, è coinvolto anche il Dipartimento Neurofarba con la docente Stefania Righi, la quale darà una mano per quanto concerne l’analisi dei dati neuro-scientifici.
Ci sono poi i partner: l’Università di Trento con la professoressa Sandra Notaro, e l’Università di Bologna con la docente Alessandra Landi.
Infine, per quanto riguarda il CREA della sezione di Trento, è stato coinvolto il professor Alessandro Paletto”.
Quali sono gli elementi chiave, i criteri in base ai quali procederete in questa sperimentazione?
“Tra gli elementi importanti per la scelta dei siti di foresta-terapia rientrano sicuramente diverse variabili: la scelta della logistica, dunque il fatto che il sito sia servito da alcuni sentieri o meno; la viabilità, ovvero in che modo il percorso o il sito è raggiungibile; la distanza dai possibili punti di ristoro oppure dagli alloggi e dai presidi ospedalieri.
Ma sono utili anche i parametri che riguardano la sicurezza degli intervistati, il fatto che ci siano elementi naturali di particolare pregio e rilievo, corsi d’acqua ed elementi di natura paesaggistica.
Tutti questi elementi o parametri, poi, non verranno indagati direttamente all’interno del progetto nel corso delle varie interviste, ma nell’ambito di un’altra azione del progetto stesso, legata alla realizzazione di una carta d’idoneità.
Dunque, si andranno a mettere insieme queste variabili all’interno di alcuni modelli cartografici per poi definire una mappa d’idoneità del territorio legata a questo tipo di attività”.
Attraverso quali modalità raccoglierete i dati psicologici ricevuti dalle persone?
“Per quanto riguarda la parte psicologica presentiamo dei questionari legati a una metodologia specifica, ‘la scala del recupero del benessere’, in cui facciamo domande circa le caratteristiche individuali dei soggetti, quindi età, sesso, titolo di studio, tipologia di ambiente di residenza e così via.
Dopodiché sono previsti degli item, ovvero delle domande specifiche che puntano a misurare quello che può essere il livello di benessere.
Quindi, ad esempio, si andrà ad indagare quanto il soggetto si sente calmo, quanto percepisce il recupero dell’attenzione, quanto percepisce sia possibile superare i problemi quotidiani e via dicendo.
In questo senso, esiste anche una linea base legata all’attivazione dello stress: si andrà quindi a provocare quest’ultimo semplicemente facendo svolgere dei calcoli all’intervistato per poi sottoporre quest’ultimo a diversi stimoli forestali al fine di valutare come il trend psicologico si modificherà”.
Potrebbe spiegare, in breve, come si è deciso di scandire le varie fasi del lavoro?
“Abbiamo cominciato con quello che può essere definito ‘lo stato dell’arte’, quindi si è andati ad indagare la letteratura scientifica sull’argomento, cercando dunque di partire da ciò che era già stato fatto.
Dopodiché, lo step successivo riguarda e riguarderà le interviste sia in bosco con un campione di intervistati, sia in laboratorio con un altro campione.
Ma riguarderà anche le analisi di idoneità territoriale servendosi della carta d’idoneità territoriale a cui accennavo prima.
Quest’ultimo sarà appunto un lavoro più modellistico diciamo. Ci saranno poi azioni legate ad altri partner in quanto in questo progetto non è coinvolta solamente l’Università di Firenze, ma anche quella di Trento per quanto concerne il dipartimento di economia e management, e di Bologna, con il dipartimento di sociologia e diritto dell’ambiente.
Da un lato, l’Università di Trento si occuperà di giungere a una quantificazione di carattere economico, dunque rispetto a quella che può essere la disponibilità di eventuali fruitori o utenti per le diverse tipologie forestali che si sono esaminate.
Dall’altro, l’Università di Bologna analizzerà gli aspetti di natura sociale, dunque si andranno a studiare quelli che saranno gli impatti sul territorio dal punto di vista socioeconomico nel caso in cui venissero attivati dei siti oppure delle stazioni di terapia forestale.
Un altro partner coinvolto è il CREA della sezione di Trento, ovvero il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria”.
Pensa che questo progetto possa avere delle ripercussioni positive per gli sport outdoor, la cui pratica è cresciuta molto nel corso degli ultimi anni?
“Penso proprio di sì. In effetti le attività di foresta-terapia e quelle outdoor in generale sono strettamente correlate: se la persona percepisce questo benessere tramite attività di foresta-terapia magari è anche maggiormente incentivata a sviluppare altre tipologie di attività ed eventualmente il territorio ne può anche beneficiare in senso lato.
Dunque, partendo, magari, da attività più ‘preimpostate’, si può anche arrivare ad altre attività che si possono svolgere in maniera ‘non guidata’ diciamo”.
In che modo questo studio può avere un impatto positivo in termini ambientali?
“Uno degli obiettivi principali della pratica di foresta-terapia è anche la possibilità di poter recuperare aree interne di ambienti forestali che, ad oggi, risultano marginali, dunque non utilizzati in modo attivo.
In questo senso, si può parlare di recupero degli ambienti forestali perché i proprietari possono anche essere incentivati a una manutenzione più efficiente del territorio.
Di poi, a cascata, si potrebbero anche riscontrare degli effetti positivi su diversi tipi di servizi ecosistemici, oppure dal punto di vista dei servizi di regolazione, della posizione idrogeologica e della fissazione di carbonio.
Si potrebbero riscontrare delle positività, però, anche sotto altri aspetti come i servizi culturali, come può essere il mantenimento di un bosco che può apportare benefici dal punto di vista storico o paesaggistico.
Quindi, un intervento in bosco, essendo le foreste degli ambienti multifunzionali, può avere ricadute sotto molti aspetti, e non soltanto su quelli per cui l’intervento è stato effettuato”.
Trovate maggiori dettagli sul progetto direttamente sulla pagina dedicata di FOR.WELL
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