Un dibattito che, in questi mesi, sta tenendo banco nel mondo della montagne e, in particolare, tra i c.d. “addetti ai lavori”, in attesa di una decisione del Governo e delle Regioni.
Purtroppo si parla sempre più spesso di incidenti in montagna.
E’ un fenomeno in crescita perché è aumentato il numero di coloro che desiderano praticare escursioni ed arrampicate sia in inverno che in estate, affascinati dalle alte quote e dai paesaggi spettacolari.
Nella maggior parte dei casi gli incidenti sono da ricondurre a superficialità e scarsa preparazione: molte tragedie si potrebbero evitare se gli escursionisti e gli alpinisti facessero più attenzione alle indispensabili norme di sicurezza.
L’esperienza, invece, ha dimostrato che spesso la difficoltà deriva da una sopravvalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso che si vuole intraprendere e dei relativi rischi.
Spesso la possibilità di contare sul soccorso alpino e sull’intervento di personale preparato ha finito per indurre un certo irresponsabile innalzamento dei margini della sfida: tanto, nel peggiore dei casi, li tirano comunque fuori!
Abbiamo incontrato un professionista, che la montagna la vive e la conosce molto bene e che, in prima persona, è impegnato ogni anno ad accompagnare gruppi di appassionati sulle vette, sempre applicando quegli accorgimenti suggeriti dal giusto rispetto che si deve alla montagna e che rendono ogni escursione sicura, evitando inutili rischi spesso corsi solo per il gusto della sfida estrema.
Stiamo parlando di Paolo De Luca che, rispondendo ad alcune nostre domande, ci fornisce il suo punto di vista sulla questione, aiutandoci a capire il nocciolo del dibattito, dal punto di vista chi la montagna la vive.
Quali sono le precauzioni da adottare per evitare incidenti in montagna?
Preliminare a qualsiasi attività in montagna, è la consultazione dei bollettini meteo, tenendo tra l’altro presente che in montagna le condizioni del tempo possono cambiare in pochi minuti, come ad esempio accade sulla catena montuosa del Gran Sasso d’Italia data la sua particolare vicinanza ai due mari.
Come già accennato, fondamentale è scegliere l’itinerario in base alla propria preparazione fisica e tecnica.
Abbigliamento ed equipaggiamento devono essere adeguati alla difficoltà ed alla durata dell’escursione. Nello zaino (con Air Bag) non deve mai mancare l’occorrente per le situazioni di emergenza: telo termico, lampada frontale, Kit di primo soccorso, telefonino cellulare – Gps nel quale si può scaricare l’App “GeoResQ”, pala, sonda, Artva. É preferibile non avventurarsi da soli.
Consigli a parte, da più fronti si invoca una legge in grado di arginare l’impennata di incidenti in montagna. Attualmente, infatti, non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dello sciatore-alpinista, dell’alpinista, dell’escursionista e più precisamente per gli sport di avventura.
A mio avviso, innanzitutto si potrebbe modificare la Legge 363/2003 sulle norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci di discesa e fondo estendendola anche allo sci alpinismo, all’escursionismo, all’alpinismo.
Così come nell’attuale Legge si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti.
Una soluzione potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative e probabilmente anche vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello).
Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 20-30 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio.
Quale potrebbe essere un valido deterrente per limitare, se non cancellare, le imprudenze in montagna?
Penso che bisognerebbe far pagare per intero al cittadino le operazioni di salvataggio in montagna perché la comunità non può e non deve più farsi carico delle leggerezze degli irresponsabili.
Infatti, le operazioni di soccorso alpino, oltre ad impegnare mezzi e decine di uomini, mettendone a rischio la vita, in Italia sono un costo imputato per intero alla collettività perché gestito dal Servizio sanitario nazionale. La persona soccorsa, quindi, non paga nulla.
Per riflettere, basti pensare che un minuto di volo di un elicottero medicalizzato può arrivare a costare anche 200 euro; cifre inferiori, ma di tutto rispetto, per le operazioni di soccorso con elicottero non medicalizzato o a piedi.
In Austria ed in Slovenia, che dal confine Italiano distano pochi chilometri in linea d’aria, il costo del soccorso è a totale carico del cittadino in emergenza. In questo modo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità.
Convinto di questa proposta?
Certo. La mia non è una voce isolata: a favore della proposta si sono recentemente schierati diversi esperti del settore di fama internazionale, alpinisti come come Abele Blanc, Alessandro Gogna, Reinhold Messner, Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti.
Tutti concordano sul deterrente di tipo economico quale strumento per disincentivare i comportamenti negligenti e sull’importanza di diffondere la cultura della prevenzione del rischio.
A chi il compito certificare la sussistenza dei requisiti necessari a giustificare gli interventi di soccorso alpino?
I reparti specializzati del Corpo Forestale dello Stato, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Esercito (Alpini) hanno la preparazione giuridico – operativa per permettere ai propri uomini di poter ricostruire esattamente qualsiasi evento legato ad infortuni ad alta quota, utilizzando come parametro di riferimento le linee guida del C.A.I. sulle regole di comportamento in montagna.
Infatti ogni corpo ha una propria squadra di soccorso alpino pronta a collaborare, con quella del C.N.S.A.S del Club Alpino Italiano la quale, ai sensi di una Legge di protezione civile, ha il compito di provvedere alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche nonché al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti ad opera di tecnici di soccorso alpino inquadrati come “volontari” e quindi senza alcuna retribuzione economica.
In Italia ci sono regioni dove il soccorso alpino si paga?
In Trentino Alto Adige, Val d’Aosta e Veneto, regioni ad alta vocazione montanara, i propri governanti hanno deciso di porre fine alla gratuità completa degli interventi di soccorso alpino facendo pagare al cittadino in emergenza una sorta di ticket per ogni chiamata invece dell’intero salvataggio.
Questo ticket sembra aver funzionato bene perché le autorità e gli esperti del settore hanno registrato una effettiva diminuzione delle richieste di intervento.
Linea dura in Regione Lombardia contro le imprudenze in montagna: dopo l’introduzione dell’ARTVA obbligatorio su tutti i territori innevati fuoripista, il soccorso in montagna è a pagamento sull’intera Regione con l’introduzione, anche qui, di un ticket ( il Consiglio dei Ministri a metà maggio 2015 ha promosso la Legge regionale n. 5 del 17/03/2015).
In Piemonte il tema è al centro di un dibattito da tempo, ma sinora nulla di fatto.
Quanto costa un intervento?
_ Trentino Alto Adige: ticket 30,00 euro per il ferito grave (in caso di ricovero ospedaliero o in presenza di un referto medico che attesti la gravità dell’emergenza sanitaria); ticket di 110,00 euro per il ferito lieve e ticket di 750,00 euro per persona illesa.
_ Valle d’Aosta: gratuito in caso di emergenza sanitaria; ticket di 800,00 euro per intervento inappropriato a mezzo elicottero (rilevato dall’equipaggio intervenuto – es. alpinista bloccato in parete o escursionista con attrezzatura inadeguata) e ticket di 100,00 euro + 74,80 euro/min (costo al minuto di volo con aeromobile AB412 o 137,00 con aeromobile AW139) per chiamate totalmente immotivate ( rilevate dall’equipaggio intervenuto).
_ Veneto: 25,00 euro/min fino ad un massimo di 500,00 euro per il ferito grave (con ricovero ospedaliero o accertamenti in Pronto Soccorso di un ospedale pubblico); 90,00 euro/min fino ad un massimo di 7.500,00 euro per ferito lieve o persona illesa.
Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino del CAI, percepisce dei contributi per le operazioni di soccorso?
Si. Percepisce finanziamenti pubblici per circa 10 milioni di euro l’anno tra Stato ed enti autarchici locali quali Regioni, Province, Comuni.
A questo punto, un aspetto da risolvere è quello di stabilire se l’organizzazione CNSAS formata da volontari è opportuno riceva finanziamenti pubblici invece di utilizzare squadre di professionisti altamente specializzati già esistenti nel Corpo Forestale dello Stato (Soccorso Alpino Forestale), Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza (Soccorso Alpino Guardia di Finanza), Vigili del Fuoco (Speleo Alpino Fluviale), Esercito (Alpini) a cui eventualmente destinare quelle somme aumentando l’efficacia dei soccorsi.
A tal proposito è da dire che la tempestività negli interventi è maggiore da parte dei professionisti visto che i volontari devono lasciare il lavoro e non sono in continua attesa e disponibilità per le emergenze.