Lo certificano anche gli ultimi dati della Coldiretti che parlano di un significativo aumento degli occupati, soprattutto al Nord, e del boom di iscrizioni agli istituiti agrari.
Oltre ai dati ufficiali che parlano di un +11 % di iscritti alle scuole di agraria e di un 50% di under 35 che al posto in banca preferiscono lavorare presso un’azienda agrituristica, ci sono anche le esperienze raccolte da numerosi studiosi e giornalisti che hanno deciso di analizzare un’Italia che cambia rotta.
Analizzare le motivazioni alla base di questo ritorno non sarà forse cosa facile, ma sicuramente i nuovi agricoltori che entrano nell’azienda di famiglia, che si mettono in proprio iniziando da zero o che vanno a lavorare come dipendenti, apportano una forte innovazione considerando che molti di loro vengono da una formazione di alto livello (laurea, etc.).
Lo Stato o le Regioni ad oggi non hanno dato una risposta adeguata in termini di agevolazioni fiscali o sovvenzioni, ma qualcosa lentamente si sta muovendo. A livello nazionale, per esempio, si è deciso di dare oltre 5.000 ha di terre pubbliche a giovani sotto i 40 anni attraverso la vendita o la locazione, e in alcune Regioni si sta percorrendo la stessa strada.
Un esempio su tutti, quello della Regione Lazio che ha deciso di mettere a bando oltre 300 ha per giovani che vogliono diventare imprenditori agricoli: sono stati assegnati i primi due lotti selezionati su ben 118 piani aziendali presentati. In questi terreni verranno realizzate produzioni tradizionali e di qualità con l’assistenza tecnica dell’Agenzia Regionale per l’Agricoltura.
Quella di mettere a disposizioni le terre abbandonate, che in molti casi ricadono in aree interne soggette sempre di più a fenomeni di erosione, ha il duplice valore di dare nuove opportunità di lavoro in un campo fondamentale per l’economia del Paese e di determinare un nuovo presidio del territorio, che con una rinnovata cultura della manutenzione, può essere la vera unica prevenzione contro i fenomeni di dissesto idrogeologico sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici in atto.
Per il ruolo strategico dal punto di vista socio-economico che il settore agricolo può e deve avere, lo Stato e le Regioni devono applicarsi di più nel mettere in campo misure legislative e fiscali che favoriscano la commercializzazione dei prodotti agricoli a “km zero” e di qualità spezzando il dominio assoluto della distribuzione che tiene i prezzi al produttore sotto la soglia della sopravvivenza, come denunciano le organizzazioni agricole.
Molte esperienze puntano ad aziende agricole multifunzionali ed in rete con i territori di riferimento dove si allargano a macchia d’olio le esperienze del mercatini dei contadini e dei GAS.
Nella multifunzionalità delle aziende possiamo trovare il piccolo agriturismo, sempre più attento alle mutate esigenze alimentari dei cittadini, che gestisce anche una fattoria didattica e svolge attività di animazione legate all’escursionismo, laboratori didattici, ecc.
A chi pensa che l’Italia stia uscendo dalla crisi in tempi rapidi e che magari lo farà seguendo i vecchi modelli economici diciamo, sapendo di essere in buona compagnia, che i nuovi residenti delle aree interne che hanno deciso di tornare all’agricoltura sono il segnale positivo di un cambiamento culturale di cui forse la crisi è una delle cause più forti e quindi questo nuovo modello socio-economico che si va delineando va preso molto sul serio facendolo diventare sempre più strategico con misure legislative adeguate ed utilizzando al meglio, ad esempio, le risorse della programmazione 2014-2020.
Noi non ci stancheremo di dirlo ed i dati raccontati in questo breve articolo ci danno ragione, per questo nei prossimi articoli approfondiremo con interviste ed inchieste di territorio mirate.
diPaolo Piacentini