Ecco Menozero, uno zaino pratico e innovativo pensato per l’outdoor
Edoardo Pini, membro dell'Istituto Italiano di Tecnologia e appassionato di outdoor, ha deciso di rimboccarsi le maniche per rendere più pratico e leggero un elemento fondamentale per l'outdoor: lo zaino. Il risultato è Menozero, un prodotto pensato per gli escursionisti che potrebbe distinguersi all'interno del mercato. Abbiamo deciso di fare una chiacchierata con l'inventore per saperne qualcosa in più
Uno zaino da trekking non convenzionale
Menozero può essere considerato uno zaino molto diverso da quelli che siamo abituati a vedere sugli scaffali di qualsiasinegozio outdoor.
Il design che lo compone unito all’efficiente organizzazione dei suoi spazi e alla sua ottima accessibilità lo rendono un prodotto capace di fare la differenza.
Spesso, infatti, gli zaini normalmente in commercio si caratterizzano per i volumi non totalmente ottimizzati o per la scarsa modularità.
In questo senso, il prodotto ideato da Edoardo Pini si presenta invece come function-driven, il che significa che sia la funzione che l’usabilità si situano al centro del progetto.
Come nasce l’idea di Menozero?
L’idea nasce in un momento specifico, ovvero durante il cammino di Santiago che ho intrapreso nel 2013.
Poi, qualche spunto in più è derivato anche dai successivi trekking che ho fatto in alta quota.
Durante il cammino di Santiago, tuttavia, capitava più spesso che dovessi mettere mano al materiale contenuto nello zaino.
I giorni di cammino erano tanti e dopo i primi tre già notavo che il contenuto si mischiava troppo facilmente.
Dunque ho avuto molta difficoltà a trovare sempre quello che cercavo: prendere il k-way anziché qualcosa da mangiare, ad esempio, non era molto semplice.
In occasione di quel cammino utilizzavo uno zaino da 45L con apertura anteriore, posteriore e frontale.
Tuttavia, nonostante questo, molti erano gli angoli bui e la forma della sacca non permetteva di mantenere ordine al suo interno.
Di qui l’idea: quale sarebbe stato lo zaino migliore in quel momento di difficoltà?
Ho pensato così a un’unione tra ciò che poteva essere facilmente modulabile e qualcosa che potesse garantirmi una certa praticità permettendomi di organizzare le cose in modo ordinato tramite degli scomparti differenti.
Così è nato Menozero diciamo.
Grazie a quali caratteristiche tecniche pensa che questo zaino possa differenziarsi sul mercato?
Sicuramente l’organizzazione del materiale di cui è composto lo zaino: quest’ultimo si compone infatti di diversi parallelepipedi (volumi) che escludono la possibilità di avere angoli bui o posti poco raggiungibili.
Un altro aspetto interessante è l’apertura frontale dello zaino: grazie a questa si può accedere all’equipaggiamento in modo sempre facile e veloce.
Si tratta di una forma di innovazione radicale, ben diversa da quella incrementale che caratterizza il panorama attuale degli zaini outdoor: infatti ho deciso di cambiare non solo i materiali o il design, ma anche il concetto in sé di zaino da trekking, senza farmi influenzare dal mercato.
Quali materiali ha scelto per la realizzazione del prodotto?
Ho scelto principalmente materiali made in Italy selezionando due aziende italiane: la prima è Flukso e ha sede a Udine, mentre la seconda si chiama Omnipel e si trova a Desenzano del Garda. Entrambe realizzano tessuti di qualità.
Per quanto riguarda i moduli ho sfruttato il nylon unito al Pvc per ottimizzare la caratteristica water-resistant. La scelta del colore rosso, poi, permette un’ottima visibilità anche in alta montagna.
Per l’esoscheletro ho usufruito di un poliestere ad alta resistenza fornitomi da Omnipel.
Ho scelto un colore chiaro per differenziarlo dai moduli e rendere più trasparente l’architettura del prodotto.
Per quanto riguarda gli spallacci e i pad, ho utilizzato un ulteriore materiale composto per il 70% da nyolon e per il 30% da poliestere, un giusto connubio tra resistenza, traspirabilità e ammortizzamento dagli urti.
Infine, all’interno dei moduli ho deciso di inserire dei paraurti per irrigidire maggiormente la struttura.
A chi o cosa si è ispirato per creare questo zaino?
La vera ispirazione, in realtà, è stato il pensare a come io stesso avrei voluto uno zaino. Di per sé non è stata esattamente un’ispirazione, quanto un’esigenza pratica che mi ha portato a escogitare una soluzione.
Il prodotto è già sul mercato o potrebbe arrivarci a breve?
Il prodotto è stato brevettato, però al momento è da gestire la questione della proprietà intellettuale e occorrerà presentare lo zaino a varie aziende del settore.
L’obiettivo è che siano proprio queste ultime a industrializzare il prodotto dopo la cessione del brevetto.
Potrebbe uscire a breve, giusto qualche mese, andranno modificate poche cose, è solo una questione di rifiniture dato che il prototipo è già in una fase avanzata di sviluppo.
Ad ogni modo, ho creato due versioni dello zaino: una verticale e una orizzontale.
Sarà molto più semplice che un’azienda sviluppi la prima casistica e per due ragioni: la prima è che la forma richiama quella degli attuali zaini da trekking in circolazione.
La seconda, è che l’apertura risulta più comoda e funzionale per l’escursionismo.
Il modello orizzontale potrebbe essere molto più utile per un fotografo o per i ricercatori che intraprendono spedizioni particolari.
Avrebbe già qualche altra idea per migliorare il suo prototipo?
Innanzitutto, una prima idea sarebbe togliere il materiale paraurti dalle pareti dei moduli e rendere questi ultimi meno pesanti tramite un materiale differente che non sia il nylon.
In fondo, la rigidità è comunque garantita dalle cuciture e dall’esoscheletro dello zaino.
Realizzerei poi uno schienale leggermente più alto, giusto 5 centimetri in più, in modo che possa essere utilizzato più facilmente anche da persone abbastanza alte.
Non da ultimo creerei degli sganci rapidi come i fidlock in modo tale che i vari moduli possano essere più facilmente staccabili e riattaccabili rispetto al modello attuale.
Come hai fatto a progettare lo zaino?
Ho cominciato con dei classici disegni a mano libera per poi passare a dei prototipi grezzi composti di carta e fogli di plastica che ho utilizzato per definire le macro-dimensioni e i vari volumi.
Il passo successivo è stato il modello 3D che mi ha condotto al design definitivo con il relativo prototipo. In ogni caso non è stato semplice: ho dovuto realizzare almeno una ventina di versioni Cad prima di arrivare al risultato finale.
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