RAI: MONTEBIANCO, LA NUOVA FRONTIERA DELL’ONNIPOTENZA TELEVISIVA
MONTEBIANCO, LA NUOVA FRONTIERA DELL’ONNIPOTENZA TELEVISIVA SI MISURA SUL CULO DI UNA BRASILIANA
La prima puntata del reality che porterà, mascherandoli da“alpinisti”, alcuni figuranti di terza fila dello showbiz nostrano a sfidare la vetta più alta delle Alpi, ha scatenato le ire e le critiche del mondo, spesso settario e manicheo, di chi considera la montagna un sacrario, un “luogo dello spirito“, un universo vergineo e illibato che dovrebbe essere protetto dalle violenze arroganti e bramosie di visibilità di personaggi in cerca d’autore e dei loro mentori, guide, registi, e improbabili conduttrici ingoffite da scarponazzi da boscaiolo. A questi censori rispondono personaggi altrettanto improbabili nella loro dimensione televisiva, come Anna Torretta, autentica ed eccellente alpinista e guida alpina, tutor di uno degli “eroi” del format tv, che sostiene: “questo programma farà bene alla montagna perchè se ne parla”. Beata ingenuità… sono passati quei tempi, della montagna non frega nulla a nessuno di quanti si appassioneranno alle “sfide”, “gare”, “penalty”, “tempi” e “premi” – tutte parole che nulla hanno da condividere con la montagna – dei personaggi coinvolti. Rimarrà una cornice di sfondo, il palcoscenico dove mezze tacche dell’avanspettacolo, definiti pomposamente “celebrità”, cercano il leggendario attimo di fama che non si dovrebbe negare a nessuno… non a caso, l’oggetto cult della prima puntata è il lato B della brasiliana Dayane Mello, e sicuramente nessuna scenografia “bucolica” in grado di trasmettere, anche marginalmente, una qualsiasi atmosfera montana.
Ho volutamente aspettato qualche giorno che si placasse il temporale delle critiche “di pancia”, prima di esprimere una mia opinione sull’evento mediatico che ha coinvolto la montagna simbolo delle Alpi in uno dei più squallidi teatrini mediatici mai ideati dalla tv. Fortunatamente, punito con severità dall’audience che si è fermata a 1.500.000 spettatori nonostante la grancassa promozionale delle ultime settimane che, sfruttando in modo becero tutti gli stereotipi negativi dell’avventura in montagna, ha cercato di creare interesse intorno a questo evento. Siamo infinitamente lontani dai circa dieci milioni di persone che, solitamente, assistono alla “prima” di un format con questo supporto promozionale, e il dato dell’audience lo colloca al penultimo posto tra le trasmissioni andate in onda lunedì, mentre i titoli dei giornali titolano “Monte bianco, la scommessa persa della Rai”.
Ho aspettato perchè l’analisi che vorrei fare non è focalizzata su quanto o come la montagna abbia perso dignità svilita in questo modo, ridotta a semplice palcoscenico dove “mettere alla prova” dei “concorrenti” di un reality. Questo è lapalissiano, uno sputo in faccia a chi la Natura, a ogni quota, la ama, la rispetta, e la avvicina lentamente, acquisendo esperienze e godendo di ogni piccola sfumatura. Del resto, non è da oggi che la montagna viene assediata e a volte seviziata dalle prepotenze umane, basta guardare le megainstallazioni impiantistiche, i rifugi sulle cime, le croci sempre più grandi che deturpano gli orizzonti, o i deliri artistici di chi vorrebbe costruire, sulle cime, opere d’arte che affermino il predominio dell’homo su ogni espressione del mondo.
Di montagna, in questa trasmissione, si è visto poco; qualche intermezzo ripreso male tra primi piani di visi stravolti da una fatica – questa sì reale – non prevista, imprecazioni di patetici “giornalisti” arrivati lì per “conquistare” la montagna e non sicuramente per imparare nodi peraltro indispensabili a garantire la sicurezza, obbligatoria, di una cordata, e culi di modelle mulatte che sguazzano, praticamente nude per ragioni di visibilità, nelle acque gelide di un torrente in cui qualunque alpinista/escursionista non si sognerebbe mai di immergersi.
Tutto questo è “reality“, e nulla ha da spartire con la montagna; avrebbe potuto essere girato ovunque. Ma il concetto che sta alla base di questa operazione è, a mio avviso, diverso, e non ha neppure preso in considerazione qualsiasi spunto che possa richiamare, in qualche modo, l’etica intrinseca dell’avvicinarsi a questo ambiente, imponente ma delicato, suggestivo, difficile da raggiungere e per questo più pregiato. Semplicemente, è l’ulteriore, estrema dimostrazione che la televisione, dio pagano che domina questa epoca, si ritiene onnipotente e in grado di arrivare ovunque, anche in quei pochissimi, estremi territori – fisici o spirituali non fa differenza – finora inviolati e che molti ancora ritengono “inviolabili” o riservati ai pochi che abbiano le competenze, la tenacia e l’esperienza per affrontarli.
E’ la sfida della televisione alle nostre certezze, la dimostrazione che Ella tutto può, senza rispetto per qualsiasi nostra paura, timore, superstizione.
Alla base di Monte Bianco, a mio avviso, c’è l’arroganza e la presunzione di dimostrare che la televisione, dio/demone che tutto vede, tutto condiziona, tutto domina, può arrivare ovunque. Anche sulla cima di una grande montagna finora meta esclusiva di alpinisti, portando in vetta improbabili personaggi che tutto sono fuorché appassionati di montagna, dopo averli vessati con prove e gratificati con premi che alla fine trasformeranno uno di loro in un “vincitore”. Pertanto, Monte Bianco, alla montagna, non porterà nulla, nè in positivo nè in negativo. Lascerà soltanto, in chi la ama veramente, un velo di tristezza per una violenza gratuita che forse poteva esserle risparmiata.