Lo spettacolo della natura ai tempi del Covid-19

27 aprile 2020 - 13:59

Imparare a leggerla con l’occhio degli artisti

In tempo di Covid-19 siamo tutti a casa. Il mondo si è fermato a causa del virus e noi siamo scesi da quel vorticoso girare. C’è voluto questo subdolo veleno (virus, dal latino veleno) per portare l’aquila reale nel cielo di Milano avvistata il 5 aprile durante l’iniziativa dai balconi di casa “Birdwatching a km. 0″.

A Venezia senza turisti e traffico si vedevano i pesci nei canali il 26 marzo, qualche giorno prima a Cagliari erano arrivati i delfini fin dentro il porto. Ma anche lepri, cigni, scoiattoli sono stati fotografati in città. Sono tornate api e farfalle che fanno ben sperare, ma anche i branchi, lupi e cinghiali in campagna.

Gli animali si spingono in luoghi per loro insoliti, trovano cibo e riparo, osano inoltrarsi in nuovi spazi: una sorta di inurbamento della fauna selvatica mai vista fino ad ora.

Le nostre città sono diventate improvvisamente più wild di quanto credessimo fino a poco tempo fa? Questo appare sorprendente. Aggiungiamo che oggi che non corriamo più inseguendo in modo compulsivo i mille impegni, viviamo in un tempo dilatato adatto per vedere, siamo costretti all’evidenza.

Osserviamo le ombre e le luci affacciati alla finestra, al balcone inseguendo panorami e prospettive. La nostra mente divaga e approda al desiderio più grande, il camminare che da settimane ci è precluso. Se poi il desiderio va alla montagna, siamo preda di una struggente nostalgia, se non panico.

Allora mettiamo apposto le foto cartacee negli album scrivendo posti e date, ordiniamo quelle digitali sul pc. La sera cerchiamo il film che ci parla di scalate sulle piattaforme web, o leggiamo uno delle decine di libri di storie in montagna che non abbiamo mai avuto il tempo di leggere.

E se questo tempo lento di desiderio di montagna lo facessimo “fruttare”?

Allenando la sensibilità che abbiamo azzittito alla ricerca del nostro record, di tempi e di numeri che oggi ci appaiono così insulsi: quanto manca alla vetta, quanto dislivello c’è da fare, quanto è alta quella cima, quanto tempo ho impiegato per il mio allenamento di corsa in montagna? È il passato. Prepariamoci al futuro.

Fermiamoci, assestiamo lo spirito, predisponiamolo a nuove salite post Covid- 19

Sceglieremo inizialmente mete vicino casa, scarteremo posti affollati, eviteremo percorsi, sentieri pericolosi, saremo distanti l’un l’altro, apriremo i polmoni ai profumi più intensi, se indosseremo mascherine per il primo tratto staremo in religioso silenzio. Tutto sarà ripensato e dobbiamo prepararci. Perché non lo siamo affatto.

Possiamo rovesciare questa fase di frustrazione come un’opportunità di allenamento, per un organo dei nostri sensi intorpidito: i nostri occhi. Per esercitarli chiediamo aiuto ai pittori, ai grandi maestri. Guardiamo il paesaggio che hanno dipinto e capiamone i segreti per affinare il nostro sguardo quando torneremo in montagna.

Prima di iniziare con lo spettacolo della natura che trionfa nella pittura dell’Ottocento, cerchiamo l’inizio giusto del nostro viaggio in profondità e chiediamo aiuto a Leonardo da Vinci (1452 – 1519). Nessuno meglio di lui è riuscito a rappresentare l’interesse per lo spazio geologico, per le grotte e per le segrete cavità della terra.

La Vergine delle rocce (1483 – 86 circa, Parigi, Louvre) rappresenta per la prima volta la Madonna in un luogo aperto e umido, non più dentro uno spazio architettonico regolato dalla prospettiva.

Pare sentirla l’umidità nei contorni indefiniti e sfumati di una grotta cupa tra rocce spaccate e muschi odorosi. C’è una vita nascosta, appena evidenziata dai bagliori di luci che filtrano dall’alto dalle fenditure delle rocce. Che spettacolo di natura.

Eppure il tema non è la natura geologica. È l’Immacolata Concezione di Maria, un dogma non spiegabile con la logica razionale, eppure qui reso come possibile e del tutto naturale.

Come poter rendere l’evidenza del mistero? Leonardo ricorre alla prospettiva atmosferica, che è stata una sua invenzione. Apre i contorni allo spazio, sfuma colori e luci, utilizza i suoi studi scientifici sui diversi fenomeni naturali, in particolare sulle nebbie e sulle rocce stratificate.

Ci capiterà di osservare una grotta che incontreremo lungo il nostro sentiero, cercheremo l’evidenza di alcuni muschi e pianticelle, guarderemo la luce filtrare nella sua cavità, forse riusciremo a vedere in controluce un pulviscolo sollevarsi ai nostri occhi nello scontro di aria calda e fredda. La terra è madre. Ma è anche mistero. Abbiamo la possibilità di accordare la nostra esistenza a questo mistero, come ha dipinto Leonardo.

Di Ines Millesimi
storico dell’arte e trekker

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