Parco Nazionale dello Stelvio a rischio estinzione

18 marzo 2020 - 2:20

LA PROPOSTA DI DECLASSAMENTO DEL
PARCO DELLO STELVIO 

Mi sono già occupato, più volte nell’arco di una decina d’anni, sulle pagine di questa rivista, della dissennata gestione politica del Parco Nazionale dello Stelvio, sempre in bilico sull’orlo di un baratro, per interessi di parte dei tre territori interessati, in cui ora sembra inesorabilmente sul punto di precipitare.

Il 24 aprile di quest’anno, il più grande dei parchi storici italiani e uno dei primi ad essere istituiti, ha compiuto 80 anni.

Ma da oltre mezzo secolo, con la plateale scusa che l’istituzione del parco nel 1935 è stato un gesto di “italianizzazione forzata” dei territori sudtirolesi di lingua e cultura tedesca, la Südtiroler Volkspartei – SVP – che per decenni ha governato l’Alto Adige ma nell’ultimo periodo ha subito notevoli perdite, al punto da doversi alleare con il PD locale per riuscire ad avere uno spazio governativo, rivendica il diritto di gestire in modo autonomo il territorio protetto.


Dietro questa motivazione “politica” di facciata, ci sono in realtà interessi molto precisi e molto poco coerenti con i principi di tutela ambientale. Innanzitutto la pretesa dei cacciatori altoatesini di poter sfogare la loro “passione”, e in particolare la caccia al cervo, anche ad alta quota e, nello specifico, dentro l’area protetta. Le “doppiette” in provincia di Bolzano sono una vera e propria “armata”, potentissima e con un peso politico determinante. Rappresentano una delle principali lobby che sostengono il partito autonomista, e da sempre pretendono di esercitare il loro diritto di caccia anche all’interno del territorio protetto dallo Stato. Azione che finora è sempre stata negata per merito della classificazione dello Stelvio come Parco Nazionale, ma che verrebbe immediatamente autorizzata qualora le competenze gestionali passassero sotto la Provincia Autonoma di Bolzano. Altro argomento locale forte nella pretesa della SVP di tornare “padrona” del proprio territorio di alta montagna, è l’espansione impiantistica delle aree sciabili in Val Martello, oggi sotto la tutela le Parco, e lo sviluppo delle colture intensive di “piccoli frutti” in tutta l’area valligiana compresa nell’area protetta.

Per quanto riguarda la Lombardia, appare evidente, dalla gestione territoriale degli ultimi anni, il piano di dismissione e abbandono di qualsiasi strategia protezionistica in favore di aree ad alta valenza ambientalistica, principalmente per disinteresse causato da motivi economici e cronica mancanza di fondi. In tale ottica, lo smembramento del Parco Nazionale in singole aree di tutela regionale e/o provinciale renderebbe più facile per l’amministrazione pubblica lombarda declassare e abbandonare, demandandola ad altri, la gestione dell’area protetta che comprende Valtellina e Valcamonica.

La Provincia Autonoma di Trento, in questo scenario devastante, si trova ad essere l’unico Ente pubblico interessato e motivato al mantenimento dell’area protetta nelle sue caratteristiche di Parco, ma ben poco potrebbe fare se verrà dato il via al piano di smembramento.

Lo stato attuale e le prospettive di spacchettamento

Va evidenziato che il Parco Nazionale dello Stelvio – oltre 130.000 ettari di territorio alpino unico in Europa per biodiversità e caratteristiche ambientali, distribuito tra Regione Lombardia (nel cui ambito ricade circa il 70% dell’estensione) e Province Autonome di Trento e Bolzano, confina a nord con il Parco Nazionale Svizzero dell’Engadina, e a sud con il Parco Naturale Adamello-Brenta in Trentino e il Parco Regionale dell’Adamello nella lombarda Valcamonica.

Insieme, queste aree coprono una superficie che supera i 400.000 ettari di territorio valligiano e costituiscono la più estesa area montana protetta del Continente europeo.

L’assetto unitario del Parco dello Stelvio, istituito quasi 80 anni fa (per il 70% ricadente nel territorio lombardo) era stato messo in discussione già nel 2010 dal Governo Berlusconi. Allora un decreto del Consiglio dei Ministri ne propose lo scioglimento con riassegnazione dei territori, chiedendo la soppressione del Consorzio del Parco e azzerandone subito il Consiglio Direttivo. In pratica un declassamento dell’area protetta da Parco Nazionale a entitàà indefinita. In quell’occasione, il PD e gli ambientalisti hanno accusato la SVP di essersi astenuta sulla fiducia al governo Berlusconi IV il 14 dicembre 2010 in cambio del via libera della maggioranza parlamentare alla suddivisione del parco.

Tuttavia, il Presidente della Repubblica, Napolitano prima, e Mattarella poi, non hanno mai firmato quel decreto per la mancanza d’intesa con la Regione Lombardia e per l’evidente contrasto con la legge quadro nazionale sulle aree protette (la 394/91) e l’unitarietà del Parco dello Stelvio è così stata finora garantita. Ora però siamo all’epilogo.

Il 28 gennaio 2015 a Roma è stato raggiunto l’accordo fra le Province autonome di Trento e Bolzano, la Regione Lombardia, il sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa e il sottosegretario all’ambiente Barbara Degani, per quanto riguarda la gestione del Parco Nazionale dello Stelvio: la proposta scaturita dal tavolo di confronto assegna la gestione del Parco Nazionale dello Stelvio agli Enti regionali e provinciali.

La volontà dichiarata di salvaguardare la dimensione unitaria del parco, di cui si farebbe garante lo Stato, è un’evidente foglia di fico.

Allo Stato sarebbe affidato il controllo dell’applicazione delle linee guida e degli atti di indirizzo elaborati ai fini della stesura del Piano del Parco e del relativo Regolamento attuativo. A questa giornata è seguita quella dell’11 febbraio 2015, con la firma dell’Intesa tra Ministero dell’Ambiente, Regione Lombardia e Province autonome di Trento e Bolzano, che trasferisce la gestione del Parco Nazionale dello Stelvio a ognuno degli Enti territoriali per le rispettive parti di territorio.

Ci troviamo, di fatto, di fronte all’aberrazione di uno smembramento di un’area protetta che va in contrasto con qualsiasi politica europea in ambito di tutela ambientale.

Per fare il punto sulla questione, ospitiamo l’autorevole intervento di Luigi Casanova, fondatore e attualmente membro del Direttivo di Mountain Wilderness, già pubblicato su Altraeconomia lo scorso aprile.

L’opinione di:
Michele Dalla Palma

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