“Come sparisce un parco” di Luigi Casanova

18 marzo 2020 - 2:21

Il 24 aprile 2015 il Parco Nazionale dello Stelvio compie 80 anni.

Interessi politici ed economici (come lo sci e la caccia) ne hanno favorito lo smembramento. È dal 1951 attraverso petizioni e mozioni che la SVP, il partito autonomista sudtirolese, insiste nel demolire il Parco Nazionale dello Stelvio. Si tratta del più vasto parco delle Alpi, il più ricco di biodiversità dell’intera Europa. Un patrimonio mondiale di cultura, risorse, paesaggio.

Ma ha un difetto: per la SVP è il parco imposto dal fascismo, nel 1935, con il preciso intento di italianizzare la montagna sudtirolese. Su questo aspetto hanno ragione gli altoatesini, ma dal 24 aprile del ’35 sono trascorsi 80 anni e i nazionalismi provocano lacerazioni, conflitti, impediscono sviluppo e dialogo.

Per uscire da questo conflitto, fin dal 1971 Italia Nostra e il Club Alpino Italiano hanno proposto per lo Stelvio l’istituzione di un parco dell’Europa. Negli anni ’90 Mountain Wilderness, sostenuta dalla intelligenza e dalla visione di Alexander Langer, rilanciava la proposta del parco PEACE (Parco dell’Europa Centrale, il parco della pace), per proporre una nuova attenzione verso un’area protetta dimenticata, e per rilanciare, attraverso la difesa della natura e della biodiversità, nuovi contenuti nei rapporti fra Stati, un nuovo modo per superare i confini amministrativi e ritrovare sentieri di pacificazione transfrontaliera.

L’amico Alex ci ha lasciati vent’anni fa e non ha potuto proseguire il percorso avviato presso il Parlamento europeo, dove era stato eletto nel 1989. Nel frattempo lo Stato italiano, le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Lombardia con “L’accordo di Lucca” (1993), costruivano un consorzio dei tre ambiti per rilanciare il parco. Solo nel 2005 arrivava al ministero dell’Ambiente il Piano di gestione del parco, accompagnato dal Piano faunistico.

Pur approvato all’unanimità, è rimasto nei cassetti, impedendo di fatto non solo l’avvio delle politiche conservazionistiche, ma anche le urgenti risposte in termini di sviluppo economico dovute alle comunità locali. Nel frattempo in aree sensibili del parco si avviavano progetti di distruzione ambientale insostenibili: la grande pista della discesa libera dei mondiali di Bormio nel 2005, la funivia della valle della Mite in Trentino, che raggiunge quota 3.000, e altre pesanti infrastrutture, imposte dalla politica e in piena contraddizione con gli obiettivi strategici di un’area protetta. Il piano parco è ormai ammuffito e superato negli scaffali del Ministero dell’Ambiente. È stato messo in naftalina dalla Südtiroler Volkspartei che ha nel frattempo ristrutturato il suo piano strategico volto a dimostrare che il consorzio attivato nel 1993 non funziona e che le popolazioni locali subiscono solo imposizioni vincolistiche. Prima, nel 2010, con il governo Berlusconi, poi con un accordo con il PD nazionale alle elezioni del 2013, la SVP ha imposto allo stato italiano lo smembramento del parco in tre.

_ Ecco di seguito un video della discussione che si è tenuta in parlamento circa questo provvedimento:

https://www.youtube.com/watch?v=Av1M80O4e6I”/]

Nonostante il dovere del nostro Stato di rispettare le norme dell’Unione internazionale per la conservazione della natura e il dettato della Convenzione delle Alpi che prevede il potenziamento delle aree protette e la loro interconnettività, anche transnazionale, la SVP ha vinto la sua lunga battaglia. Le norme di attuazione discusse da gennaio 2014 prevedono lo smembramento del parco in tre ambiti (che fanno capo alle due Province autonome e alla Regione Lombardia): ogni ambito costruirà il suo piano di gestione, la sorveglianza e l’intera gestione amministrativa sarà autonoma, e il finanziamento ricadrà sulle spalle delle due Province autonome, per circa 10 milioni di euro l’anno. La Regione Lombardia, ormai assente da ogni attenzione verso le politiche conservazionistiche del territorio e lo sviluppo sostenibile delle aree montane, si ritrova così a subire l’assistenzialismo delle due autonomie e viene di fatto privata di ogni responsabilità di governo nella gestione di un territorio strategico.

Le associazioni ambientalistiche trentine sorrette da quelle nazionali (CIPRA, Italia Nostra, CAI, Mountain Wilderness, WWF, Legambiente, LIPU, EPPAA, Touring Club, Pro Natura) hanno provato a rilanciare i valori di un’area protetta chiedendo l’inserimento dell’ambientalismo e del mondo scientifico nel Coordinamento nazionale del parco, il varo di un unico piano di gestione, la sorveglianza affidata a un unico corpo, il rilancio del ruolo di garante del ministero dell’Ambiente.

Con l’obiettivo di avvicinare l’esigenza altoatesina di “cancellare” l’italianità del parco, le associazioni hanno ripreso la strategica idea di Langer del Parco Europeo, sostenendo l’istituzione di una rete transnazionale di aree protette che comprenda oltre allo Stelvio, il parco svizzero dell’Engadina, l’Adamello lombardo, le Orobie, il Parco Trentino Adamello-Brenta, un complesso di che farebbe delle Alpi centrali la più grande e significativa area protetta d’Europa.

La fermezza della SVP ha impedito anche questi passaggi di mediazione: quanto viene passato per nazionalismo anti italiano nasconde però altri obiettivi, materiali. In Alto Adige-Südtirol si vogliono modificare i confini del parco per permettere la caccia al cervo fino ad alta quota, si vogliono sviluppare le colture dei piccoli frutti e ampliare aree sciabili in val Martello.

In Lombardia invece ci si vede liberati di un peso, con la riduzione dello Stélvio in Valtellina e in val Camònica a un miniparco regionale che finirebbe dimenticato dalla Regione come avvenuto per l’insieme del territorio protetto lombardo.

Va evidenziata un’altra emergenza, legata a quanto accade allo Stelvio. Se il disegno SVP-PD dovesse avere successo, come sembra, un simile esempio negativo verrebbe esportato nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, che vive analoghi conflitti istituzionali e di gestione.

Così, mentre in Europa si attuano politiche di unione e connessione fra aree protette, in Italia, caso unico al mondo, si smembra quanto intelligenze scientifiche e politiche avevano unito, si rinnovano assurdi confini, si evitano politiche conservazionistiche e risposte dirette al mondo del lavoro delle vallate alpine.

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