I premi ufficiali e riconoscimenti speciali della 65 edizione TRENTO FILM FESTIVAL 2017

18 marzo 2020 - 17:45

La giuria internazionale ha assegnato le prestigiose Genziane del 65. Trento Film Festival Montagna Società Cinema Letteratura 2017

La  65 Edizione Trento Film Festival Montagna Società Cinema Letteratura 2017 ha proposto al pubblico il meglio della cinematografia mondiale di montagna, diventando per più giorni luogo di incontro con grandi alpinisti, registi e altri protagonisti dell’universo montagna. Ora è giunto il momento, è calato il sipario su una rassegna di successo, che ha registrato un grande consenso da parte del pubblico, impegnato ad assistere a mostre e presentazioni inserite all’interno del calendario della storica manifestazione: cinema, letteratura, serate alpinistiche e spettacoli dedicati alla montagna e all’avventura. Davvero numerosi gli ospiti intervenuti al festival: alpinisti, scrittori, studiosi, giornalisti, comici e attori.

La giuria internazionale composta da Timothy Allen (fotografo e regista), Gilles Chappaz (giornalista e regista), Fridrik Thor Fridriksson (regista e produttore cinematografico), Anastasia Plazzotta (produttrice e distributrice cinematografica) e Andrea Segre (regista), ha assegnato le prestigiose Genziane del 65. Trento Film Festival.

Il film vincitore del 65. Trento Film Festival è Samuel in the clouds (Belgio, 2016) del regista belga Pieter Van Eecke, una straordinaria e commovente storia ambientata in Bolivia e legata alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

La giuria internazionale ha assegnato all’opera la prestigiosa Genziana d’oro miglior film – Gran Premio città di Trento, con la seguente motivazione: “Un personaggio unico e universale allo stesso tempo, raccontato con grande coerenza estetica e profondo rispetto umano, in uno stile documentario puro e onesto che ci aiuta a riflettere su un tema di grande urgenza”.

Il film di Van Eecke racconta la storia di Samuel, l’anziano gestore della stazione sciistica del monte Chacaltaya in Bolivia, una delle più alte al mondo, ormai dismessa a causa della scomparsa delle nevi perenni dovute all’assenza di precipitazioni e all’aumento delle temperature anche durante il periodo invernale. Ma Samuel, nonostante le previsioni negative dei climatologi, non demorde e spera sempre in un ritorno della neve, accogliendo ogni giorno i turisti in arrivo da tutto il mondo, attratti dal meraviglioso panorama che si domina dalla cima della montagna, portando avanti la sua attività con amore, semplicità e passione, così come ha fatto per decenni. Aspettando e sperando di vedere nuovamente imbiancata la “sua” montagna.

La Genziana d’oro miglior film di alpinismo – Premio del Club Alpino Italiano è stata invece assegnata al documentario Dhaulagiri, ascenso a la Montaña Blanca di Christian Harbaruk e Guillermo Glass(Argentina, 2016) con la seguente motivazione:  “Tra i pochi film del concorso in questa categoria, la Giuria ha voluto dare un riconoscimento all’umiltà, alla sobrietà e alla correttezza etica con cui il regista e i protagonisti hanno ricostruito la loro drammatica spedizione in stile alpino”. Il film racconta la storia di quattro amici argentini, Guillermo, Christian, Sebastián e Darío, che decidono di girare un documentario sulla loro ascesa al Dhaulagiri. Ma Darío muore durante il tentativo di raggiungere la vetta in solitaria.

Il premio Genziana d’oro miglior film di esplorazione o avventura – Premio Città di Bolzano è andato al documentario Diving into the unknown di Juan Reina (Finlandia, 2016). La giuria ha assegnato il premio con la seguente motivazione: “Quando un’avventura sportiva si trasforma in dramma ci si chiede quale sia il senso di una passione comune e come si possa mettere la propria vita in gioco per amicizia e rispetto reciproco. Un film che esplora le profondità dell’animo nordico, una lezione sulla cultura dell’impegno. Una storia incredibile, straziante e coinvolgente”.

L’opera racconta il tentativo effettuato da cinque speleo sub finlandesi di portare a termine la più lunga immersione subacquea della storia all’interno di una grotta sommersa in Norvegia, ma la missione ha un esito tragico e solleva pesanti interrogativi sul senso di una disciplina così estrema.

La Genziana d’argento miglior contributo tecnico-artistico è stata assegnata a Life in four elements di Natalie Halla (Finlandia/Austria/Spagna, 2017) con la seguente motivazione: “Un’eccellenza tanto tecnica quanto artistica, una meravigliosa fusione tra racconto epico e intimi incontri, visivamente incantevole”.

Il film narra quattro storie esemplari, quella di un’apneista, un vigile del fuoco, un alpinista e uno speleologo che descrivono il rapporto dell’uomo con i quattro elementi.

La Genziana d’argento miglior cortometraggio è andata a The Botanist di Maxime-Lacoste Lebuis e Maude Plante-Husaruk (Canada/Tagikistan, 2017) con la seguente motivazione: “L’intenso ritratto di un uomo la cui storia non è solo personale ma è quella di un intero paese. Il potente ritratto di un villaggio remoto che per trenta minuti diventa il centro del nostro mondo, nel quale vorremmo rimanere più a lungo, insieme al protagonista, senza dimenticare che “non è dalla sua fronte che si possono giudicare i pensieri di un uomo”.

L’opera racconta la storia di Raïmberdi, un anziano botanico che ha perso tutto e si è trasferito con la sua famiglia sulle brulle montagne del Pamir. Nei momenti liberi l’uomo cataloga rare specie di piante con una splendida grafia.

Il Premio della Giuria è andato a Gulîstan, land of roses di Zaynê Akyol (Canada/Germania, 2016). La motivazione della giuria è stata la seguente: “L’ultima scena rimarrà con noi a lungo. Un esempio meravigliosamente intimo e commovente di cinema documentario”.

La regista si è messa alla ricerca dei ricordi di Gulîstan, una sua cara amica, come lei emigrata in Canada, che si è successivamente unita al PKK. Entra così in contatto con un gruppo di guerrigliere che vivono in un costante e impegnativo addestramento fisico e spirituale, pronte a difendere il territorio curdo dalla minaccia dell’ISIS.

Infine Menzione speciale a Becoming Who I Was di Chang-yong Moon, Jin Jeon (Corea del Sud, 2016, ’96) con la seguente motivazione: “Sono tempi in cui è più che mai necessario rispettare la fede di ognuno. Questo film ci insegna che dovremmo tutti seguire ciò in cui crediamo, per quanto difficile possa essere raggiungere i nostri scopi”.

L’opera ha come protagonista il piccolo Angdu che viene riconosciuto come la reincarnazione di un monaco tibetano vissuto secoli prima. Il maestro del suo villaggio decide allora di accompagnarlo lungo il percorso che lo porterà dall’India al Tibet.

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