SARDEGNA: la Sagra del Redentore

19 marzo 2020 - 11:53

La Sardegna assieme alla prelibatezza dei prodotti tipici e all’affascinante paesaggio permanentemente offerto agli occhi del viaggiatore, ha molto da offrire anche a chi si interessa di cultura, tradizioni e folclore.

Nella stagione estiva i riflettori sono puntati soprattutto sulle feste in costume che attirano entusiasti turisti e offrono agli isolani l’opportunità di comunicare, di stare insieme, di rafforzare il senso della comunità.

Siamo a Nuoro. A centinaia sfilano per le vie della cittadina in festa con l’orgoglio e la consapevolezza di rappresentare un tassello fondamentale della tradizione sarda e della storia isolana. È uno spettacolo di colori dove primi attori sono i figuranti che indossano costumi elaborati e variopinti, portati con compostezza e fierezza, impreziositi da gioielli in filigrana e abbelliti da merletti, pizzi, decorazioni e ricami.

Manufatti artigianali e tessuti tradizionali autentici veramente incredibili. Il tutto avvolto da una straordinaria sensazione di magia. Turisti e curiosi assistono affascinati al passaggio del corteo formato da tre generazioni e dove i più piccoli, disorientati e spauriti dalla tanta gente che li osserva, cercano la mano dei genitori.

Uomini e donne, arrivati da tutte le parti dell’Isola, hanno finalmente l’opportunità di staccare dall’armadio il loro preziosissimo costume da festa, indossato prima di loro dai padri e dalle madri, e che forse parecchi anni prima fu indossato della bisnonna che andava in sposa, sancendo e perpetuando l’attaccamento alle proprie tradizioni.

Una giornata di festa straordinaria, sancita dall’entusiasmo di turisti e spettatori, e conclusa con il consueto rito: quello di riporre con cura, una volta a casa, la gonna di orbace plissettate, facendo attenzione che la plissettatura non si rovini fino all’anno successivo.

Una finestra aperta sul passato dove vestiti realmente unici mostrano particolari, stili e finezze ereditate nel tempo, addirittura da quei popoli che fondarono le grandi civiltà del Mediterraneo.

I colori della festa

In quanto ad eleganza e grazia, i vestiti indossati dalle signore durante i cortei storici non hanno nulla da invidiare agli abiti di tendenza indossati dalle top model sulle passerelle internazionali dell’alta moda. Anzi, rappresentano quel residuo di genuinità sempre più ricercata in un mondo impregnato di appannamenti mentali e mero consumismo.

Alla moderna tecnologia in Sardegna, fortunatamente, fanno riscontro ancora mani “pazienti” ed esperte che, da madre in figlia, hanno tramandato un’arte antica che altrove è già scomparsa: ancora oggi nei centri storici non è difficile incontrare anziane signore con lo scialle sulle spalle che è il risultato di un lavoro di anni e di instancabile ricamo.

La camicia di lino, o cotone, finemente pieghettata, è sempre ornata da preziosi ricami e gioielli in filigrana. Veramente spettacolari sono le spille, gli orecchini, le collane d’oro, d’argento e di corallo, i rosari di pietre dure che adornano questi variopinti tessuti. Alla gonna lunga fino alle caviglie, normalmente scura, si accompagna il grembiule ornato da preziosi ricami anche a fili d’oro e d’argento. E infine, il particolare fazzolettino portato sul capo che rivela alla gente la provenienza di chi lo indossa, l’ estrazione e lo stato sociale.

L’abito della donna risulta sicuramente più vivace e colorato rispetto a quello dell’uomo, più sobrio e severo, somiglianti tra loro, comunque suggestivo a vedersi: un copricapo, una camicia chiusa da bottoncini d’argento e d’oro, un corpetto di lana, velluto o broccato, gilet con inserti multicolori, calzoni di tela bianca e un gonnellino di colore nero.

Il più delle volte i vestiti sono caratterizzati dalla massima semplicità dovendo rispondere a dettami imposti dalla praticità della vita dei campi o della pesca. costumi per uomini e per donne, per le feste e per tutti i giorni, per i ricchi e per i poveri, per i pastori e per i pescatori, per le donne sposate, per le nubili e per le vedove.

Sono quindi il risultato di necessità e stili differenti, sviluppati nel corso dei secoli all’interno di comunità chiuse (vista la scarsità dei collegamenti sull’isola), diversificati da paese a paese, anche nel raggio di pochi chilometri.

A questo bisogna aggiungere che in base al ceto sociale i costumi passavano dalla più rigida sobrietà alla ricchezza più sfarzosa, talvolta anche eccessiva, tanto da ricordare i ricami complicati e i colori accesi degli antichi costumi spagnoli, con i quali si possono trovare tanti elementi in comune, come l’uso dei corpetti.

Ma lo splendore di questi costumi che colpiscono per la loro diversità, la loro ricchezza e la loro bellezza ,si può ammirare nelle più grandiose manifestazioni popolari di folclore, che permettono anche di scoprire parte delle radici culturali della Sardegna, influenzate dalle grandi civiltà del Mediterraneo che si avvicendarono sull’Isola: romana, fenicia, orientale, spagnola e araba.

Feste

Lo splendore dei costumi sardi si può ammirare nelle più grandiose manifestazioni popolari, dove ogni paese si racconta con i propri costumi, attraverso il tipo di stoffa, il colore dell’abito, i gioielli indossati, tutti particolari che nascondono l’identità di ogni paese, di ogni comunità. Sono tante le feste popolari e le sagre religiose, spesso legate al festeggiamento del santo o della santa patrona del paese, che segnano questi momenti di aggregazione.

La Sagra di S. Efisio a Cagliari e la Sagra del Redentore a Nuoro, rappresentano tre degli eventi primaverili – estivi di maggiore interesse storico e antropologico.

A Nuoro, l’ultima domenica di agosto si svolge la sfilata dei costumi tradizionali: migliaia di persone affollano strade e piazze, ammirando figuranti in costumi tradizionali del nuorese e di altre province, arricchito da numerose “traccas”, quei carri trainati da buoi.

Al corteo si affiancano le maschere tipiche del carnevale barbaricino, quali i Merdules, i Thurpos e i Mamuthones che con sul volto la “Bisera”, la maschera lignea nera, procedono, saltellando in modo cadenzato verso destra e verso sinistra, in una sorta di danza, sotto il peso di un pesante mazzo di campanacci da bue legato sul dorso e una collana di sonagli più piccoli e leggeri bronzei appesi al collo e gli Issokatores, slanciati e colorati, che li dileggiano con la “soca”, una lunga fune, cioè, che ora è fatta di giunco per il solo uso carnevalesco, ma che anticamente era di cuoio pesante.

Fulcro della manifestazione religiosa sarà poi il pellegrinaggio che parte dalla cattedrale all’alba dell’ultima domenica di agosto per giungere alla vetta del monte ai piedi del simulacro, dove si celebrano i riti religiosi.

Il corteo in costume e i fedeli partono dalla città per raggiunge la chiesa di Nostra Signora di Montenero e la statua del Cristo Redentore sul Monte Ortobene dove assistere alla messa solenne celebrata dal vescovo.

Per maggiori informazioni, dalle 8:00 alle 14:00 lun/ven:
+39 0784 21 68 87
+39 0784 21 67 95

Testo e foto di Enrico Bottino

 

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