In questi ultimi giorni le temperature rilevate nelle isole norvegesi Svalbard, nel Mar Glaciale Artico, e nella Siberia sono ben oltre la media stagionale. Un caldo mai registrato prima e sempre più frequente negli ultimi anni.
Le mappe termiche dei satelliti mostrano sempre più spesso aree rosse, indicative delle alte temperature, anche nelle aree intorno all’Artico.
Le isole Svalbard, nelle quali si trova anche il famoso bunker che proteggi i semi di molte delle specie vegetali terrestri, hanno registrato picchi di 21° centigradi. La temperatura è la più alta registrata negli ultimi 40 anni e preoccupa gli scienziati perché mostra un accelerazione repentina del riscaldamento globale.
Non è un fenomeno isolato, infatti ormai da diversi anni le temperature della Siberia, Groenlandia, del nord del Canada e della Norvegia superano ampiamente le medie stagionali e spesso toccano picchi da record. Ad Eureka, isola del Mar Glaciale Artico, si sono registrati 21,9 ° di temperatura.
I climatologi affermano che questi fenomeni sono la prova di un cambiamento climatico sempre più veloce.
L’area dell’Artico si sta riscaldando ad una velocità doppia rispetto al resto del pianeta, gli ecosistemi e la fauna locale sono in affanno e le conseguenze di questo cambiamento stanno già impattando sugli ecosistemi globali.
Durante la COP 21 di Parigi (Conferenza sul Clima dell’ONU), che si è tenuta nel 2015, gli esperti di Clima di tutto il mondo concordavano sugli effetti del riscaldamento globale.
Tra questi l’incremento delle ondate di calore, della desertificazione e, soprattutto, di fenomeni meteorologici sempre più estremi e frequenti.
Proprio l’Italia è uno dei paesi che sta pagando il prezzo più alto, infatti negli ultimi 5 anni si sono moltiplicati fenomeni distruttivi come bombe d’acqua, alluvioni, smottamenti, tempeste e mareggiate.
Un’azione internazionale forte e decisa non è più rimandabile, la crisi climatica è dietro l’angolo e rischia di essere la peggiore calamità che l’umanità si sia mai trovata ad affrontare.