Mentre molto è cambiato a causa del terremoto del Centro Italia, del Covid-19, della crisi climatica ed economica, una parte della mentalità locale crede ancora che lo sviluppo a ogni costo possa garantire un presente e un futuro di benessere e solidità, e soprattutto debba poggiarsi su logiche passatiste che si rilevano spesso anacronistiche.
Stessa narrazione, sulle Alpi e sugli Appennini, stessa modalità di aggressione della montagna. Il mercato dello sci è definito un settore maturo, ha avuto già il suo massimo sviluppo e oggi molte località di montagna si attrezzano per proporre un’immagine diversa, basata sulla destagionalizzazione delle attività e dei servizi.
Oppure, come avviene al Nord, si creano collegamenti oltre 2000 metri di quota perché lo sciatore non ama sciare su “piste di carta igienica” di neve finta, quando tutto intorno il paesaggio non è bianco.
Invece un nuovo ed ennesimo progetto di ristrutturazione e ampliamento sciistico è stato fatto proprio, con grande convinzione, dalla Provincia di Rieti grazie ad un finanziamento pubblico di 20 milioni di euro che riguarda le infrastrutture dei trasporti. E che non si vuole perdere, costi quello che costi.
Si tratta del sequel, più ridotto ma non meno impattante, di altri progetti faraonici di ampliamenti sciistici sul Terminillo tutti bocciati dalla Regione Lazio o per il freno della Comunità Europea.
Il pericolo di procedure d’infrazione, se si toccano le faggete vetuste del prestigioso bosco della Vallonina, già Sito d’Importanza Comunitaria, ha costituito da sempre l’anello debole e non raggirabile delle proposte legate allo sci alpino perché l’area del massiccio è piccola.
Già quindi nel passato erano stati avanzati mega progetti di impianti a fune che volevano collegare due bacini sciistici di due valli distanti, quello di Pian de Valli e quello di Campo Stella a Leonessa, passando attraverso i Comuni di Micigliano e di Cantalice.
Il progetto del 2020 Terminillo Stazione Montana (TSM), rivisitato in fase 2 e in parte alleggerito, prevede che oltre metà del Massiccio del Terminillo si troverebbe interessato linearmente da un tracciato di impianti a fune e piste, per farne il bacino sciistico più competitivo dell’Italia Centrale.
Si taglierebbero 17 ettari di faggete vetuste a ridosso di zone protette a elevato livello di tutela, ricche di Habitat fragili e molto importanti da conservare per l’intero ecosistema.
Si costruirebbero 8.7 km di trincee su praterie alpine non riproducibili.
Attraverso l’idea della compensazione ambientale, della delocalizzazione e del riposizionamento di impianti dismessi da parecchi decenni o di quelli da ristrutturare, si intaccherebbero versanti e crinali più a basse quote, selle e valli dove non ci sono mai stati impianti da sci ma elettrodotti; oppure il nulla, meglio dire solo la natura montana, le praterie di alta quota, i crinali rocciosi, la natura che si è ripresa il suo spazio.
Con la pretesa di seguire il tracciato della strada provinciale, considerata un elemento di antropizzazione, il progetto TSM, rimodellando i rilievi per i collegamenti e gli scavalchi, si doterebbe a basse quote (1 solo nuovo impianto a 1900 mt, tutti gli altri a quote più basse) di 17 impianti da sci di cui 10 nuovi, 7 smaglianti rifugi amovibili, 2 bacini di raccolta acqua per la neve artificiale, 7 nastri trasportatori, parcheggi e 37 km di nuove piste.
Se la neve non c’è non importa, si fabbrica quella finta con l’80% di innevamento artificiale, anche se di giorno la temperatura media si è alzata pure in montagna.
Secondo il piano finanziario, TSM diventerebbe per il territorio un messianico Eldorado già dalla stagione 2021-22 con il suo unico progetto di gestione, surclassando in breve tempo le altre stazioni sciistiche competitor in Appennino.
Darà posti di lavoro a profusione, 17 fissi e 87 stagionali per 3 mesi l’anno.
Si autofinanzierà, così è scritto nel business plan senza chiarire i costi della neve artificiale, e attrarrà ulteriori investimenti.
Inoltre rappresenterà un investimento meritorio per la riqualificazione dell’area perché si smantelleranno alcuni impianti di risalita inutilizzabili e si miglioreranno strutture e infrastrutture quando decollerà come nuovo attrattore turistico. Sarà la giostra che funzionerà anche in estate trasportando tutti in montagna.
Una grossa parte delle comunità, condividendo un manifesto di 35 associazioni di categoria, crede a questa scommessa confezionata come una storytelling a lieto fine, con un progetto che è un programma di interventi descritti come sostenibili e responsabili nel rispetto delle norme tecnico-giuridiche, ambientali e paesaggistiche, capace soprattutto di accendere il sentimento: quello dell’euforia economica dei posti di lavoro e dell’indotto.
I sindacati sono riusciti a parlare di ben 4.458 nuovi occupati grazie alla realizzazione del TSM, con una valanga di spese degli sciatori quasi che a Terminillo nevichi più “firmato” di Cervinia, Cortina e Courmayeur!
Ma il progetto nella sua interezza non costerebbe 20 milioni di contributo a fondo perduto per essere finito, ma molti di più. Bisognerà trovare oltre 30 milioni circa per terminare tutti i lavori e far partire la nuova stazione sciistica.
Queste ingenti somme dovrebbero provenire da privati (finora mai palesati) o da prestiti dalle banche, da gravosi leasing che i Comuni dovrebbero accendere quando già sono in difficoltà sulla spesa corrente.
Di questi giorni è la notizia che è stato pignorato tutto il patrimonio immobiliare del Comune di Rieti.
Appare quindi probabile che questa scommessa possa diventare su tempi brevi e lunghi una fabbrica di debiti, in totale contrasto, anche di buon senso, con i piani di sviluppo europei che valutano i progressi in materia di riforme strutturali e di autofinanziamento, prevenzione e correzione degli squilibri economici, in un’ottica legata al contrasto del cambiamento climatico e alla salvaguardia dell’ambiente.