Trivellazioni: Il Referendum sarà il 17 Aprile
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11 Febbraio 2016 – il Governo propone il 17 Aprile come giornata per il referendum
11 Febbraio 2016 – il Governo propone il 17 Aprile come giornata per il referendum
Il Governo ha deciso, non ci sarà un Election Day! Il referendumsulle trivellazioni e le elezioni amministrative non si terranno nello stesso giorno. La data per la consultazione popolare è stata fissata nel 17 Aprile.
Dal fronte NoTriv questa decisione viene accolta come un tentativo del Governo di mettere i bastoni tra le ruote al referendum, sarà molto difficile il 17 Aprile portare gli Italiani alle urne per esprimersi su una tematica tanto importante, specie in una fase di avvicinamento alle elezioni amministrative, che calamiteranno gran parte delle attenzioni mediatiche.
Mattarella haFirmato x voto referendumNoTriv 17/4
ErroreGrave+Spreco
RegioniRicorrano
Subito azioniXVittoria deiSI pic.twitter.com/FV7KRxoYND— Pecoraro Scanio (@PecoraroScanio) 16 Febbraio 2016
#referendum #trivelle Firma ORA e salva l’Italia dai petrolieri! RT! #StopTrivelle ▶ https://t.co/SgT26VqWsN pic.twitter.com/VXW0THbpJk — Greenpeace Italia (@Greenpeace_ITA) 24 Febbraio 2016
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19 Gennaio 2016 – La Corte Costituzionale si pronuncia sulla legittimità dei quesiti referendari. Un quesito è ammesso, si va al referendum!
La Corte Costituzionale si è pronunciata positivamente sulla legittimità di uno dei sei quesiti referendari, ma è adesso che si gioca la partita decisiva di questa battaglia contro le trivellazioni. Il Governo deve decidere la data del Referendum, elemento che può influire pesantemente sull’esito della consultazione popolare. Infatti a Giugno si terranno le elezioni amministrative, quindi molti elettori si dovranno presentare già una volta alle urne per un importante appuntamento. La scelta più logica sarebbe quella di fissare un c.d. “Election Day“, concentrando in un unica giornata sia il voto per le amministrative che quello per il referendum, in questo modo, da una parte si agevolerebbe la vita democratica dei cittadini che intendano recarsi alle urne e, dall’altra, si risparmierebbero moltissimi soldi pubblici (e quindi di tutti noi).
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27 Novembre 2015 – La Corte di Cassazione si pronuncia positivamente sulla conformità alla legge dei sei quesiti referendari
Ci eravamo lasciati a Luglio con un atto importante, il deposito dei quesiti referendari inerenti l’abrogazione di alcune norme dell’art 38 dello Sblocca Italia e dell’Art 35 del Decreto Sviluppo presso la cancelleria della Corte di Cassazione, dopo che dieci Consigli Regionali si erano pronunciati per promuovere questa importante iniziativa volta ad impedire la deturpazione di coste e aree naturali.
In questi mesi, passato il clamore del momento, si è sentito parlare meno della questione delle trivellazioni, ma le compagnie petrolifere non hanno perso tempo, dislocando prontamente alcune piattaforme per l’esplorazione dei fondali in diverse aree del Mar Mediterraneo. Infatti, proprio in queste ultime settimane, alcune piattaforme hanno lasciato i cantieri navali di alcuni porti Italiani alla volta del mare aperto, per svolgere i loro compiti.
Ma il 27 Novembre 2015 si è raggiunto un primo importante risultato, la Corte di Cassazione si è pronunciata positivamente sulla conformità alla legge dei sei quesiti referendari promossi dai Consigli Regionale, che mirano all’abrogazione di alcune parti dei citati articoli del Decreto Sblocca Italia. Un primo fondamentale passo verso il referendum abrogativo, ma si tratta solo del primo scalino da salire, la strada è ancora lunga.
Il prossimo step sarà davanti alla Corte Costituzionale, che entro il 20 gennaio 2016, si dovrà riunire per giudicare sull’ammissibilità dei singoli quesiti, nominando per ciascuno di essi un Giudice un relatore. La Corte dovrà poi decidere con sentenza, da pubblicarsi entro il 10 febbraio, quali tra le richieste siano ammesse e quali respinte, perché contrarie al disposto del secondo comma dell’articolo 75 della Costituzione” (“non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”).
Questo il commento del Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata:
La Corte di Cassazione dice SI al referendum su art. 38 della legge Sblocca Italia e l’art. 35 del decreto… https://t.co/1XLwl8Mw4Q
— Piero Lacorazza (@pierolacorazza) 27 Novembre 2015
La pronuncia della Corte di Cassazione interviene in un periodo particolarmente delicato per le tematiche legate all’ambiente e la clima, proprio mentre il Premier Matteo Renzi si trova a Parigi per partecipare alla COP 21 – Conferenza Mondiale sul Clima, nel corso della quale saranno discussi diversi temi attinenti alla tutela dell’ecosistema planetario da qui ai prossimi anni, con particolare attenzione allo sviluppo delle energie rinnovabili e al superamento della dipendenza dagli idrocarburi.
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8 Luglio 2015 – Approvato il Decreto Legge c.d. “Sblocca Italia”, le norme nascoste nel Decreto riaprono le porta alle trivellazioni in Italia
Questo è il numero identificativo del famoso Decreto Sblocca Italia di cui tanto si è sentito parlare che, nelle intenzioni del legislatore, è nato come provvedimento legislativo finalizzato a facilitare lo sblocco di quella nutrita costellazione di cantieri che in giro per l’Italia sono fermi in attesa di un permesso o di un semplice atto dell’amministrazione.
A titolo informativo è opportuno sottolineare come la potestà legislativa è esercitata dal Governo, e non dal parlamento (come il sistema dei pesi e dei contrappesi imporrebbe), solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, ovvero quando le tempistiche del normale iter parlamentare rischierebbero di rendere l’atto di legge ormai inutile perché tardivo.
Un sistema definito di “ingegneria costituzionale” nato proprio dalla necessità di contemperare i tempi parlamentari con particolari esigenze di celerità, infatti anche per il decreto in oggetto, leggendo il titolo del suo art. 1 che recita “Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina ed altre misure urgenti per sbloccare interventi sugli aeroporti di interesse nazionale” le circostanze sembrerebbero essere proprio quelle imposte da legislatore costituzionale.
Ma la nostra classe dirigente ci ha insegnato che lo strumento del decreto legge è stato il lasciapassare preferito per i governi di ogni parte politica, per consentire l’introduzione di norme che nulla avevano di straordinario e urgente, abilmente nascoste sotto una fitta coltre di articoli e commi poco chiari e comprensibili. Ed è così che, con molta pazienza, scorrendo il testo del decreto si giunge ad un articolo, il 36, che così si presenta “Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi” e, già dalle premesse, si percepisce che il contenuto della norma una certa importanza la potrebbe anche avere, ma si è subito smentiti. Perché se pensavate di trovare un testo che, in maniera chiara ed inequivocabile, enunciasse “L’Italia da oggi, per la sua autonomia energetica, punterà sull’estrazione di idrocarburi” vi sbagliate di grosso.
Bisogna addentrarsi ancora più a fondo nella nebbia per arrivare all’art 38: “Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali” che laconicamente enuncia questa frase:
“1. Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilita’, urgenti e indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilita’, indifferibilita’ ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’.”
Ed ecco che l’intricata ramificazione della legislazione italiana colpisce ancora. Si tratta di una rete piena di connessioni, un pò come internet, che però si deteriora ad ogni nuova interazione. E’ sufficiente infatti che una legge dichiari di “pubblica utilità” le opere connesse e utili all’estrazione di idrocarburi, perché lo scenario muti radicalmente, rendendo legittima non solo l’espropriazione di terreni ed aree private a favore di eventuali installazioni estrattive ma si giustifichi anche la compressione di alcuni diritti in favore di un’interesse che lo stato qualifica “indifferibile, pubblicamente utile ed urgente”.
E quali mai potrebbero essere i diritti e i “beni della vita” che si trovano in conflitto con queste opere? i primi che mi vengono in mente, ad una valutazione anche un pò superficiale, sono la salute e l’ambiente.
Il problema che ci troviamo ad affrontare non riguarda tanto l’utilità e l’efficacia di investimenti mirati all’estrazione del petrolio quali strumenti per alleggerire la bolletta energetica, in un momento in cui i grandi paesi si stanno orientando sulle rinnovabili, ma concerne una questione morale.. preventiva! E’ un problema di politica legislativa che sta alla radice, l’estrazione degli idrocarburi e la politica energetica (e quindi anche ambientale) del nostro paese è questione molto delicata, che coinvolge la vita di tutti i cittadini e di tutto il sistema paese e, pertanto, merita un confronto aperto tra tutte le forze politiche affinchè si possa giungere ad una decisione il più possibile condivisa.
Ovviamente non si possono ignorare le conseguenze di queste decisione, da ogni parte negli ultimi anni si sente un gran vociare sulle enormi potenzialità che il nostro paese potrebbe avere in termini di turismo, se davvero riuscisse a fare sistema e a valorizzare in maniera concreta tutta quella enorme varietà di luoghi meravigliosi, fatti di natura, cultura, tradizioni e storia. Ma si tratta spesso del solito muro di parole e null’altro, perché quello di cui necessita l’Italia è di fare in modo che Regioni, territori e località, siano prese per mano ed aiutate crescere, siano valorizzate e tutelate, siano portate alla conoscenza di tutti gli Italiani, prima, e del resto del mondo, poi.
Uno dei problemi più grandi della moderna politica, sta dell’incapacità di guardare a lungo termine, di fare programmi che vadano oltre la legislatura.
Quest’ultimo provvedimento ne è un’altra lampante dimostrazione, si mettono a rischio gli ecosistemi terrestri e marini del nostro paese, sistemi complessi che hanno raggiunto il loro equilibrio in secoli di evoluzione, per estrarre un risorsa che nel giro di pochi anni è destinata a diventare “passato”, il tutto per un asserito risparmio sulla bolletta energetica del paese.
Ovviamente su tematiche tanto delicate le opinioni sono molte e diverse, i fautori del petrolio sostengono che i rischi per l’ambiente, con l’attuale stato della tecnologia, sono molto marginali, con scarse possibilità di incidenti o malfunzionamenti degli impianti. Per quanto possa essere vero, è comunque un rischio inaccettabile, non è possibile scommettere sull’ambiente e sulla terra, su un bene non riproducibile, già sotto stress a causa di cementificazioni selvagge e inquinamento ambientale di ogni genere.
Perché se il debito pubblico si può ristrutturare e perfino un default come quello Greco, in qualche modo, può essere superabile, sulla Terra non si può giocare, anche un minimo rischio sarebbe troppo alto per un bene che se compromesso non sarebbe più recuperabile.